Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro terzo/4
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Giunge in Firenze il cardinale da Prato, paciaro. Pacificazione de’ Neri tra loro. Pacificazione di Neri con Bianchi e Ghibellini; mal veduta dai Neri, specialmente dalla parte di Rosso. Loro atti per impedire che proceda innanzi. La Signoria dà commissione per l’esecuzione della pace (1304, 10 marzo - maggio).
Il cardinale Niccolao da Prato, segretamente domandato da’ Bianchi e Ghibellini di Firenze a papa Benedetto per Legato in Toscana, giunse in Firenze a dì X di marzo 1303; e grandissimo onore li fu fatto dal popolo di Firenze, con rami d’ulivo e con gran festa. E posato in Firenze alcun dì, trovando i cittadini molto divisi, domandò balìa dal popolo di potere constrignere i cittadini a pace; la quale li fu concessa perfino a calendi maggio 1304, e poi prolungata per uno anno. E fece più paci tra cittadini dentro: ma dipoi la gente raffreddò, e molte gavillazioni si trovorono.
Il vescovo di Firenze favoreggiava la pace, perché con seco recava giustizia e dovizia, e a petizione del Cardinale si pacificò con messer Rosso suo consorto. Rifermò i gonfaloni delle compagnie: gli amici di messer Corso n’ebbono parte, e egli fu chiamato Capitano di Parte. Ciascuno favoreggiava il Cardinale, e elli con speranza tanto gli umiliò con dolci parole, che gli lasciarono chiamare sindachi: che furono, per la parte dentro, messer Ubertino dello Stroza e ser Bono da Ognano; e per la parte di fuori, messer Lapo Ricovero e ser Petracca di ser Parenzo dall’Ancisa.
A dì XXVI d’aprile 1304, raunato il popolo sulla piaza di Santa Maria Novella, nella presenzia de’ Signori, fatte molte paci, si baciarono in bocca per pace fatta, e contratti se ne fece; e puosono pene a chi contrafacesse: e con rami d’ulivo in mano pacificorono i Gherardini con gli Amieri. E tanto parea che la pace piacesse a ogni uno, che vegnendo quel dì una gran piova, niuno si partì, e non parea la sentissono. I fuochi furono grandi, le chiese sonavano, rallegrandosi ciascuno: ma il palagio de’ Gianfigliazzi, che per le guerre facea gran fuochi, la sera niente fece; e molto se ne parlò per li buoni, che diceano non era degno di pace. Andavano le compagnie del popolo, faccendo gran festa sotto il nome del Cardinale, con le ’nsegne avute da lui sulla piaza di Santa Croce.
Messer Rosso dalla Tosa rimase con grande sdegno, però che troppo gli parve che la pace fusse ita innanzi a quello ch’egli volea: e però pensò d’avacciare suo intendimento con gli altri suoi, però che a lui lasciavano fare, e a lui si mostravano amichevoli. E tutto faceano per avere Pistoia, della quale forte dubitavano; però che la teneano i loro adversarii, e eravi dentro messer Tolosato degli Uberti. E intanto i cavalieri e’ pedoni de’ Bianchi, tornando a Monte Accinico dal soccorso di Furlì, per questo i Guelfi dentro cominciorono a parlare viziatamente e perturbare la pace: e dopo molte altre cose, richiesono i Buondalmonti a pacificarsi con li Uberti; onde molti consigli se ne fece, per indugiarlo, ché era cosa impossibile.
A dì VI di maggio 1304 i Priori commisono nel Cardinale e in quattro chiamati pel Papa, a dare essecuzione alla pace universale; ciò è a messer Martino dalla Torre da Milano, a messer Antonio da Fostierato da Lodi, a messer Antonio de’ Brusciati da Brescia, e a messer Guidotto de’ Bugni da Bergamo.