Ciceruacchio e Don Pirlone/Documenti/VI

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Documento N. VI.1

COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA CIVICA.


Roma, li 25 gennaio 1848.

Dai rapporti giunti questa mattina alle 9 antimeridiane si rileva quanto appresso. Circa le 4 pomeridiane è stato condotto nel posto del 5° battaglione da vari civici fuori di servizio e ad istanza di Ignazio Poggioli sottotenente del 5° suddetto, certo Piccirilli Pietro prevenuto di aver ingiuriato sulla pubblica via una donna per nome Rosa Beni.

Circa poi le 5 della sera vennero tradotti nel soprannominato quartiere del 5° due lampionari per rissa fra loro avvenuta, ed inviati alla Piazza, unitamente ad un coltello trovato indosso ad uno di essi.

Da rapporto straordinario del 6° battaglione si conosce che verso la mezzanotte vennero arrestati e tradotti in esso corpo di guardia Benedetto [p. 460 modifica]Giacomozzi, chiavaro e Sauli Antonio siccome trovati in rissa tra loro e leggermente feriti. Alle 8 poi di questa mattina il medesimo posto del 6° battaglione è stato avvertito che sotto la statua di Pasquino eravi un foglio in litografia contenente espressioni ingiuriose verso monsignor Morandi. Verso le 4 del mattino un carabiniere della brigata Campitelli ha tradotto nel posto del 10° battaglione un ladro, il quale poi è stato rilasciato al brigadiere di quell’arma che è venuto a richiederlo

Il tenente-colonnello
Cleter.


Speranze di giusta recriminazione.


Corre il sesto mese da che i pretesi congiurati del p. p luglio gemono nelle più orride segrete del forte Sant’Angelo, e non evvi nessuno che si interessi menomamente per essi, che spenda a pro loro una parola. Gli assassini, caduti in potere della giustizia, hanno pur la facoltà, nel corso della inquisizione, di gridare perchè venga questa disbrigata ed hanno la soddisfazione di vedere mensilmente la faccia di un superiore che li consola, almeno a parole melate. Guai d’altronde ai pretesi congiurati se ardiscono di proferire un accento che addimostri il desiderio di vedere la fine del gran processo, cui dicesi privatamente nell’orrore delle tenebre e del mistero dedicati cinque ministri del tribunale, notissimi per le loro eccellentissime qualità . . . . .

I colpiti non hanno tribunale cui appellare, non superiore cui ricorrere, non legge da invocare, non giustizia da sperare.

II Cardinale segretario di Stato, il ministro di giustizia, il segretario di Consulta accedettero non è guari nel forte, e quanti sono colà rinchiusi e condannati, per atrocissimi delitti eziandio, vennero tutti visitati e rispettivamente beneficati.

I soli proscritti dai nemici dell’ordine si rimasero inconsiderati, come che non esistessero o si stassero troppo agiatamente bene.

La loro sorte dipende tutta dall’arbitrio di un Morandi, concepito in sulle scene, educato ne’ trivi, cresciuto nella scuola della deboscia e dell’inganno; menzognero, imbecille, ambizioso, uomo senza carattere, senza morale, senza religione cui ha saputo ingannare popolo e sovrano.

Si rammenti quando egli, con odio da Giuda, ci annunziava dal suddetto mese di luglio con altisonanti parole: aver già tanto nelle mani da poter consegnare al carnefice le teste di coloro che erano stati da esso stesso designati per servirgli da sgabello nell’ascendere al comando sull’appoggio della semi-rivoluzione, suscitata da una moltitudine da egli stesso (sic) mossa e sorretta a solo scopo di poi elevarsi a potente impiego.

Popolo di Roma! Aristocratici, democratici, progressisti, oscurantisti, uomini, donne, cristiani, ebrei e quanti mai siete di tutte le religioni, la causa della supposta congiura riguarda più voi che gì’ inquisiti: fate che il Giano si discopra sempre più.

Che egli sappia ingannare e tradire deducetelo dall’arresto del nostro Paradisi, arresto illegale quant’altro mai, ma non lordo d’infamia come quello de’ presupposti congiurati, fatto cui grida vendetta innanzi l’uman genere e il tribunale di Dio. Si chieda dunque unanime la pubblicazione del gran processo o per dir meglio della macchina infernale morandiana: abbia luogo la giustizia e voi rendetevi degni di voi stessi impetrandola con fervore o perchè ognuno abbia riposo sulla legge, la quale è tempo che [p. 461 modifica]s’incominci ad osservare da tutti e per tutti, e non venderla a prezzo di lumache e mosciarelle.

State adunque in guardia, perchè il Morandt, vedendosi compromesso non poco insieme a’ suoi satelliti, per il gran fiasco fatto del gran processo, si sta studiando in modo di salvarsi volendo portare il Governo alla convenienza di celare l’incarto, nel quale non gli è riuscito di compiere il suo assassinio.

Delitto sopra delitto, perchè nel perder tempo per studiare il ripiego da prendersi non si è ancora sancito l’ordine di dimissione de’ detenuti.

Così si amministra la giustizia?

Così cessò la carneficina delle Commissioni?

Così trionfò la legalità e così è rispettata la libertà individuale?

Così sparirono le prepotenze, le soverchierie, le torture, le infamie? . . .

Col regime di tai ministri, nefandità siffatte, sono più vere che credibili! . . .

Note

  1. Dalle Buste della guardia civica degli anni 1847-1849, esistenti nell’archivio Comunale di Roma. Busta 37.