Come ruinare l'autorità
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LEONE TOLSTOI
COME RUINARE L’AUTORITÀ
MILANO
SOCIETÀ EDITRICE AVANTI
1919
Come ruinare l’autorità1
Mi sembra che nel momento attuale, sopratutto importa di fare il bene con tranquillità e costanza. Non solamente non bisogna domandare al Governo alcuna autorizzazione, ma è anche essenziale di respingersi ogni suo intervento. La forza del Governo risiede nell’ignoranza del popolo ed il Governo lo sa; così egli sarà sempre un avversario dell’istruzione. È ora che lo riconosciamo. Nulla di più nocevole che permettere al Governo di darsi l’aria di promuovere l’istruzione, mentre in realtà non fa che propagare l’ignoranza. È, infatti, ciò che fanno tutte le istituzioni che si dicono destinate alla istruzione e sono collocate sotto il controllo del Governo: scuole, collegi, università, accademie, i diversi comitati, i vari congressi. Il bene non è il bene e la istruzione non è l’istruzione che ad una condizione sola: essere il bene e l’istruzione complete senza che siano necessariamente conformi alle circolari ministeriali. Ma ciò che io deploro sopratutto, è di vedere delle forze così preziose, così disinteressate, così devote, disperdersi con sì scarso frutto. Io rido talvolta allo spettacolo di quegli uomini che buoni e intelligenti recano la loro energia a lottare contro il Governo sul terreno legale che l’arbitrio del potere ha esso stesso creato.
Mi sembra che la questione si presenti nel modo seguente:
Vi è della gente — fra cui noi che narriamo — i quali credono che il Governo sia detestabile e che lo combattono. Due mezzi di lotta sono stati impiegati fin dall’epoca di Radichthceff e dei dicembristi. L’uno è stato preferito da Stenka Rasine, Pougatcheff, dai dicembristi, dai rivoluzionari dell’epoca dal 1860-1870, dal primo marzo 1881, ecc. L’altro è stato preconizzato da voi, come da tutti quelli che vogliono progredire lentamente, lottare nel terreno legale e conquistare dei diritti poco a poco, senza violenza. Per più d’un mezzo secolo io ho visto questi due mezzi in azione e la situazione è peggiore di prima. Quando si produce un miglioramento parziale, non è per merito di uno di questi mezzi di attività, ma bensì a dispetto del male che essi fanno (e per delle ragioni di cui parlerò in seguito). La forza contro la quale si dirigono i loro attacchi cresce in vigore e in impudenza. Le ultime traccie di libertà locali — i «zemstvos», i tribunali, i comitati d’istruzione, e via discorrendo — vanno scomparendo.
Ora, poichè è da lungo tempo che si sono infruttuosamente sperimentati questi due mezzi, si può, sembra, vedere chiaramente che nè l’uno nè l’altro sono efficaci a discernere nettamente perchè essi non hanno effetto. Per me almeno — che ho sempre provato ripugnanza per il nostro Governo, ma che non mi sono mai servito contro di lui nè dell’uno nè dell’altro di questi mezzi di lotta — i difetti di ambedue i metodi sono evidenti.
Il primo non vale nulla, ed ecco il perchè se anche si riuscisse a cambiare lo stato delle cose esistenti servendosi di un colpo di violenza, nulla prova che il nuovo regime sarebbe stabile. Nulla assicura che i suoi nemici non trionferebbero di esso in condizioni favorevoli e servendosi della stessa violenza. D’altra parte, in caso di insuccesso, come ciò è sempre accaduto da noi2, tutte le congiure rivoluzionarie di Pougatcheff fino al primo marzo non hanno servito che a consolidare l’ordine che esse pretendevano di distruggere. Esse avevano per effetto di rigettare nel campo dei conservatori e dei retrogradi la massa enorme degli indecisi ondeggiante fra l’uno e l’altro partito. Così, a mio avviso, si può affermare, basandosi sulla esperienza e sul ragionamento, che questo mezzo è irragionevole ed inefficace.
Ancor meno ragionevole e meno efficace è secondo me il secondo mezzo. Esso è irragionevole ed inefficace perchè il Governo detiene tutti i poteri (armata, amministrazione, religione, scuole, polizia). Egli stesso fa ciò che si chiama la legge nei limiti della quale i liberali vogliono combattere. Il Governo sa assai bene dove è il pericolo. Egli non lascierà mai che quelli che si sottomettono a lui e che agiscono sotto la sua direzione tentino qualsiasi cosa che possa menomare il suo potere. Nel caso presente, ad esempio, il Governo che, da noi come d’altronde in qualsiasi altro paese, si appoggia sull’ignoranza del popolo, non permetterà mai che si propaghi la vera istruzione. Egli autorizza ogni specie di istituzioni collocate sotto il suo controllo e che si dicono destinate a istruire il popolo — le scuole, i collegi, le università, le accademie, i diversi comitati, i varî congressi, le pubblicazioni sottomesse alla censura. Ma egli non lo fa che fino a che queste istituzioni e queste pubblicazioni servono ai suoi fini, il che vuol dire ad abbrutire il popolo, o almeno non impediscono che egli si abbrutisca. Istituzioni e pubblicazioni non hanno che a fare il menomo tentativo di scuotere la base del Governo, ossia tentare di dissipare l’ignoranza popolare e il Governo, senza rendere conto ad alcuno della sua condotta, opporrà tranquillamente il suo veto, trasformerà e sopprimerà le istituzioni o interdirà le pubblicazioni3. L’esperienza ed il ragionamento ci mostrano dunque chiaramente che la conquista apparente e graduale dei diritti non è che una illusione; questa illusione è ricca di vantaggi per il Governo, e per conseguenza egli la favorisce.
Ma una attività in questo senso non è solamente irragionevole ed inefficace: essa è ancora nociva. Essa lo è anzitutto perchè degli uomini illuminati, buoni ed onesti, entrano nei ranghi del Governo e gli dànno un’autorità morale che egli non avrebbe senza di essi. Se tutto l’organismo governativo fosse formato soltanto di quelle persone grossolane, violente, cupide e vili che essenzialmente lo compongono, esso non avrebbe potuto esistere.
Solo la partecipazione degli uomini illuminati ed onesti dà prestigio al Governo. Questo è uno dei lati più nocivi dell’attività dei liberali che prendono parte al Governo o si compromettono con lui. Questa azione è inoltre nociva per un altro titolo. Per poter manifestare la loro attività, questi uomini illuminati ed onesti si permettono delle concessioni. Essi si abituano poco per volta al pensiero che quando il fine è giusto e buono si può scartare un po’ di verità dalle proprie parole e dai proprî atti: osservare i riti benchè non si riconosca la religione dominante; prestare giuramento; firmare delle petizioni ipocrite e contrarie alla dignità umana nell’intento che ciò possa essere utile al successo; si può entrare nell’esercito, far parte del «zemstvo» che non ha più alcun diritto; essere professore ed insegnare non ciò che si deve, ma ciò che il Governo prescrive; si può magari occupare il posto di «zemski natchalniki»4 e sottomettersi allora alle esigenze e agli ordini governamentali che sono contrari alla nostra coscienza; si possono pubblicare dei giornali e delle riviste ove si tace ciò che si dovrebbe dire e si inserisce ciò che l’autorità ordina di inserire. Abbandonandosi a questi compromessi, gli uomini illuminati ed onesti, i soli che avrebbero potuto impedire al Governo di violare la libertà, restano sempre più sordi alle esigenze della loro coscienza. Essi cadono, senza accorgersene, sotto la dipendenza completa del Governo, percepiscono degli stipendi, ricevono delle ricompense, diventano i servitori obbedienti, i sostegni di quello stesso regime che essi volevano combattere.
Si riscontrano è vero, in questo campo, degli uomini migliori e più sinceri che non si lasciano sedurre dal Governo, nè tentare dalla corruzione e rimangono insensibili alle lusinghe della carriera. Quasi sempre codesti uomini restano nella trappola che è loro tesa dal Governo e si dibattono invano sul posto. Oppure, irritati, passano nel campo dei rivoluzionari o magari si suicidano o si dànno al vizio del bere o, disperati, abbandonano tutto. Spesso cercano un rifugio nella stampa e si sottomettono alle regole della censura esprimendo variamente ciò che è loro permesso. Così essi continuano a credere di servire la società cogli scritti che procurano loro il sostentamento. Al contrario, tacendo sulle cose più importanti, cooperano a diffondere nel pubblico i pensieri più falsi e favorevoli al Governo.
Ne concludo che il ragionamento e la esperienza mi mostrano che i due mezzi che hanno servito fino ad ora per combattere il Governo non solamente sono inefficaci, ma contribuiscono a rafforzare il potere e a sviluppare l’arbitrio governativo.
Che fare allora? Altra cosa, e abbandonare una tattica che durante settant’anni ha dato la prova della sua impotenza e non ha condotto che a risultati contrari a quelli che si riprometteva. Che fare insomma? Ciò che hanno fatto gli uomini ai quali si deve ogni progresso verso la verità o verso la luce. E in che consiste questa condotta?
Coloro che partecipano al Governo o lavorano sotto la sua direzione possono credere di lottare; essi ingannano se stessi e con sè i loro correligionari. Ma i loro avversari riconoscono assai bene, dalla debole resistenza che trovano, che l’ostacolo è puramente apparente. Per quanto riguarda i nostri liberali, il Governo fa una continua esperienza per scoprire se esiste una reale sentenza, e dopo essersi assicurato che essa fa troppo difetto per essergli d’imbarazzo, si permette tutto.
Il Governo di Alessandro III era così convinto di questo, che ha potuto tranquillamente sopprimere tutto ciò che formava l’orgoglio dei liberali, ciò che essi credevano dovuto ai loro proprî sforzi. Egli ha soppresso la giustizia di pace e le prerogative delle università. Ha modificato tutto il sistema dell’insegnamento nei licei. Ha creato dei nuovi «corpi di cadetti»; ha ristabilito il monopolio dell’alcool; ha instituito i «zemski natchalniki»; ha legittimato le pene corporali; ha quasi soppresso i «zemstvos»; ha accordato un potere senza controllo ai governatori; incoraggiate le esecuzioni; favorite le deportazioni per misura amministrativa, gli arresti, le condanne a morte per i reati politici; ha cominciato delle nuove persecuzioni religiose; abbrutito il popolo all’ultimo grado colle superstizioni; ha legittimato gli assassinî commessi in duello5; installato l’illegalità sotto forma di stato d’assedio, facendo una cosa normale della pena di morte. In tutte queste misure non ha incontrato alcuna resistenza all’infuori della fiera protesta d’una donna degna di ogni stima, che ha coraggiosamente detto al Governo tutto ciò che essa credeva la verità. Quanto ai liberali, essi dicevano a bassa voce che un tale stato di cose dispiaceva loro, ma con tutto questo non cessarono meno di far parte dei tribunali, dei «zemstvos», delle università, di occupare delle cariche pubbliche, di scrivere nei giornali. Nelle loro pubblicazioni facevano allusione a ciò che era loro permesso di sfiorare, tacevano su quanto era proibito di parlare, ma inserivano tutto quanto veniva loro ordinato di inserire. Il lettore non essendo iniziato ai mormorî discreti, ignorando ciò che si fa nelle redazioni, trovava nei giornali, nelle riviste dei liberali, l’esposizione, priva di commentari e di critiche, delle misure più crudeli ed insensate, e vi trovava indirizzi umili e adulatori destinati agli autori di tali misure; vi scopriva talvolta financo degli elogi. Ed è così che l’opera miserevole del Governo di Alessandro III, l’annientamento di tutte le buone misure istituite da Alessandro II, i tentativi di ricondurre la Russia all’epoca più barbara del principio di questo secolo; è così che questa opera deplorevole, ripudiata dalle potenze civili, le pene corporali, le persecuzioni, l’abbrutimento del popolo divenne l’oggetto di elogi misurati diretti ad Alessandro III da tutte le pubblicazioni liberali. Esse ne facevano un grande uomo, un modello di dignità umana.
Gli stessi procedimenti governativi e la stessa attitudine dei liberali si perpetuano nel regno attuale.
Io penso che accadrebbe diversamente se questi uomini onesti e illuminati non dispensassero tutta la loro energia a ingannare il Governo nel seno di istituzioni da lui create, se essi non volessero forzarlo ad agire a proprio detrimento ed a causare la sua propria perdita6. Il risultato sarebbe diverso, se essi si limitassero a difendere i loro diritti personali, i loro diritti di uomini, senza partecipare mai nè al Governo, nè agli atti che da lui emanano.
«Voi volete sostituire i giudici di pace coi «zemski natchalniki» armati di verghe! — È affar vostro, ma noi non saremo nè giudici, nè avvocati, nè giurati. Voi volete, col pretesto dello stato d’assedio, sopprimere ogni diritto? — È affare vostro, ma noi chiameremo pubblicamente lo stato d’assedio una illegalità e noi proclameremo che le esecuzioni capitali senza giudizio sono degli assassinî. Voi volete istituire dei licei d’istruzione classica ove saranno fatti degli esercizi militari e un insegnamento religioso? — Ma noi non faremo i professori in queste scuole; noi non vi manderemo i nostri figli che noi alleveremo come crederemo meglio. Voi volete rendere nulli i «zemstvos»? Noi non vi prenderemo più parte. Voi volete proibire di pubblicare ciò che vi dispiace? — Voi potrete arrestare gli scrittori, bruciare gli scritti, punire i tipografi, ma voi non potrete impedirci di pensare, parlare e scrivere e noi continueremo a farlo. Voi ordinate di prestare giuramento allo czar? — Ma noi non lo faremo perchè è una sciocchezza, una menzogna, una viltà. Voi ci ordinate di servire l’armata? — Ma noi non serviremo, perchè crediamo che l’assassinio eseguito in massa è altrettanto contrario alla coscienza umana quanto l’assasinio individuale. Voi professate una religione che ritarda di mille anni sul nostro secolo colla sua immagine di Iverski, le sue reliquie, le sue incoronazioni? — È affare vostro. Ma noi, non solamente non prenderemo l’idolatria e la superstizione per religione, ma noi le chiameremo superstizione e idolatria e ci sforzeremo di sbarazzarne gli uomini».
Che può opporre il Governo ad una simile azione? Si può deportare, imprigionare qualcuno perchè fabbrica delle bombe o anche perchè stampa un manifesto indirizzato agli operai. Si può trasferire il Comitato dell’istruzione da un Ministero all’altro. Si può chiudere un Parlamento. Ma che può fare il Governo contro un uomo che non vuol mentire pubblicamente levando il suo braccio, che si rifiuta di fare istruire i suoi figli in una scuola ch’egli giudica pessima, che non vuole imparare ad uccidere il suo prossimo, che non vuole partecipare ad una idolatria, a delle incoronazioni, a dei ricevimenti, a degli indirizzi, che dice, scrive ciò che pensa e sente? Perseguitandolo, il Governo ne fa un martire che eccita la simpatia generale. Egli scuote le basi stesse del suo potere, perchè agendo così viola i diritti degli uomini invece di difenderli.
Che tutti gli uomini onesti, illuminati, che dissipano attualmente le loro forze sul terreno della azione rivoluzionaria, socialista o liberale, che tutti questi uomini incomincino a pensare e ad agire nel modo da me indicato: ciò basterebbe. Si formerebbe un nucleo di uomini onesti, morali, illuminati, uniti dallo stesso pensiero, dallo stesso sentimento. La massa sempre esitante delle genti mediocri non tarderebbe a congiungersi a loro. Così si costituirebbe la sola forza capace di domare i Governi; una opinione pubblica che esigerebbe la libertà di parola, la libertà di stampa, la libertà di coscienza, la giustizia. Questa opinione pubblica, una volta nata, non solamente non si potrebbero più sciogliere i comitati per la diffusione della cultura, ma tutte le istituzioni inumane: la polizia segreta, la censura, la fortezza di Schlusselbourg, il Sinodo, tutti gli organi contro i quali combattono ora i rivoluzionari ed i liberali svanirebbero da se stessi.
Oramai due mezzi sono stati provati nella lotta contro il Governo, e ambedue senza successo. Non resta che tentarne un terzo ancora inedito e che a mio avviso non può essere inefficace. Questo mezzo, brevemente, è il seguente: bisogna che ogni uomo onesto, illuminato, si sforzi di diventare, per quanto è possibile, migliore, non migliore sotto tutti i rapporti, ma unicamente sotto uno solo. Basta che questi uomini osservino una virtù delle più elementari: essere sinceri, non mentire mai. Bisogna che essi agiscano e pensino in modo che i motivi degli atti di ciascuno possano sembrare chiari a un fanciullo di sette anni. Bisogna condursi in modo che il fanciullo non possa dire: «Perchè, padre, hai detto una volta la tal cosa e ora dici diversamente e agisci in tutt’altro modo?». Questo mezzo sembra debole, e tuttavia io sono convinto che sia il solo che ha fatto progredire l’umanità da che essa esiste. È unicamente perchè vi sono uomini di questa specie, retti, amanti della verità, coraggiosi, che non concedono ad alcuno nulla che possa menomare la loro dignità, che si sono visti compiersi i cambiamenti benefici di cui gli uomini ora profittano e che si estendono dall’abolizione della schiavitù e della tortura alla libertà di parola e di coscienza. E non può essere diversamente. Soddisfare, in effetto, le esigenze della propria coscienza, tale è sempre e sotto tutti i rapporti la condotta più profittevole che l’umanità possa seguire.
Ma un’altra spiegazione è necessaria. Se il mezzo più efficace di raggiungere il fine che i liberali ed i rivoluzionari si propongono è di agire secondo la propria coscienza, ciò non vuol dire che sia esclusivamente per raggiungere tale fine che occorre condurre una vita conforme alla coscienza.
Non si può vivere secondo la propria coscienza che per virtù di idee ferme e nette. E allorchè si hanno di tali idee, le conseguenze benefiche di esse nella vita si verificano inevitabilmente.
Così, eccovi ciò che io volevo dirvi di essenziale: è poco vantaggioso che degli uomini buoni e sinceri sciupino le forze del loro spirito e della loro anima in vista di fini pratici e meschini; lo dissipino, per esempio, a occuparsi di lotte nazionali, di rivalità di partito, di rivendicazioni liberali finchè non si sia fissata una concezione religiosa ferma e netta, fino a che non si sia arrivati alla coscienza della propria vita e del proprio destino. Penso perciò che tutte le forze dell’anima e della ragione delle persone oneste che vogliono rendersi utili agli altri devono mirare a questo scopo. Quando esso sarà raggiunto, il resto verrà da sè.
Leone Tolstoi
Note
- ↑ Il Governo russo ha testè disciolto il Comitato per la propaganda dell’istruzione elementare stato fondato da un gruppo di liberali russi. A costoro che lo sollecitavano di rivendicare per il Comitato disciolto e con essi il diritto di combattere l’ignoranza, Leone Tolstoi rispose che non poteva seguirli nel terreno di lotta da essi scelto. Egli stimava che al Comitato soppresso si doveva sostituire una moltitudine di altri comitati che si proponessero il medesimo fine (pubblicazione di buoni libri, fondazione di biblioteche, ecc.) ma che, per marcare che essi non erano sotto la dipendenza del Governo, non domanderebbero a questi alcuna preventiva autorizzazione. Forse i membri di queste associazioni sarebbero processati; sia: il Governo così facendo non farebbe che attivare il movimento in favore dell’istruzione. Poi, generalizzando questo tema, Tolstoi scriveva quanto sopra.
- ↑ Giova tener presente che Leone Tolstoi parla della Russia e in Russia. I movimenti a cui allude, opera dei nichilisti, entrano nella categoria dei fatti individuali piuttostochè in quella di moti rivoluzionari propriamente detti.
- ↑ In Italia, ove non vige la censura preventiva come in Russia, sequestrano la pubblicazione quando è fatta e processano l’autore nonchè, secondo il nuovo decreto, anche i suoi cooperatori.
- ↑ Carica creata da Alessandro III coll’intento di diminuire il potere dei «zeinstvos» (organi del Governo locale). I «zemski natchalniki» riuniscono i poteri amministrativi e giudiziali e non esistono che nelle campagne.
- ↑ Anche sotto questo aspetto non abbiamo nulla da invidiare alla Russia. La grazia al Macola insegni.
- ↑ Io rido talvolta pensando che si possa tentare un’intrapresa così impossibile e credere che si abbia modo di amputare un membro ad un essere animato senza che egli se ne accorga. (N. dell’A.).