Canti (Sole)/Il Cantico de' Cantici di Salomone/V
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V Capitolo
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V
sposa
Venga nel suo giardin, venga l’amante,
E gusti il frutto di sue dolci piante!
sposo
Nel mio giardin, Sposa e Sorella, entrai;
La mia mirra e gli aromi ivi cols’io;
Il mio favo e il mio mele ivi gustai;
Ivi bevvi il mio vino e il latte mio.
Letizïate, o Amici! E ognun d’amore
Palpiti, e beva, o ben amati mii!
sposa
Mentre io dormia, ma mi vegliava il core,
Picchiar l’Amico a la mia porta udii.
— M’apri, Amica? — dicea — M’apri, ti desta,
O colomba, o sorella, o immacolata!
Chè sparsa di rugiada è la mia testa,
E i ricci miei di rigida brinata! —
Ed io, dubbiando: — Rivestirmi omai
Dovrei la gonna, che lasciai pur ora?
Puri testè da l’onda i piè levai,
Perchè dovrei rimacularli ancora? —
Pel forame de l’uscio il braccio ei spinse,
E il cor balzommi, e la pietà mi vinse!
E rapida ad aprirgli uscii di letto,
E le mie mani e le tremanti dita
Gocciolàr de la toppa in sul ferretto
La più limpida mirra ed esquisita.
E l’uscio aprii... Ma l’amor mio ritratto
Già s’era, e volto altrove!.... Ah non badai,
Quand’ei parlava, io di me fuori affatto!...
Lo seguii, nè il rinvenni!... Io lo chiamai,
Ei non rispose a me! Sopra mi uscìo
Allor la scolta che girando andava:
Mi ferì, mi percosse; e il manto mio
La guardia de le mura a me strappava!
O figlie di Sïonne! Oh, se vedrete
L’amico mio, l’amico del mio core,
Che gli direte voi, che gli direte?
Oh, ditegli com’io manco d’amore!
coro
Chi è l’amico tuo, che ogni altro avanza,
O tu che tutte le bellezze oscuri?
Chi è l’amico tuo, che ogni altro avanza,
Poi che con tanto affetto or ne scongiuri?
sposa
Egli è bianco e vermiglio il mio diletto,
Fra diecimila portando bandiera!
Oro è il suo capo il più lucente e schietto,
Riccia la chioma e come corvo nera.
Rassembran gli occhi suoi colombe astanti
A colmi rivi; e son come lavati
In latte puro, e dentro a le raggianti
Capsule d’un anello incastonati.
Aje d’aromi, bossoli d’odori
Son le sue guance, e le sue labbra fiori;
Gigli le labbra, onde la mirra stilli:
Rassembran le sue mani, a chi le miri,
Tornite d’or, gemmate di berilli;
Avorio è il ventre sparso di zaffiri.
Due colonne di marmo a base d’oro
Le sue gambe diresti: ed egli stesso
Al Libano somiglia, ed in decoro
Sorvanza i cedri verdeggianti in esso.
E come il suon de la sua voce è grato!
E come tutto un rapimento egli è!....
O figlie di Sïon! Tale è l’amato,
Che in Sïonne non ama altra che me!