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s’incominci ad osservare da tutti e per tutti, e non venderla a prezzo di lumache e mosciarelle.

State adunque in guardia, perchè il Morandt, vedendosi compromesso non poco insieme a’ suoi satelliti, per il gran fiasco fatto del gran processo, si sta studiando in modo di salvarsi volendo portare il Governo alla convenienza di celare l’incarto, nel quale non gli è riuscito di compiere il suo assassinio.

Delitto sopra delitto, perchè nel perder tempo per studiare il ripiego da prendersi non si è ancora sancito l’ordine di dimissione de’ detenuti.

Così si amministra la giustizia?

Così cessò la carneficina delle Commissioni?

Così trionfò la legalità e così è rispettata la libertà individuale?

Così sparirono le prepotenze, le soverchierie, le torture, le infamie? . . .

Col regime di tai ministri, nefandità siffatte, sono più vere che credibili! . . .

Documento N. VII.1

COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA CIVICA.

Ordine del giorno 9 febbraio 1848.


Il nostro adorato sovrano Pio IX nello istituire che fece la guardia civica diede prova di fiducia somma verso i suoi sudditi, e con essa creò la più salda garanzia sociale nel nostro Stato.

Le successive prove di distinzione e di affetto date dal Santo Padre alla guardia civica di Roma, e contraccambiate sempre da questa con amore e gratitudine, consolidano ogni giorno più e perfezionano così bella istituzione, in guisa da renderla forte, ammirata, utile in tutto e gradita al magnanimo riformatore e Pontefice Massimo Pio IX che la eresse.

Il Tenente-generale pertanto, penetrato com’è da sì nobili sentimenti, e preso da affetto verso la milizia cittadina da lui comandata, desidera gelosamente custodire i saldi principi! della di lei istituzione, cioè la disciplina e l’ordine, dalle quali cose la vera forza dipende. Condizione essenziale di questa disciplina e di quest’ordine, essendo il decoroso e grave contegno che i militi in uniforme, e gli ufficiali in ispecie, debbono conservare nelle riunioni popolari (qualunque sia l’oggetto di esse), il Tenente-generale medesimo inculca alle guardie civiche l’esatta osservanza dell’art. 21 del regolamento che così è concepito:

«I cittadini non potranno prender le armi, nè riunirsi come guardie civiche senza l’ordine dei loro capi immediati; e questi non potranno dare siffatta disposizione senza ordine scritto dell’autorità governativa».

Previene inoltre la stessa guardia, che per soddisfare al desiderio dei militi di raccogliersi nelle circostanze straordinarie per mantenere l’ordine e la pubblica tranquillità (che per altro si ritiene non sarà mai per essere turbata in Roma), allorquando il tamburo batterà alla generale, d’ordine del comandante generale, lungi dall’essere ciò indizio di allarme, si abbia invece da ritenere come segnale di riunione. Al qual segnale le guardie ci-

  1. Dalle Buste della guardia civica degli anni 1847-1849, esistenti nell’archivio Comunale di Roma. Busta 36.