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maggio del 1609, praticandosi degli scavi presso Santa Maria, si rinvenne una piccola moneta con l’impronta di tale stemma ed una seconda ne scoprì l’architetto Francesco Richini, allorchè fu ampliato il tempio di S. Giovanni Battista. Se non che, non ostante le più diligenti ricerche, mi fu impossibile il sapere in qual museo archeologico quelle monete si conservino.

Com’è noto, nel secolo XII tutte le città di Lombardia reggevansi a Commune, e dettavano liberamente i loro statuti ispirati dalle tradizioni romane e da consuetudini antichissime, cui anche il ferro de’ Barbari non era valso ad estirpare del tutto. Non erano anch’esse affatto indipendenti, come quelle che riconoscevano sopra di sè l’alto dominio del rinovato impero Romano. Tuttavolta, il luogo natale era di questi tempi l’oggetto di un’entusiastica affezione e ciascun terrazzano reputava religioso dovere serbare coll’armi inviolata la libertà. Fin da fanciullo egli s’avvezzava agli esercizj del milite; quando squillo di tromba o tocco di campana annunciava un grave pericolo della patria tutti dai 18 ai 60 anni accorrevano su la piazza a schierarsi sotto il vessillo de’ consoli, attendendo impazienti l’ora di misurarsi co’l nemico; venuti alla mischia, unico ordine era il combattere e non discostarsi dalla bandiera. Se uscivano vincitori, li vedevi ricondursi al domestico focolare, e quì, altéri della salvezza e gloria del loro Commune, deporre le armi per riassumere le usate fatiche delle arti loro. Fatta ragione a questo istituto di vivere, scema in parte quel sentimento d’ammirazione che sorge al primo leggere nelle croniche di quell’età tanti prodigi di valore operati da cotali milizie dei Communi, le quali sapiamo aver più volle respinti fortissimi eserciti d’Oltrealpi.