Brani di vita/Libro primo/Ottobre

Ottobre

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OTTOBRE

Sia colpa de’ nostri peccati o del signor Mathieu de la Drôme, non c’è più primavera, ma si passa bruscamente dalla temperatura dei gelati a quella del ponce. Per grazia del Barbanera l’autunno c’è ancora e speriamo di vederne parecchi.

Benedetto l’ottobre! Chi non si riposa, chi non si diverte in questo mese, nel quale, da un pezzo in qua, sono nato anch’io? I Ministri sono in giro (veramente quando il Parlamento è chiuso, pei Ministri è tutto ottobre), i segretari generali, gli uscieri, tutta la politica se la spassa in ottobrate. Il sole non scotta più e non è ancora freddo. La campagna prende quella tinta calda che precede la caduta delle foglie, passano le allodole e i fringuelli, e soprattutto si vendemmia. La vendemmia davvero è una bella istituzione!

La vite è il simbolo della fortezza. I centurioni romani, i vecchi, non quelli di Gregoriaccio, ne portavano un ceppo in mano come bastone di comando. [p. 160 modifica]Per gli stessi cattolici, pei frigidi divoratori di salacche quaresimali, la vite è un vegetale venerabile, poichè la Bibbia ne attribuisce la prima coltura ad un santo patriarca, quel Noè benemerito che ci prese poi la cotta che sapete. E poi il vino è nientemeno che il sangue del nostro Dio. Preghiamo dal profondo del cuore che Gesù e il Ministro d’agricoltura ci tengano lontana la fillossera, non fosse altro per poter morire come il Duca di Clarenza che, condannato a morte, volle essere affogato in una botte di malvasia.

Ottobre è un mese favorevole all’ingrassamento. So benissimo che in questo mese si raccolgono le ghiande, ma intendo l’ingrassamento umano, non il suino. Oh, i tordi con la polenta, dopo aver girato la mattinata intera pei campi ad aguzzare l’appetito! Oh, i tordi con la polenta! Si capisce Esaù che fece uno sproposito per un piatto di lenticchie, si capisce tutto, Apicio, Trimalcione, Gargantua, magari Saturno che credendo di ingoiare un bimbo ingoiò una pietra. (E a digerirla? Compiangetelo!) Si capisce Lucullo, si spiega l’Orco, s’invidia papa Gregorio. Oh, i tordi con la polenta! Onore a Carlo Porta che li ha celebrati in versi immortali, egli che vide

.... i tordi più di trenta
in superba maestà
a seder sulla polenta
come turchi sul sofà.


E come ci si beve bene dietro ai tordi, come si alza il bicchiere contro la luce per accarezzare cogli [p. 161 modifica]occhi le splendide tinte del vino! Dopo un banchetto simile non c’è che da desiderare un sigaro di contrabbando per giungere all’apogeo d’ogni felicità umana. Oh, davvero che ottobre è un mese propizio all’ingrassamento!

Il Breughel, pittore fiammingo, eseguì una serie d’incisioni a proposito dei grassi e anche dei magri (Anche in ottobre ci sono dei magri: pare impossibile, non è vero?) È, se volete, una amplificazione o una ripetizione dell’antico contrasto tra il carnevale e la quaresima, che si trova un po’ dappertutto, fino nei grassi libri del Rabelais, ma specialmente nelle letterature popolari dal Quattrocento in qua. Me ne ricordo una. I grassi sono a tavola, traboccanti di lardo, co’ lineamenti annegati nella ciccia e le pance monumentali maestosamente appoggiate alla tovaglia. La tavola è ingombra di vivande succolente; i fornelli sono sepolti sotto le pentole; tutto, fino l’aria, sembra impregnato di molecole nutritive, d’unto, di succo. Una donnona mastodontica porge ad un bimbo sferoidale un petto mostruoso. I cani stessi, che leccano un trogolo pieno, sono adiposi e gonfi come vesciche di strutto. Ma sulla porta è comparso un povero magro colla cornamusa sotto l’ascella. Non è che pelle ed ossa, ed i suoi occhi voraci con la sola forza dello sguardo sembrano dimagrire le pollanche polisarciche adagiate nei piatti caldi; i suoi denti aguzzi e lunghi paiono nati nelle mascelle instancabili di un pescecane. I grassi si sono alzati furibondi e scacciano inesorabilmente il povero magro, l’oggetto della loro implacabile ini[p. 162 modifica]micizia. La stessa donnona mostruosa ha trovato nella sonnolenza della sua obesità un atto d’impazienza e d’ira contro il malcapitato. Chi gli ha detto, a questo sciagurato figlio della fame, di venire a chiedere gli avanzi della tavola dei grassi? Fuori, fuori il nemico! I grassi vogliono mangiare in pace e gli avanzi sono pei loro cani!

Ah, davvero, l’ottobre è il mese della vendemmia e dei tordi, ma è anche il mese delle febbri e dei primi freddi. Ma chi ci pensa, poichè nelle ottobrate ci si diverte tanto? Chi lo dice non è altro che un predicatore seccante, un retorico rompiscatole.

Chi si accorge che i bimbi dei poveri camminano scalzi nella rugiada, che i babbi non hanno una camicia sulle carni grondanti dei sudori della febbre I tordi aspettano e l’oste ha il vino buono. E quando il povero magro segue con gli occhi avidi la carrozza dove assaporate le voluttà raffinate della buona digestione, voi non vi voltate nemmeno o, se vi voltate, è per esclamare: — Quell’uomo là ha un brutto sguardo! — Lo credo io! La polenta e la febbre non fanno gli occhi belli.

Prediche, non è vero? Retorica da pulpito, quando il predicatore raccomanda un’abbondante elemosina! Ma via, chi vi dice che questi poveri magri domandino l’elemosina? Quello del Breughel a buon conto veniva a sonare la cornamusa, proprio come sotto alle finestre delle trattorie vengono i sonatori ambulanti a guastarvi il pranzo. Siamo in Italia ed è di qui che partivano e partono ancora le frotte dei fanciulli venduti dai genitori nei quali più che il dolor [p. 163 modifica]potè il digiuno. L’amore ai figli è il sentimento più universale che sia in natura e lo provano vivissimo tutte le bestie, dalle feroci alle stupide, dalle gigantesche alle microscopiche, dal leone all’oca. L’uomo prova in modo acutissimo questo affetto che gli è cagione di tante gioie e di tanti dolori; chi non ha figli non può supporre come sia energico l’amor paterno, quanti sacrifizi faccia compiere serenamente, quanti pericoli sfidare con animo sicuro.

Perchè dunque qui in Italia ci sia della gente che vende le proprie creature agli aguzzini, senza morire prima di dolore, bisogna che o la fame abbia vinto e sradicato ogni altro affetto, proprio come in certe bestie che divorano i loro piccini; o che le condizioni di certe nostre provincie siano tali da fare che gli uomini scendano sotto al livello dei bruti. Qualunque sia la soluzione che preferite, resta però sempre che i poveri bimbi lasciano la loro patria che non fu loro madre ma noverca, e vanno per tutto il mondo civile con un’arpa od un organetto ad armacollo a cantare la vergogna, il vitupero del loro paese natale.

Di chi è la colpa? Non ci avete mai pensato, grassi che giubilate divorando i tordi, non ci avete mai pensato che potrebbe venire un giorno in cui si pretendesse che la colpa sia vostra? Oh! si sa! chi lo volesse dire, direbbe un grande sproposito. Come? Accusar voi altri di non far nulla per le popolazioni affamate, per le miserie e le piaghe della patria? Ah, ingratitudine! Eppure il grido di dolore dei poveri affamati è arrivato al vostro ot[p. 164 modifica]timo cuore e voi avete provvisto immediatamente.... accrescendo i carabinieri!

Non vi lamentate, o grassi, se i magri che trovate seduti sui margini della via hanno un brutto sguardo; anzi contentatevi.

Guai a voi altri, il giorno che li vedrete ridere! L’ottobre non vi sembrerebbe così bello, la vendemmia non vi ricreerebbe più come oggi, e le nostre istituzioni che fanno la gloria ecc. ecc., sarebbero andate dove vanno le più belle cose di questo mondo, in quel biblico paese dove va tanta roba, in Emaus.

Per ora dunque sazieremo i magri crescendo i carabinieri. Domani... domani ci penseremo.