Clelia/XLIX
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CAPITOLO XLIX.
IL PARRICIDA.
L'uomo nasce più grande in |
«Nacqui nella piccola città di S... nello stato pontificio — non lungi dalla frontiera napoletana. — I miei genitori furono gente onesta, dediti alla pastorizia. — al servizio del cardinale B. — Di buon’ora, custodendo le mandre di vacche, di buffali, di pecore — quasi sempre a cavallo — io, forte di costituzione, — come mi vedete ancora, — divenni robustissimo e destro cavaliere.
«Fino all’età di diciott’anni — rimasi un vero figlio del deserto — non conoscendo altro affetto, che quello del mio cavallo - — del mio laccio — e delle mie armi — con cui ero divenuto formidabile ai cervi ed ai cignali delle foreste romane. — Appassionatissimo per la caccia — esercizio confacente alla mia natura — ero capace di passare delle notti intiere in agguato del cignale nelle paludi — ove esso ama avvoltolarsi nel fango. — conoscevo la posta del cervo — e bene spesso tornavo a casa portando sulle spalle uno di quei superbi corridori.
«Un giorno, avendo lasciato il mio cavallo a certa distanza — stavo nascosto nel bosco alla posta del cervo — quando un rumore si fece udire sul sentiero che dietro di me conduceva al paese. — Sulle prime pensai, potesse essere una belva — e tenni pronta la mia carabina — ma a misura che il rumore si avvicinava, mi sembrò udire una voce umana. — Mi tenni più celato allora — e attesi, finchè mi comparve alla vista un giovane prete — che aveva veduto alcune volte nelle mie rare escursioni alla città — il quale trascinava per mano una fanciulla sui sedici anni.
«Il prete, circa ventenne — alto di statura e robustissimo — mancava d’una carabina, d’un cappello puntato e del giustacuore di guerra. — per sembrare un vero e magnifico masnadiero.
«La fanciulla!... perdonatemi la commozione!» a le pupille del vegliardo s’erano inumidite, — «la fanciulla era un angiolo! — Non so come non fui scoperto — poichè vedendola — fui invaso da un’emozione, da un palpito dell’anima, sì delizioso — sì nuovo per me — che mi spinse ad involontaria esclamazione. — Ma troppo erano affaccendati i nuovi venuti — per poter udire la mia voce nella selva. — Il prete, col volto di bragia, stringeva col braccio destro la fanciulla e con tutta la sua forza cercava di trascinarla avanti, ad onta degli sforzi di lei per non avanzare.
«Giunta finalmente a quel modo — a venti passi del mio nascondiglio. — la coppia fermossi — ed io udii distintamente la ragazza piangendo, esclamare: — Giacomo, per l’amor di Dio. lasciami! — non hai vergogna di usar violenza alla tua sorella? —
«Alba! — rispondeva lo sciagurato — non mi parlare così — non chiedermi l’impossibile. — Alba! — mia bella Alba! — così bella e che io amo tanto! — l’anima mia — vedi — brucia come il cratere di un vulcano! — Così dicendo la stringeva nelle nerborute sue braccia e cercava carpirle un bacio. — La giovane, robusta anch’essa e animata dall’ira — si svincolava dagli osceni abbracciamenti come un’anguilla. —
«Così durarono un pezzo — ma finalmente il perverso essendo giunto ad atterrarla con uno sforzo supremo, e tenerla ferma al suolo — con un fazzoletto le andava legando le mani — ad onta del pianto e delle lamentazioni dell’infelice. — Nè qui è tutto,» continuò il vecchio corrugando terribilmente la fronte; «quel demonio trasse fuor di tasca una funicella — e colla fredda e spietata tranquillità del carnefice che applica la tortura — assicurò alle verdi piante le membra della vittima — a cui intanto ripeteva: — vedi Alba! — che ora ti tengo?
«Alba non rispondeva — perchè la misera era svenuta.
«Io là, a venti passi, l’ebbi più di dieci volte quell’assassino sotto la mira della mia carabina — e non so perchè — non mandai l’anima sua all’inferno. — Non avevo ancora versato sangue umano — e lo confesso — mi repugnava il cominciare.
«Ma quando lo svergognato tentò andare più oltre — feci un salto da tigre per raggiungerlo — ed il calcio della mia carabina — come fosse una clava — lo stese sul terreno senza movimento.
«Slegai la fanciulla svenuta — la presi nelle mie braccia e la portai accanto ad una corrente che non era lontana — spruzzai con acqua fresca quel volto d’angiolo, — ch’io tengo qui scolpito nell’anima mia — ed essa rinvenne. — Rinvenne — mi strinse la mano in segno di gratitudine — guardandomi commossa, esterrefatta. — Da quell’istante fu deciso il destino della mia vita, — ed io amai Alba come si può amare la divinità stessa.
«Il terribile sacerdote di lucifero — tornando in sè ripigliò la strada di S... imprecando e giurando vendetta contro tutto il genere umano. — Chiese contezza di me e lascio pensare in quale esecrazione poi mi tenne. — Forte come lui., e con anima diversa, poco lo temevo.
«Ma contro di me non doveva sfogarsi la rabbia di quel mostro — bensì contro il vecchio suo genitore. — testimonio più immediato de’ suoi turpi tentativi. — La prima vittima fa lui. — Ingiuriarlo, maltrattarlo, batterlo, era poca cosa: — un giorno il vecchio fu trovato col cranio fracassato sul lastrico del cortile interno di casa sua. — Sarà caduto? o precipitato dal terrazzo??? Il cadavere non rivelò il parricida!
«Che importa al prete un delitto — s’ei lo può coprire? — Non ne commette uno grandissimo, quello di mentire, dicendosi ministro di Dio — coprendo quell’enorme delitto coll’ignoranza del prossimo, ch’egli deride? —
La professione del prete è questa: godere — e far credere alle moltitudini stupide ch’egli soffre — di privazioni e di disagi.
Povero prete: Ricordo d’aver veduto un quadro in America che rappresentava un prete nella sua sala da pranzo a tavola. — Vivande d’ogni specie erano imbandite sulla mensa — e molteplici le bottiglie di vini prelibati. — Accanto al prete stava la polputa e rubiconda sua Perpetua che egli accarezzava amorosamente.
Alla porta dell’abitazione di quel gaudente — giungeva un povero contadino irlandese, colla moglie she teneva on bambino sulle spalle. — Tutte e tre le povere creature si vedevano sparute ed in miserabile stato. — Il marito metteva una moneta nel bùssolo del prete — sul quale era scritto: «Fate l’elemosina pel povero parroco.»
Xon è questa la genuina storia del prete? — Da una parte il godimento, l’ipocrisia e la menzogna. dall’altra l’ignorante credulità e la miseria!
Godere dunque, per chi non deve godere — per legge e per i giuramenti suoi — è delitto! Quindi si copra il delitto — ed incesti — infanticidi ed ogni scelleraggine ogni bruttura si tenga celata.
Io so d’un prete che vive colla sorella in termini matrimoniali — e un altro ne conobbi — che con maltrattamenti e battiture cagionò la morte del padre suo. — E ripeto — questi sono delitti che giungono a notizia della gente — gl’infiniti che rimangono sepolti nei penetrali della casa — nei sotterranei del chiostro e nei sepolcri — chi li novera?
«Una sera,» continuava Gasparo: «io ero seduto nel mio abituro campestre, di ritorno dalla caccia. — Avevo veduto Alba la notte antecedente — poichè dal giorno fatale — in cui risparmiai all’umanità un incesto — e che vidi per la prima volta quella stella della mia vita — raramente passavo una notte senza vederla — ad onta di tutte le precauzioni dell’innamorato suo cerbero.
«Da quanto seppi da Alba — prevedevo bensì una catastrofe — ma non così subitanea — come la precipitò il parricida — mostro di lussuria — in quella terribile notte.
«Ero dunque sedato nel mio abituro — ed appena entrato — quando si spalancò la porta — ed Alba scapigliata e fuori di sè precipitossi nella stanza — stramazzando ed esclamando: Parricida! Parricida!»