Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro terzo/19

Libro terzo - Capitolo 19

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Si riaccendono le discordie de’ Neri fiorentini, tra la fazione di Corso Donati e quella di Rosso della Tosa. Corso si apparecchia alle offese (1308, ...ottobre).

Sì come nasce il vermine nel saldo pome, così tutte le cose che sono create a alcun fine, conviene che cagione sia in esse che al loro fine termini. Fra i Guelfi neri di Firenze, per invidia e per avarizia, una altra volta nacque grande scandolo. Il qual fu, che messer Corso Donati, parendoli avere fatta più opera nel racquistare la terra, gli parea degli onori e degli utili avere piccola parte o quasi nulla: però che messer Rosso dalla Tosa, messer Pazino de’ Pazi, messer Betto Brunelleschi e messer Geri Spini, con loro seguaci, di popolo, prendevano gli onori, servivano gli amici, e davano i risponsi, e faceano le grazie: e lui abbassarono. E così vennono in grande sdegno negli animi: e tanto crebbe, che venne in palese odio.

Messer Pazino de’ Pazi fece un dì pigliare messer Corso Donati, per danari dovea avere da lui. Molte parole villane insieme si diceano, per volere la signoria sanza lui; perché messer Corso era di sì alto animo e di tanta operazione, che ne temeano, e parte contentevole non credevano che dare gli si potesse.

Onde messer Corso raccolse gente a sé di molte guise. Gran parte ebbe de’ Grandi, però che odiavano i popolani pe’ forti Ordinamenti della Giustizia fatti contro a loro; i quali promettea annullare. Molti n’accolse, che speravano venire sì grandi con lui che in signoria rimarrebbono; e molti con belle parole, le quali assai bene colorava; e per la terra diceva: "Costoro s’appropriano tutti gli onori; e noi altri, che siamo gentili uomini e potenti, stiamo come strani: costoro ànno gli scherigli, i quali li seguitano: costoro ànno i falsi popolani, e partonsi il tesoro, del quale noi, come maggiori, dovremo esser signori". E così svolse molti degli adversari, e recò a suo animo; de’ quali furono i Medici e’ Bordoni, i quali li soleano esser nimici, e sostenitori di messer Rosso dalla Tosa.

Quando rifatta ebbe sua congiura, cominciarono a parlare più superbamente nelle piazze e ne’ consigli; e se niuno si opponea loro, li faceano senbiante di nimico. E tanto s’accese il fuoco, che, di concordia della congiura, i Medici e i Bordoni, e altri a ciò ordinati, assalirono lo Scambrilla per ucciderlo, e fedironlo nel viso in più luoghi: onde gli adversarii tennon che fatto fusse in loro dispetto; molto il vicitarono, e molte parole dissono; e guarito che fu, li dierono fanti alle spese del Comune, confortandolo che gran vendetta ne facesse. Questo Scambrilla era potente della persona, e per l’amistà di coloro cui egli seguiva: non era uomo di grande stato, ché era stato soldato.

Crescendo l’odio per le superbe parole erano tra quelli della congiura e gli altri, si cominciò per ogni parte a invitare gente e amici. I Bordoni aveano gran sÚguito da Carmignano, e da Pistoia, e dal Monte di sotto, e da Taio di messer Ridolfo grande uomo di Prato, e dagli uomini di sua casa e di suo animo, tanto che a’ congiurati prestò grande aiuto.

Messer Corso avea molto inanimati i Lucchesi, mostrando le rie opere de’ suoi adversarii e i modi ch’eglino usavano; i quali, veri o non veri, lui sapea ben colorare. Tornato in Firenze, ordinò che un giorno nominato fussono tutti armati, e andassono al palagio de’ Signori, e dicessono che al tutto voleano che Firenze avesse altro reggimento; e con queste parole, venire all’arme.