Corano/Capitolo LXX

Capitolo LXX

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Maometto - Corano (650)
Traduzione dall'arabo di Vincenzo Calza (1847)
Capitolo LXX
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CAPITOLO LXX.

i gradini1.

Dato alla Mecca. - 44 Versetti.

In nome di Dio clemente, e misericordioso.

1.  Taluno domanda un gastigo senza dilazione2

2.  Per gl’infedeli. Nessuno è capace d’impedire

3.  A Dio d’infligerlo, Dio, padrone dei gradini,

4.  Per i quali gli angeli, e lo spirito montano a lui il giorno, il di cui spazio è di cinquantamila anni3. [p. 300 modifica]

5.  Attendi dunque con una bella pazienza.

6.  Essi (gl’infedeli) riguardano il giorno del giudizio come lontano.

7.  E noi lo vediamo vicino.

8.  Il giorno in cui il cielo sarà come il rame fuso,

9.  In cui le montagne saranno come fiocchi di lana tinti rossi,

10.  In cui l’amico non interrogherà il suo amico

11.  Quantunque si facciano vedere gli uni cogli altri; allora il colpevole desidererà ricomprarsi dal gastigo col prezzo de’ suoi figli,

12.  Della sua compagna, e del suo fratello,

13.  Dei parenti che gli mostrano affezione,

14.  E di tutti quei che sono sulla terra. Desidererà essere salvato.

15.  Niente affatto; poichè il fuoco (dell’inferno),

16.  Prendendo per il cranio,

17.  Rivendicherà ogni uomo che volse il tergo, e se ne andò,

18.  Che ammassava tesori, e si mostrava avaro.

19.  L’uomo è stato creato impaziente,

20.  Abbattuto quando ha qualche disgrazia,

21.  Insolente quando qualche prosperità gli sorride.

22.  Non sarà così degli uomini pii,

23.  Che non cessano mai di fare le loro preghiere;

24.  Nei beni de’ quali vi è sempre una rata-parte

25.  Per il bisognoso, e per l’infelice4; [p. 301 modifica]

26.  Quei che reputano il giorno della retribuzione come una verità,

27.  Che il pensiero del gastigo di Dio spaventa,

28.  Poichè nessuno scampa al gastigo di Dio;

29.  Quei che si conservano nella castità,

30.  E che non hanno commercio che colle loro mogli, e colle schiave che hanno comperate, poichè allora non incorrono biasimo;

31.  E chí porta i suoi desiderj al di là trasgredisce.

32.  Quei che custodiscono fedelmente i depositi che sono loro confidati, ed adempiono i loro impegni,

33.  Che sono stabili nelle loro deposizioni,

34.  Che fanno assiduamente la preghiera,

35.  Essi saranno nei giardini (del paradiso) l’oggetto degli onori.

36.  Ma che hanno quegl’infedeli che corrono ansanti dinanzi a te,

37.  Divisi in masse a dritta ed a sinistra?

38.  Sarebbe forse perchè vorrebbero tutti entrare nel giardino delle delizie?

39.  Oibò. Noi li abbiamo creati, essi sanno da che.

40.  Io non giuro per il sovrano dell’Oriente e dell’Occidente che possiamo

41.  Rimpiazzare con un popolo che varrà più di loro; e non lasceremo sorpassarci (nell’esecuzione) dei nostri decreti.

42.  Lasciali agire e divertirsi finchè si trovino in presenza del loro giorno, di quel giorno che loro è stato promesso,

43.  Quel giorno, in cui fuggiranno dalle loro tombe frettolosamente come si riunissero sotto le bandiere (stendardi),

44.  Cogli occhi bassi, coperti d’ignominia. Tale è il giorno che si promette a loro.


Note

  1. Il titolo di questa Sorata è preso dal versetto 3.
  2. Alla parola; un domandante domanda; è un idiotismo arabo impiegato tutte le volte che non si nomina la persona.
  3. Questo passo, tradotto alla lettera siccome abbiam falto, vuol dire semplicemente che gli angeli hanno bisogno di un giorno lungo 50 mila anni per salire al trono di Dio. Si è veduto nel cap. 52, vers. 4 che tutto saliva a Dio nello spazio di 50 mila anni. Per conciliare questi due passi, il sapiente traduttore inglese Sale pensa che nel cap. 52 si trattà dell’ascensione dalla terra, mentre in questo può trattarsi dell’ascensione che comincia dall’ultima scala della creazione. Tale spiegazione è arbitraria, in tutto il Corano non vi è cosa che l’autorizzi, e si dee essere sorpresi che il traduttore inglese voglia trovarvi tutt’altro che un’espressione iperbolica. Maometto non era più imbarazzato nel dare alle giornate di Dio la durata di 50 mila anni, che quella di mille, e non è su contradizioni di questo genere che deve farsi la critica del Corano. I commentatori pensano, dall’altra parte, che nel versetto presente il giorno di 50 mila anni è il giorno del giudizio finale: nuova contradizione con ciò che dicono sulla celerità che Dio porrà a giudicare il genere umano, cioè che la metà d’un giorno basterà a Dio per giudicare sulla sorte degli uomini. In quel caso i 50 mila anni secondo gli uni sono i giorni di aspettativa; secondo altri, è il giudizio degl’infedeli che assorbirà tutto questo tempo; vi sono cinquanta nazioni infedeli, ed ognuna sarà giudicata in mille anni; il giudizio dei fedeli sarà sbrigato in mezza giornata. Si può giudicare da questo esempio, preso fra cento altri, quale sia il valore dei commenti; ed è incontestabile che per tutto ciò che non concerne le pratiche religiose, i costumi degli arabi antichi, ed alcuni punti della storia di Maometto, i commentatori hanno spesso imbrogliato il senso del Corano, e l’hanno empiuto d’un cumulo di assurdità. Secondo noi, non si tratta nel nostro passo del giorno del giudizio, ma di qualunque giornata di Dio. Non si dee che confrontare questo versetto col versetto 4 del cap. 52 ed ecco ciò che vi si legge: Dio dirige tutti gli affari dal cielo alla terra (cioè senza scendere sulla terra) e tutto sale a lui nel giorno la cui durata è di mille anni di vostro computo. Si vede che questi due passi si tengono per la mano, tanto le espressioni di ambo i sensi sono analoghe, tanto si spiegano reciprocamente. Al cap. 32 il soggetto non è nominato, lo è al cap. 70. Sono gli angeli e lo spirito che salgono a Dio, e non è nel giorno del giudizio, poichè al cap. 32 si dice: Dio dirige gli affari di tutti dall’alto dei cieli per mezzo de’ suoi ministri gli angeli, ed è ciò che dice più esplicitamente il vers. 4 del cap. 70. Tutta la differenza in questi due passi consiste dunque nelle parole 50 mila anni; ma quest’espressione, come abbiam detto, è semplicemente iperbolica, e non può condurre ad alcun altra induzione. Si può paragonare il vers. che è l’oggetto di questa nota col vers. 4 cap. 97 in cui si dice che gli angeli e lo Spirito (Gabriele) scendono cogli ordini di Dio nella notte d’Alkadr.
  4. Alla parola: per colui che comanda (che tende la mano) e per l'uomo deluso nelle sue speranze.