LXXI. — Le tre eroine

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CAPITOLO LXXI.

LE TRE EROINE.

Tre donne di rara bellezza — sopratendevano alla cura dei feriti — ed al nobile e gentile loro aspetto, noi riconosciamo le nostre eroine: Clelia, Giulia ed Irene. — La povera, la derelitta Camilla — inconscia ancora della perdita del suo Silvio — e coi segni in volto delle passate sventure — ajutava — macchinalmente le tre pietose.

Tutte avevano fatto parte di quel popolo — che — per un pezzo vittorioso — aveva inseguito i mercenarj sino al ponte S. Angelo — e tutte si erano precipitate nel lanificio — quando il popolo respinto si rifugiò e si trincerò in quello stabilimento.

Altre donne del popolo — ajutavano pure e portavano ai feriti quel soccorso che la circostanza permetteva. —

«Ebbene, principe della campagna romana» — diceva Attilio ad Orazio: «ne hai già vedute molte — ma questa pugna che [p. 440 modifica]stiamo digerendo sta notte — è certo delle più ardue. — Mi consola però che questi nostri Romani — mostrano ricordarsi de’ tempi antichi. —

«Guardali — nessuno impallidisce — tutti sono pronti ad affrontare la morte — comunque essa venga.» —

«Anzi» — rispondeva Orazio: «essi mangiano, bevono, e tripudiano — come se fossero a una passeggiata al Foro — a vuotarvi la foglietta.

«Eppure — ripigliava il valoroso marito d’Irene — essi avranno dura impresa a sostenere — contro tanta canaglia che ci attornia e che aspetta il momento propizio per assaltarci. —

«Dall’aspetto di coloro che abbiamo a fronte — e la cui baldanza aumenta sempre — dal fuoco infernale che ci fanno contro — e dai loro sguardi ed applausi che volgono verso il ponte S. Angelo — v’è da dedurre ch’essi non tarderanno a muoversi contro noi — colle truppe fresche — che ingrossano — di continuo.

«Non dubitare — soggiungeva Muzio — il ferro di questo fucile — sarà ben vermiglio — prima che quei birbanti saltino qui dentro. — [p. 441 modifica] «Diamo un sorso d’Orvieto — a questi nostri prodi» — esclamò Attilio — e dopo aver tutti rinfrescata la gola con un bicchiere corroborante — un grido unanime e solenne di «Viva l’Italia» risuonò strepitoso nella folla accalcata e risoluta dei nobili difensori di Roma. —