Codice cavalleresco italiano/Libro III/Capitolo XVIII

Istituzione delle Corti d’onore e modificazioni al Codice penale relativamente ai reati di diffamazione (Disegno di legge).

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Istituzione delle Corti d’onore e modificazioni al Codice penale relativamente ai reati di diffamazione (Disegno di legge).
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XVIII.

Istituzione delle Corti d’onore e modificazioni al Codice penale relativamente ai reati di diffamazione (Disegno di legge)1.

Art. 1.

Chiunque, comunicando con più persone riunite o anche separate, attribuisce a una persona un fatto determinato e tale da esporlo al disprezzo o all’odio pubblico o da offenderne l’onore o la riputazione, è punito con la reclusione da tre a trenta mesi e con la multa da lire cento a tremila.

Se il delitto sia commesso in atto pubblico o con scritti o disegni divulgati o esposti al pubblico, o con altro mezzo di pubblicità, la pena è della reclusione da sei mesi a cinque anni e della multa non inferiore a lire trecento.

La pena è diminuita di due terzi, sostituendosi la detenzione alla reclusione, se il colpevole, prima di ogni provvedimento giudiziale contro di lui, smentisca il fatto attribuito all’offeso, in modo corrispondente, per quanto sia possibile, a quello usato nel propalarlo.

Art. 2.

L’imputato del delitto preveduto nell’articolo precedente non è ammesso a provare a sua discolpa la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa.

La prova della verità è però ammessa:

1° se la persona offesa sia un membro del Parlamento o un pubblico ufficiale o una persona legittimamente incaricata di un pubblico servizio, ed il fatto ad essa attribuito si riferisca all’esercizio delle sue funzioni o del suo servizio anche quando abbia cessato dalle funzioni o dal servizio, salvo quanto dispongono gli articoli 194 a 198;

2° se per il fatto attribuito alla persona offesa sia tuttavia aperto o si inizi un procedimento penale;

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3° se l’accertamento del fatto attribuito sia di pubblico interesse. In questo caso, riconosciuto con ordinanza il concorso di questa condizione, la causa, ove occorra, è rinviata ad altra udienza per dar modo di sperimentare la prova;

4° se il querelante domandi formalmente che il giudizio si estenda anche ad accertare la verità o la falsità del fatto ad esso attribuito.

Nel caso in cui pel fatto attribuito all’offeso sia tuttavia aperto o si inizi un procedimento penale, l’azione penale rimane sospesa fino a che con sentenza irrevocabile la persona offesa sia stata condannata o assolta.

Se la verità del fatto sia provata, o se per esso la persona offesa sia in seguito condannata, l’autore della imputazione va esente da pena; salvo che i modi usati non costituiscano di per se stessi il delitto preveduto nell’articolo 395 (C. P.).

Art. 3.

Chiunque si ritenga offeso dall’attribuzione di fatti determinati, o in qualsiasi altro modo nel suo onore, nella sua reputazione o nel suo decoro, può chiedere riparazione alla Corte di onore istituita cogli articoli seguenti.

Tale facoltà non compete se concorrono fatti costituenti reati perseguibili d’ufficio, e si perde con la presentazione della querela.

Eguale facoltà, per il sol fatto della loro scelta ed accettazione, compete anche ai padrini o secondi giusta le disposizioni dell’articolo 12.

Art. 4.

In ogni sede di Corte di appello è istituita una Corte d’onore. Essa è composta di un Consigliere d’appello, che la presiede e di due cittadini assessori.

La Corte può anche essere istituita in sedi di tribunale, che saranno indicate per decreto reale, e in tal caso è presieduta dal presidente del tribunale.

Art. 5.

La parte convenuta deve comparire davanti alla Corte dì onore, e qualora, essendo stata regolarmente citata con decreto del presidente nelle forme e coi termini stabiliti per gl’imputati dal codice di procedura penale nei giudizi innanzi alle Corti di appello, non comparisca senza giustificare un impedimento legittimo, la Corte decide in sua assenza.

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In caso di offese reciproche la scelta della Corte di onore o del giudice ordinario, fatta per prima da una delle parti, ne determina la esclusiva competenza a decidere anche sul ricorso o querela dell’altra parte.

Sui conflitti di competenza fra la Corte di onore e il giudice ordinario decide la sezione penale della Corte di appello, in camera di consiglio.

Art. 6.

La scelta dei due assessori è fatta rispettivamente sopra due liste di cinque nomi ciascuna, compilate e presentate dalle parti, ognuna delle quali sceglie, nei termini e modi che saranno indicati nel regolamento, uno dei cinque nomi della lista avversaria. Possono proporsi solamente cittadini che siano inscritti nelle liste dei giurati o che siano temporaneamente o permanentemente dispensati dal servizio di giurato o cancellati dalle liste stesse per ragione di funzioni o di età.

Qualora siano più gli offensori, o gli offesi, che abbiano chiesto riparazione alla Corte per un medesimo fatto, essi possono accordarsi tra loro per eseguire in comune o separatamente la compilazione e presentazione della lista. In mancanza di accordo preventivo, il presidente stabilisce chi degli offesi debba compilare e presentare la lista nell’interesse comune, ed esercitare il diritto di scelta.

Qualora la parte convenuta non presenti la lista o non faccia la scelta nei termini e nei modi sopra indicati, la scelta di entrambi i cittadini assessori sarà fatta dal presidente fra le persone che, avendo i requisiti cennati nella prima parte di questo articolo, appartengono possibilmente al ceto, alla professione o alla classe cui appartengono rispettivamente le parti.

Qualora la parte attrice non presenti nei termini e nei modi di cui sopra la lista di cinque nomi, il giudizio non avrà più luogo, e sarà la parte stessa decaduta anche dal diritto di querela.

Art. 7.

Il giudizio della Corte non è pubblico, e non si forma processo verbale. Le parti hanno facoltà di farsi assistere da difensori, che siano avvocati o procuratori ammessi all’esercizio nei modi determinati dalla legge, e di presentare memorie scritte, con obbligo di comunicarsele reciprocamente.

Valgono pel giudizio della Corte l'articolo 600 Codice procedura penale, le leggi 6 dicembre 1865, n. 2627 e 15 luglio 1880, n. 5536 (serie 2a) allegato D, sul gratuito patrocinio dei [p. 195 modifica]poveri, e le norme di detto codice relative alla chiamata ed assunzione dei testimoni, periti ed interpreti, ed al richiamo dei documenti. La Corte può disporre i suddetti mezzi di prova anche di ufficio. Nel resto non sono applicabili le formalità del Codice di procedura penale.

Se la Corte riesce a conciliare le parti, rilascerà alle medesime una dichiarazione, della quale può essere autorizzata la pubblicazione.

Art. 8.

La Corte pronunzia verdetto motivato immediatamente dopo che sia terminata la discussione, e dichiarato chiuso il dibattimento.

La Corte, ove risulti insussistente il fatto addebitato o ingiusta l’offesa, pronunzia la censura dell’offensore, che può altresi condannare al risarcimento del danno, se l’offeso ne faccia richiesta, al pagamento di una somma fino a lire 10.000 a titolo di riparazione. La parte offesa ha inoltre il diritto di promuovere successivamente, innanzi alla sezione civile della Corte d’appello, azione per la liquidazione del danno. In tal caso il verdetto della Corte ha autorità di cosa giudicata quanto alla sussistenza della diffamazione o dell’offesa e al titolo del risarcimento. Per altro il giudice civile può conoscere anche degli effetti dannosi posteriori al verdetto.

Art. 9.

La Corte, ove risulti sussistente il fatto addebitato o altrimenti la ragione dell’offesa, può infliggere la censura al preteso offeso e condannarlo al risarcimento degli eventuali danni verso l’altra parte, da liquidarsi a norma dell’articolo precedente.

La parte soccombente è condannata alle spese del giudizio, compresa l’indennità ai membri della Corte, come sarà fissata nel regolamento, salvo alla Corte la facoltà di compensarle, concorrendo giusti motivi.

Il verdetto è comunicato in copia alle parti, e può esserne autorizzata la pubblicazione. Questa può, su richiesta, essere ordinata a spese della parte soccombente, per una o due volte nei giornali indicati dalla Corte; e deve essere ordinata, se ricorra alcuno dei casi indicati nei numeri 1 e 3 dell’articolo 2. Il verdetto, per ciò che riguarda la riparazione e le spese, è reso esecutorio con decreto del presidente della Corte d’onore.

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Art. 10.

Contro il verdetto della Corte d’onore è ammesso ricorso alla Corte di cassazione in sede penale, soltanto per eccesso di potere. La dichiarazione di ricorso coi motivi sarà fatta nella cancelleria penale della Corte di appello o del tribunale presso cui è costituita la Corte d’onore, nel termine di tre giorni successivi a quello della pronunziazione del verdetto. In caso di annullamento la causa è rinviata ad altra Corte viciniore da formarsi secondo le norme dell’art. 4.

Art. 11.

La morte della parte convenuta estingue l’azione penale, e la morte dell’offeso fa venir meno la competenza speciale della Corte d’onore.

Valgono, per la prescrizione dell'azione penale, le norme del codice penale relative alla diffamazione; l’azione penale per ogni altra offesa si prescrive in tre mesi.

Art. 12.

Ove i padrini o secondi non promuovano il giudizio della Corte d’onore sulla controversia che ha determinata la sfida, non sarà a loro favore applicabile l’esenzione da pena prevista nel capoverso dell’articolo 241 codice penale.

Art. 13.

Chiunque pubblicamente offende una persona o la fa segno in qualsiasi modo al pubblico disprezzo perchè essa o non abbia sfidato o abbia ricusato il duello, o sia ricorsa al giudizio della Corte d’onore, ovvero dimostrando o minacciando disprezzo, incita altri al duello, è punito con la detenzione da un mese ad un anno.

Art. 14.

Il Governo del Re, è autorizzato a pubblicare, nel termine di sei mesi dalla promulgazione della presente legge, le disposizioni necessarie per l’attuazione della medesima e per coordinarla con le altre leggi dello Stato.

Note

  1. Presentato il 28 febbraio 1915 da S. E. il Ministro di G. e G. on V. E. Orlando.