Così parlò Zarathustra/Parte seconda/Della prudenza umana
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Della prudenza umana.
«Non già l’altezza, bensì la china è terribile.
La china, quando lo sguardo precipita nel vuoto mentre la mano si aggrappa all’alto. Allora il cuore prova la vertigine della sua duplice volontà.
Ahimè, miei amici, indovinate voi esattamente la duplice volontà del mio cuore?
Questa, questa è la mia china e il mio pericolo, chè il mio sguardo si svolge alla sommità, mentre la mia mano vorrebbe aggrapparsi all’abisso e appoggiarsi nel vuoto!
La mia volontà s’aggrappa all’uomo; con catene io m’all'accio all’uomo, perchè mi sento attratto verso l’alto, verso il superuomo: perchè verso ciò ch’è alto tende l’altra mia volontà.
E per questo io vivo, simile a un cieco, tra gli uomini, come se non li conoscessi: perchè la mia mano non perda interamente la sua fede in ciò ch’è saldo.
Io non vi conosco, o uomini; questa tenebra e questo conforto si distendono spesso su me.
Seduto sotto al portico alla mercè d’ogni ribaldo io domando: «Chi vuole ingannarmi?».
La prima mia prudenza umana consiste nel permettere che mi s’inganni, per non dover stare in guardia contro gl’ingannatori.
Ahimè, se mi mettessi in guardia contro gli uomini, come mai l’uomo potrebbe essere un’àncora per il mio pallone? Troppo facilmente esso potrebbe venir trascinato alto e lontano!
Questa provvidenza vigila sul mio fato: che io debba esser senza cautele.
Chi non vuol morire di sete tra gli uomini, deve imparar a bere in tutti i bicchieri; e chi desidera rimaner puro fra gli uomini deve saper lavare sè stesso anche con l’acqua sporca.
E così io parlai più volte a me stesso, per mio conforto: «Su, vecchio mio cuore! Una tua sventura t’è fallita: godi di ciò, come d’una tua fortuna!»
Ma questa è la mia seconda prudenza umana: io risparmio i vanitosi più degli orgogliosi.
Non forse la vanità ferita è la madre d’ogni tragedia? Ma dall’orgoglio ferito nasce sempre qualche cosa, ch’è migliore dello stesso orgoglio.
Affinchè la vita possa essere uno spettacolo attraente è necessario che sia rappresentata bene. E perciò è mestieri buoni attori.
Buoni attori io riconobbi essere tutti i vanitosi. Essi recitano la loro parte e vogliono che il popolo li ammiri. Tutto il loro spirito si concentra in tale volontà.
Essi rappresentano sè stessi, inventano sè stessi. Vicino a loro mi piace assistere allo spettacolo della vita: ciò discaccia la malinconia.
Io risparmio i vanitosi, perchè essi sono i medici della mia malinconia e mi tengono avvinto all’uomo, come ad uno spettacolo.
Eppoi chi può misurare tutta la profondità della modestia del vanitoso? Io sento per lui benevolenza e compassione per cagione della sua modestia.
Da voi egli vuole imparare la fede in se stesso; egli vive dei nostri sguardi; egli mangia la lode della vostra mano.
Egli presta fede anche alle vostre bugie, purchè sappiate mentir bene; giacchè nel profondo del suo cuore egli sospira; «Che cosa sono io?».
E se la vera virtù è quella che ignora sè stessa; ebbene, il vanitoso ignora la propria modestia!
Ma la mia terza prudenza è questa: non permettere che la vista dei cattivi mi sia fatta sgradevole dalla vostra paura.
Io sono beato nel vedere i prodigi che il sole ardente produce: le tigri, le palme e i serpenti a sonagli.
Anche tra gli uomini v’ha una bella razza covata dall’ardore del sole: molte cose sono ammirabili nei malvagi.
Ma permettete che io vi dica: nello stesso modo che i vostri savi non mi sembrarono poi tanto savi, così trovai anche la perversità degli uomini minore della sua fama.
E molte volte chiesi scuotendo il capo: «A che pro’ far tintinnire ancora il vostro sonaglio, o serpenti?».
In verità anche per il malvagio c’è un avvenire. E la più ardente plaga meridionale non fu ancora scoperta per l’uomo.
Quante cose sembrano ora il colmo della perversità, che non misurano più di dodici piedi e di tre mesi! Ma un giorno appariranno nel mondo draghi assai più grandi.
Perchè al superuomo non manchi il suo drago, il superdrago, degno di lui, è necessario che molto calor di sole fecondi ancora l’umida foresta vergine!
Bisogna prima che i vostri gatti selvaggi diventino tigri, e coccodrilli i vostri rospi velenosi; affinchè il buon cacciatore abbia una buona caccia!
E in verità, o buoni e giusti! molte cose in voi sono degne di riso: sopra tutto la vostra paura di ciò che finora si chiamò il «demonio!».
Tutto ciò che è grande è così estraneo alla vostra anima, che il superuomo stesso v’apparirebbe terribile per la sua bontà!
E voi, uomini savi e dotti, voi fuggireste lontano dall’ardente sole della sapienza, del quale il superuomo ama circonfondere la sua nudità!
O voi sommi tra gli uomini, nei quali s’incontrò il mio sguardo, ecco ciò che mi fa dubitare e segretamente ridere di voi: io scommetto che il mio superuomo voi lo chiamerete il diavolo!
Oh, io sono stanco di cotesti sommi, di codesti ottimi: la loro altezza mi ispira il desiderio di salire più in alto, fuori, lontano, verso il superuomo!
Un terrore m’assalì, quando scorsi nudi quei migliori tra gli uomini: ed allora mi spuntarono le ali per volar lontano nei remoti futuri.
Nei remoti futuri, in meriggi più ardenti di quanti furono sognati dagli artisti; laggiù, dove gli dèi si vergognano delle loro vesti!
Ma io amo vedervi travestiti, o miei vicini e compagni, e ben adornati, e vani, e dignitosi, come si confà «ai buoni e ai giusti».
E anch’io verrò a sedermi travestito in mezzo a voi — per potermi ingannare sul conto di me stesso e sul vostro: giacchè questa è l’ultima mia prudenza umana».
Così parlò Zarathustra.