Busto Arsizio - Notizie storico statistiche/Parte I/II
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II.
Dalle irruzioni dei popoli nordici all’epoca della Lega Lombarda —
Stemma del Commune — Reggimento communale.
Li storici della prima metà del medio evo non toccano che alla sfugita ed a frammenti lo stato della campagna milanese e non sempre aprono la via ad osservazioni generali applicabili ai varii fatti particolari. Li abitanti di Busto a quest’epoca erano quasi in nessuna relazione con quelli della città per le strade malagevoli che accrescevano la distanza, quantunque fossero soggetti ai medesimi ordinamenti civili. Ma la mancanza dei documenti m’impedisce di ricordare le costumanze religiose e civili, le leggi, la frequente mutazione di governo, nata dall’alternarsi d’uomini diversi di favella, di sentimenti e di passioni, lo stato dell’agricultura e dei mestieri di un luogo, che, con piccola differenza, ebbe communi le vicende con li altri paesi circostanti.
Scaturisce spontaneo dall’indole speciale di quei tempi, che il numero degli abitanti di Busto fosse di lunga mano inferiore a quello d’oggidì. Nè potè risorgere durante il dominio de’ Longobardi e de’ Carolingi, nè dei molti principi che si disputarono il regno d’Italia, sino a Federico Barbarossa; causa la crassa ignoranza che vi dominava congiunta al più deplorabile disordine sociale. E invero non trovasi alcuna notizia di fatti che tramandassero cara ed onorata ai posteri la memoria dei Bustesi. I quali in allora, come tutti li altri terrieri, tenevano in conto di prodezze quelle scaramucce che nascevano per leggiere e vili cagioni coi circonvicini, e si riducevano a reciproci guasti e saccheggi, attestatori della profonda avversione ch’era fra loro. Certo anche i Bustesi saranno stati colpiti dalle communi sventure che afflissero le terre consorelle durante que’ secoli tempestosi, e perciò avranno ben presto riconosciuto il bisogno di erigere un castello, che non tardò infatti a comparire, dove or sorge la chiesa parochiale di S. Michele. Non era cosa singolare per que’ tempi, giacchè quasi tutti i villaggi della nostra campagna si munirono allora di castelli per le frequenti invasioni dei Barbari in Italia. Se bene io non abbia potuto scoprire quali fossero i primi che avessero in Busto signoria, un anonimo scrittore (che io credo Gian Alberto Bossi) pretende, che il borgo sia stato suggetto ai Crispi, i quali vi tenessero un grande castello. Ecco le sue parole, a cui ciascuno potrà dare quel valore che la critica d’oggidì concede:
Quin etiam ex domibus Romanis, Crispe Sallusti,
Crispa domus tua restat adhuc, et manet in urbe
Nunc etiam nostra, Romana sicut in urbe,
Sed Busti plures ex illa, ubi prorsus aperto
Aeris in campo castrum prægrande tenebat,
Restat adhuc turris sine vertice trunca vetusto,
Parvula, cui tantum non eminus adiacet ædes
Aucta sacræ matri valide monumenta ruinæ.
La torre ricordata in questi versi superava in larghezza 15 cubiti, e ruinò per vetustà, e per colpo di fulmine nel 1578. Fu ricostruita un’altra volta nel 1584 e si vede ancor oggi presso S. Maria di Piazza. Era la prima un avanzo delle sette antiche torri di Busto, le quali ergevansi siccome un contrasegno di potenza, di ricchezza e di nobiltà, e si conservarono finchè i loro signori non s’occuparono che di guerresche imprese. Ma come cessò il bisogno di rendersi forti e sicuri contro l’insulti stranieri, allorchè fu diminuito il potere de’ feudatarii e stabilito un principio di diritto publico, ove la giustizia sovrana era superiore ad ogni altra, quelle torri furono in parte distrutte ed in parte ridutte a diverso uso, cosicchè di esse non rimase che il nome, o qualche avanzo. Tanto valgono il tempo e le opere degli uomini a mutar faccia alle cose!
Allorchè poi, su’l principio del secolo XIII, si propagò l’uso degli emblemi, o su le monete, o nei sigilli, o dipinti su’l muro, o su’l legno, anche il borgo di Busto adottò uno stemma consistente in uno scudo spaccato con due B; uno de’ quali sta in un campo rosso fiammante, e l’altro sottoposto in campo bianco co’l fuoco alla estremità inferiore. Il rosso è simbolo di carità verso le spoglie dei guerrieri consunti dalle fiamme, ed il bianco l’imagine della purezza conseguita per l’incendio a cui Busto andò suggetto verso il secolo X. Questo stemma trovasi dipinto sopra uno dei corali stupendamente miniati esistenti presso la collegiata di S. Giovanni1. E su la fede del cronista Crespi ricordo che il 21 di maggio del 1609, praticandosi degli scavi presso Santa Maria, si rinvenne una piccola moneta con l’impronta di tale stemma ed una seconda ne scoprì l’architetto Francesco Richini, allorchè fu ampliato il tempio di S. Giovanni Battista. Se non che, non ostante le più diligenti ricerche, mi fu impossibile il sapere in qual museo archeologico quelle monete si conservino.
Com’è noto, nel secolo XII tutte le città di Lombardia reggevansi a Commune, e dettavano liberamente i loro statuti ispirati dalle tradizioni romane e da consuetudini antichissime, cui anche il ferro de’ Barbari non era valso ad estirpare del tutto. Non erano anch’esse affatto indipendenti, come quelle che riconoscevano sopra di sè l’alto dominio del rinovato impero Romano. Tuttavolta, il luogo natale era di questi tempi l’oggetto di un’entusiastica affezione e ciascun terrazzano reputava religioso dovere serbare coll’armi inviolata la libertà. Fin da fanciullo egli s’avvezzava agli esercizj del milite; quando squillo di tromba o tocco di campana annunciava un grave pericolo della patria tutti dai 18 ai 60 anni accorrevano su la piazza a schierarsi sotto il vessillo de’ consoli, attendendo impazienti l’ora di misurarsi co’l nemico; venuti alla mischia, unico ordine era il combattere e non discostarsi dalla bandiera. Se uscivano vincitori, li vedevi ricondursi al domestico focolare, e quì, altéri della salvezza e gloria del loro Commune, deporre le armi per riassumere le usate fatiche delle arti loro. Fatta ragione a questo istituto di vivere, scema in parte quel sentimento d’ammirazione che sorge al primo leggere nelle croniche di quell’età tanti prodigi di valore operati da cotali milizie dei Communi, le quali sapiamo aver più volle respinti fortissimi eserciti d’Oltrealpi.
Note
- ↑ Vuolsi pure da alcuni che l’antico stemma di Busto consistesse in un agnello colla croce, il quale era dipinto su la porta del borgo detta la Basilica da poco tempo demolita, e vedesi ancora su quella de’ Re Magi.