Mario Rapisardi

1892 Indice:Opere di Mario Rapisardi 5.djvu Poesie Letteratura Comizio di pace Intestazione 3 aprile 2022 100% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta L'Empedocle ed altri versi

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COMIZIO DI PACE

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Quieta a la riva del fervido mare
     L’immensa pianura nel vespro si stende;
     Nel ciel di viole vermiglia si accende
     4A specchio dell’onde la faccia lunare.

Dai fiori di loto socchiusi alla brezza
     Vaporano brame di mondi ignorati;
     Siccome compresi d’un’intima ebbrezza
     8Nell’ampio silenzio s’addormono i prati.

Ed ecco dai flutti che lividi e torti,
     Quai mucchj di serpi, tormentan la riva,
     Su fragili barche molteplice arriva
     12Con lieto susurro la turba dei morti.

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Da ville fastose, da inospiti glebe,
     Di voci diversa, d’età, di sembiante,
     Mancipj e tiranni, filosofi e plebe,
     16Qui tutta conviene la folla esulante.

Non cupida sete, non fame delira,
     Non ansia sleale di acquisti maligni,
     Ma un èmpito strano di sensi benigni,
     20Ma un acre bisogno di pace li attira.

Concordi nel vago pensiere, le membra
     Diafane adagian sull’erbe odorose,
     E intonano un canto, che il fremito sembra
     24Che al torbido Enigma sollevan le cose:

«O fiore, che in cima dell’alte ruine
     Cresciuto di pianto t’inalzi a le stelle,
     O sogno divino dell’anime belle,
     28O candida Pace, sei nostra alla fine!

A te fra le spire de’ draghi tenaci,
     Che annebbian col fiato la mente a’ più prodi,
     A te fra le pugne di gloria feraci,
     32Fra gl’idoli orditi di splendide frodi.

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Dal muto cenobio, dal fòro solenne,
     Dall’avida reggia, dal pio casolare,
     A te da la valle, dal monte, dal mare
     36L’umano pensiero lingueggia perenne:

Perenne lingueggia qual fiaccola, accesa
     Da un fulmine forse nell’ombra remota,
     Che ognor di sè stessa si ciba, ed illesa
     40Traversa avvivando la tenebra ignota.

Indarno? E chi il dice? Dell’arduo mistero
     Qual magica verga spezzato ha la chiostra?
     Al mar, che di sangue perpetuo s’innostra,
     44Qual braccio ha rapito la coppa del Vero?

Dell’opera ingrata che gli animi lima,
     Del torvo conflitto di stolti e di rei,
     O stella che sorgi dell’essere in cima,
     48O candida Pace, tu il premio ben sei.

Tu buona ci saldi le piaghe profonde,
     Che il ferro ci aperse d’un perfido iddio:
     Un’aura di blando perdono e d’oblio
     52La rosea tua bocca nell’anime infonde.

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Tu, cinta alle chiome ghirlanda gradita
     Di bruni giacinti, di bianchi asfodeli,
     Dall’empie gorgoni, che impietran la vita,
     56Nel nitido e fresco tuo peplo ne celi.

Divina! e sei nostra. La sponda felice
     Che albeggia a’ tuoi miti crepuscoli è questa;
     De’ liberi ingegni qui suona la festa,
     60Qui l’opra si compie di Nemesi ultrice.

Discordia qui spegne la face fumosa,
     Qui l’irte battaglie de’ miseri han tregua;
     La dolce Eguaglianza dall’urna pietosa
     64Qui l’onda riversa che ogni ordine adegua.

O fiore, che in cima dell’alte ruine
     Cresciuto di pianto t’inalzi a le stelle,
     O sogno divino dell’anime belle,
     68O splendida Pace, sei nostra alla fine!»