Corsi, già mille volle in mille scuole
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XXXVIII
AL SIGNOR JACOPO CORSI
Che fugaci sono i beni del mondo.
Corsi, già mille volte in mille scuole
L’umano orgoglio condannare intesi,
E in mille carte celebrate appresi,
Che il Mondo alletta, e che tradir poi suole:
5Che gli almi pregi, e di virtù gli onori
Han seco tal valor, che dura eterno;
Ma che il rio tempo, e l’ore ladre a scherno
Han la possanza degli scettri, e gli ori.
Ciò bene udito mille volte, e letto
10Poco fu meco a consigliar la mente,
Anzi, qual peregrin, velocemente
Appena giunto egli m’uscì dal petto.
Or io, che sorda tenni l’alma e dura
De’ saggi detti all’immortal consiglio,
15Uscii d’error come rivolsi il ciglio
Corsi, di Roma alle disperse mura.
Teco pien di vaghezza i marmi egregi
Giva cercando, e le colonne e gli archi,
Gli ampj teatri, a cui fregiar non parchi
20Fur di grand’oro imperatori e Regi.
Che a tal segno sorgesse umano ingegno
Da prima in rimirar meco ammirai;
Poscia la mente di stupor colmai
Scorgendo si bell’opre a si vil segno.
25L’Esquilie, il Celio e l’Aventin sublime,
L’alta Suburra, e le Carine istesse
Or son di zappator vendemmia e messe,
Che fra regali alberghi aratro imprime.
Nell’auree scene, ove del Cielo uditi
30Per bocca de’ mortali erano i canti,
Oggi s’odono ognor greggie mugghianti;
Che parlo io di mugghiar? S’odon grugniti.
O sette colli, or fatto esempio e specchio,
Cui dentro la mortal miseria miro,
35Per la vostra ruina io men sospiro,
Se tra dure fortune omai m’invecchio.