Canti della guerra latina/Tre salmi per i nostri morti/Salmo I

Tre salmi per i nostri morti

I

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TRE SALMI PER I NOSTRI MORTI


I


1. Or il braccio di Roma era inalzato, la destra di Roma era levata a percuotere, a rompere.

2. Ma più non vedevamo i nostri segni, né v’era con noi profeta, né con noi alcuno che sapesse fino a quando.

3. E s’udiva romore di moltitudine sopra l’alpe, simile ad ànsito di schiere che s’accalcano,

4. il gran fumo dell’incorrotto sangue salendo dalle vette e dalle valli su pe’ cieli e su pe’ secoli.

5. E, come allor che il sole balza fuori dai monti nella sua possa, una voce sonò senza carne, che diceva:

6. «Finché non sieno beati i tuoi morti, o Roma; finché non sien per te beati e santi coloro che avran parte nella prima resurrezione.» [p. 32 modifica]

7. E, come svola il brandello del panno dal corpo dell’ucciso avvolto nella vampa dello scoppio, fuggì la mia pochezza nell’ardore.

8. E respirai il respiro dei nostri morti, oltre la vita e oltre l’orizzonte, maschia speranza alata;

9. ché la mia speranza era nell’ombra delle mie ali d’uomo, a sommo dello spazio combattuto;

10. e non la piota né il sasso era quivi, da pontarvi il calcagno, da stramazzarvi giù rovescio o prono,

11. non luogo di periglio misurato dalla statura, non fosso cupo, né abbattuta d’alberi, né sacco, né palanca, né fascina,

12. non l’acre cecità della battaglia in deserto sconvolto o su vulcano fragoroso;

13. ma tutto il firmamento m’era, come all’aquila, regno e rapina, visione e verità, ricordanza e promessa.

14. E, non più soma greve d’orgoglio ma rapida virtù senza peso, io vedeva nella battaglia [p. 33 modifica]immensa il figliuolo e la madre, la terra e la creatura,

15. come una sola volontà, come una sola bellezza, come una sola potenza, come un dolore solo, come una gloria sola.

16. E rinascere udii nell’aereo cuore la parola antica e santa: «Cercate la mia faccia».

17. Io cercai la tua faccia, o Patria. Con occhi mortali, con occhi immortali, con le pupille della mia fronte breve e con lo sguardo dell’infinito genere, io cercai la tua faccia, o Patria.

18. E dal ghiacciaio insino alla laguna, dalla rocca dell’alpe insino alla landa petrosa, dal pascolo ch’è presso il fiume insino alla barena su la bocca del fiume, dalla città che ingemma il monte insino alla città che addenta il mare,

19. m’apparì la tua specie, mi splendette la tua forma, mi ricorse il tuo numero.

20. E nel mio petto, più fragile che la cèntina di pioppo entro il lino della mia ala [p. 34 modifica]levigato, si precipitò un turbine d’amore senza schiantarlo.

21. «Il tuo testimonio è nei vertici, o Patria, il tuo testimonio è nei luoghi sovrani; il tuo testimonio è nelle pianure, il tuo testimonio è nell’umiltà.

22. Tu signoreggerai da un mare all’altro. I campi distrutti tu li seminerai di seme eterno. Le città disfatte tu le riedificherai col granito dell’alpe liberata.

23. Tu spezzi le mascelle del nemico e gli fai gittar la preda di tra i denti. Tu rompi a una a una tutte le sue chiusure, e tu metti in ruina le sue fortezze.

24. Condotte come mandre, spartite come branchi sono le sue schiere. Le tue son come sacrificii di giustizia, son come olocausti di purità, son come offerte da ardere interamente.

25. Una corona brilla sopra esse, come sopra la chioma delle vergini. Il sorriso precede la prodezza, e riappare dopo l’agonia. La morte è chiara come una vittoria. [p. 35 modifica]

26. O Patria, i tuoi primogeniti han segnato il tuo patto, e i tuoi ultimi nati hanno appreso il verbo che tu hai comandato. Non nascondere mai più da loro il vólto tuo.»

27. «Cercate la mia faccia vivente» comandò nel turbine il tuo verbo. «Cercate la mia faccia di sangue e di sudore, di passione e di anelito.»

28. E i geli e le acque, e le rupi e i macigni, e le sabbie e le erbe, e le selve e le mura, e tutte le cose terrestri, sotto il vento della rapidità, si trasmutavano.

29. E io vidi la tua faccia di sangue e di sudore, di passione e di anelito. Vidi te fatta carne, fatta come la carne dei tuoi figli;

30. ché intrisa t’avea da capo col sudore e col sangue la Guerra, rimenata ti avea come pasta di frumento, ricresciuta come farina lievitata.

31. Tal donna rude sopra l’asse calca il novo pane con le pugna e co’ ginocchi a farlo più tegnente, tutta di vene enfiata come nell’ira; e dietro a lei rugge la fiamma chiusa. [p. 36 modifica]

32. Rimescolata area la tua sostanza con la sostanza de’ tuoi figli la Guerra; ricacciati i tuoi figli nella tua profondità. Ecco, e i tuoi morti erano i tuoi nati!

33. Ecco, e la faccia de’ tuoi morti era come la tua faccia vivente, o Patria! E quanto più si combatteva, tanto eri più bella. E quanto più si moriva, tanto eri più dritta.

34. Si combatteva anche dal cielo, sopra i luoghi eccelsi delle nuvole. Le tue stelle combattevano dai lor cerchi, o Italia? Non gli angeli versavano su la terra e sul mare le coppe ferree dell’ira di Dio, ma gli uomini armati d’ali senza penne.

35. O rombo dell’alta rapina! I fratelli di giù levavano le ciglia divampate dal fuoco e l’anima ansietata d’altezza.

36. Ma presi erano nella terra, tenuti erano dalla terra, profondati in essa, intrisi con essa, carname con zolle, ossame con selci. [p. 37 modifica]37. E morivano. E come i corpi loro formavano il tuo corpo, così gli spiriti loro facevano il tuo fiato, o Patria, il tuo fiato possente.

38. E gli uomini alati, sospesi nel mezzo del cielo come in sommo d’un’anima immensa, sentirono l’ala di ferzi e di verghe vivere come se l’agitasse con l’òmero divino la datrice di quercia, la datrice di lauro.

39. E tu dicevi: «Or chi mi condurrà nella città fedele? chi mi menerà insino al mio bel colle di San Giusto? chi mi guiderà, lungo le colonne e lungo i secoli, a cogliere la palma che m’aspetta?»

40. I morti, Italia, i tuoi morti.

41. E tu dicevi: «Or chi mi reca le dolci mie città della marina come Eufrasio il martire con le mani velate offre il suo tempio di Parenzo a Dio?»

42. I morti, Italia, i tuoi morti.

43. E tu dicevi: «Con chi passerò io per la Porta Gèmina e sotto l’Arco dei Sergi e tra le sei colonne di Cesare Augusto, nella mia [p. 38 modifica]sacra Pola? con chi m’affaccerò sul mare, per gli ordini del bianco Anfiteatro, a noverar le navi imprigionate?»

44. Con Roma, o Italia, con Roma e con i tuoi morti.

45. E tu dicevi: «Io trionferò. Io romperò il nemico nella mia terra e io lo calcherò sopra i miei monti. Io spartirò le Giudicarie, misurerò la valle dell’Isonzo, riscolpirò le rosse Dolomiti.

46. Mia nell’alpe è la città che Dante cuopre; mia sul golfo quella dove approda, sceso dall’alpe, il giovinetto sanguinoso, vittima integra e novo pegno certo.

47. Mie tutte le città del mio linguaggio, tutte le rive delle mie vestigia. Mando segni e portenti in mezzo ad esse.

48. Ma in Zara è la forza del mio cuore; su la Porta Marina sta la mia fede, ed in Santa Anastasia arde il mio vóto. Grida, o Porta! Ruggi, o città, coi tuoi Leoni! A te darò la stella mattutina. [p. 39 modifica]

49. A te verrò, e di sotto alla tavola del tuo altare trarrò i tuoi stendardi. Li spiegherò nel vento di levante. O mare, non mi rendere i miei morti, né le mie navi. Rendimi la gloria.»

50. E allora udita fu dall’alto una voce senza carne, che diceva: «Beati i morti». Fu intesa una voce annunziare: «Beati quelli che per te morranno».