Chi l'ha detto?/Parte prima/14
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§ 14.
Compagnia, buona e cattiva
L’uomo è animale socievole per eccellenza, e se pure alcuni misantropi sfuggono studiosamente ogni compagnia per rinchiudersi in una completa solitudine, i più la pensano invece come il poeta latino:
231. Tristis eris si solus eris.1
Una lieta compagnia è sempre di sollievo all’anima, e per riflesso anche al corpo: specialmente nelle noje dei lunghi e faticosi viaggi, dove
232. Comes facundus (o jucundus) in via pro vehiculo est.2
Ma bisogna andare cauti nello scegliere i propri compagni, e per prima cosa procurarseli adatti alle occupazioni attuali, che conviene di stare
233. ....Nella chiesa
Coi santi, ed in taverna coi ghiottoni.
e poi fuggire, come dal fuoco, i tristi compagni, dai quali niente si guadagna, giacchè
234. Corrumpunt bonos mores colloquia mala.3
è la Bibbia che ce ne ammonisce; ovvero come scrive Tertulliano (Ad uxor., I, 8): Bonos corrumpunt mores congressus mali.235. Tres faciunt collegium.4
è una massima giuridica che il Digesto (L. 16: De verbor. signif., 85) attribuisce a Nerazio Prisco, console e giureconsulto romano (vissuto verso l’anno 100 dopo C.), e che originariamente vuol dire che una società per essere giuridicamente costituita deve constare almeno di tre individui; si usa molto a proposito per le compagnie di tre persone che sembrano più complete e più geniali di quelle più numerose o meno. Infatti è certo che in troppi non si sta mai bene, e il proverbio non a torto dice: Poca brigata vita beata. Ma qualche volta anche a essere in troppo pochi non è prudente; occhio dunque anche a certe pericolose compagnie, più pericolose della solitudine o della molta compagnia, chè non vi accada come a Paolo e a Francesca, ai quali poscia increbbe di aver potuto dire di sè:
236. Soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Inoltre, se trista e pesante è la solitudine, altrettanto può dirsi talvolta della compagnia; e come scrisse il Leopardi ne’ suoi Pensieri:
237. Nulla è più raro al mondo, che una persona abitualmente sopportabile.