Canti (Sole)/La tomba del poeta ai mani di Giulio Genoino
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LA TOMBA DEL POETA
ai mani
DI GIULIO GENOINO
Tu pur da la poetica
Corona, che circonda
Fra i pioppi di Posilipo
A la Sirena il crin,
Tu pur, cedendo agli ultimi5
Verni, cadesti, o fronda;
Nè più sussurri ai placidi
Venti del mar vicin!
Oh quanti cor ti piansero,
Modesto Anacreonte,10
Quando improvviso un tumulo
Schiuso per te si udì!
La vereconda vergine
Muta piegò la fronte,
E sul notturno cembalo15
La bianca man languì!
Più non udran le fulgide
Sale festanti a sera
De’ versi tuoi l’ingenua
Pudica ilarità:
Nè per color che anelano
A nobile carriera
Ammonimenti e plausi
La tua parola avrà!—
Ei di Talia le amabili25
Rose nudò di spine,
E le profferse innocue
A l’innocente età,
Che lunge dai delirii
De le convulse Nine30
Va lieta di spettacoli,
Onde a temer non ha.
Ei del Sebezio popolo
Raggentilia la gaia
Lingua sonante e fervida35
Di eterna gioventù.
La sollevò dal trivio
Ai portici di Chiaia;
Nè le turbò le grazie
De la natia virtù.40
Così più tersa e nitida
Senza mutar natura
Dal pugno de l’artefice
Viene la gemma al sol:
L’onda, che pria fu torbida,45
Così lucente e pura
Per salïenti alveoli
Rora di perle il suol.
Ei de la plebe assiduo
Indagator prudente,50
Le più vezzose imagini
Com’ape ne involò:
La carezzò, festevole,
La consolò, dolente,
Rispose a le sue lagrime,55
Le gioie sue cantò.
Le rose de’ Camaldoli,
Gli aranci di Sorrento,
Gl’incendi del Vesuvio,
Di Mergellina i fior’,60
Olezzano, sfavillano
Nel popolar concento
Che in onda limpidissima
Gli prorompea dal cor.
Gaie fanciulle ed agili65
Danzanti in bianca vesta,
Tripudianti musiche
In campereccio ostel,
Cene su l’onde, fervidi
Carri volanti a festa,70
Lieti viaggi ad eremi
Sotto lontano ciel,
E quanti sogni nuotano
Pel mare de l’amore,
Sdegni, repulse, e tenere75
Paci, e repulse ancor,
E in quante forme proteo
Suol trasmutarsi il core,
E i cantici del giubilo,
E i treni del dolor,80
Tutto ei vestì d’armonica
Luce su l’arpa umile,
Onde sì dolci a Napoli
Solean gli accordi uscir.
Fe’ l’epigramma ingenuo,85
Fe’ l’ironia gentile,
Seppe garrir senz’odio,
Senza velen ferir.
Ne’ più leggiadri circoli
Il bene apparso egli era:90
De la natia Campania
il genïal decor.
Avea per tutti un cambio
Di cortesia sincera,
Per ogni lutto un gemito,95
Per ogni festa un fior.
Così fra i colli e l’aure,
Ch’ei consolò di canto,
Sovra un guancial di mammole
La fronte abbandonò,100
E nel devoto ossequio
De l’universo pianto
Quel cor gentile e candido
Di palpitar cessò!
La gioventù Sebezia105
Tolse del lutto i veli;
D’alto lamento il tempio
Pontanïan sonò.
Piangea così Trinacria
Tutta quel dì che Meli110
Su la siringa sicula
La fronte in Dio piegò.
O Genoino! Ai posteri
Un monumento attesti,
Che non invan fra gli uomini115
I canti tuoi passâr!
Che generoso il debito
Di tue virtù solvesti,
Ed eri dal tuo secolo
Rimeritato al par!120
In riva al mar, fra salici
E flessuosi acanti,
Sorga un marmoreo tumolo,
Amabil veglio, a te!
Segga sull’urna l’Angelo125
Consacrator de’ canti,
E un’ispirata vergine
Se gli prosterni al piè.
La Poesia del popolo,
Effigïata in questa,130
Si veli il fianco e gli omeri
Di tunica gentil;
Fra spensierata e supplice
Sia sorridente e mesta,
Come la pioggia e l’iride135
D’un vespero d’april.
In quante forme splendida
La poesia prorompa,
Ne la patrizia clamide,
Nel saio popolar,140
È menzognera musica,
È frodolenta pompa,
Se va superba e indocile
Lunge dal patrio altar!
Aprile 1856.