Cetra, che Febo a dotta man gentile
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XXVIII
AL SIG. CESARE MORANDO
Loda la Poesia.
Cetra, che Febo a dotta man gentile,
Morando, fidi, è da chiamar tesoro:
Taccia la plebe, che ignorante e vile
Non mira altro tesor, che argento ed oro.
5Ecco, se morte ria d’amare pianto
Tenero sen di Verginella asperge,
Poeta sorge, e col soave canto
La riconforta, e que’ begli occhi ei terge.
E s’egli avvien, che per lontani errori
10Nojosi affanni il peregrin sostegna,
Onde ha rimedio, che il suo mal ristori,
Se Poeta quell’arte non gli insegna?
Reca talor di Cavaliero egregio
Nemico stuol la cenere rinchiusa,
15Ed ei fra’ vivi perderebbe il pregio,
Se per lui non vegghiasse inclita Musa.
Inclita Musa ne distingue i modi,
Onde di Lete rio l’onda si scherna;
Ella ne detta varj vanti e lodi,
20Onde umana virtù si renda eterna.
E pure ogni Cantor lungo il bell’Arno
Sacra solo a Ciprigna i detti suoi,
E par che lira oggi si tempri indarno,
S’ella fa risonar palme d’Eroi.
25Scorno d’Italia! or non daransi i carmi
Tanto dovuti all’immortal Farnese1,
Che atro nel sangue, orribile nell’armi
Gli Altar disgombra delle fiamme accese?
Io sulle corde di mia mano ancelle,
30Che lungo Dirce di sonarle apprende,
Porterò fino al ciel, fino alle stelle
L’Asta real, che il Vatican difende.
Note
- ↑ Allude ad Alessandro Farnese, capitano delle armi Cattoliche nei Paesi Bassi contro l’Olanda. Morì nel 1592.