Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Remigio Manassei

Remigio Manassei

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Giacomo Lovatelli Giuseppe Marchetti

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MANASSEI CAV. REMIGIO


Consigliere Municipale




SS
ono ormai tre lustri, dacché la gente italiana, dopo tanti sagrifici d’oro e di sangue, vide la patria risorta a libera vita, e portava fede che lo sviluppo civile e politico sarebbe seguito da quello economico, e che i reggitori dello Stato nello amministrare il patrimonio della Nazione si sarebbero rivelati profondi conoscitori della scienza economica e prattici amministratori, onde le tassazioni e. le gabelle moderando avrebbero schiuso alla industria e al commercio più prospero e libero cammino, nè sarebbesi un depauperamento pubblico e privato prodotto, chè, non giova dissimularlo, un immane mostro si solleva gigante innanzi alla Nazione e al Comune — la Miseria. — E per fermo la piaga della mala governativa amministrazione anche a quella municipale si comunica, chè sta tra di loro comunanza di vincolo, epperò non ristaremo noi dal gridare in queste nostre pubblicazioni, che a fine di provvedere agli interessi nazionali e comunali è necessario iscegliere non solo uomini d’intemerata coscienza e di provata onestà, ma nell’arte del ben governare peritissimi e nelle discipline economiche sapientemente e pratticamente eccellenti. — E dei cittadini che al Comunale consiglio di Roma furono scelti, noi presentiamo oggi Remigio Manassei distintissimo nelle legali ed amministrative discipline, e degno quindi di stare alla trattazione degli affari comunali. —

Nacque egli nel 1817 in Civitavecchia da Vittorio Manassei e da Anna Assanti. — Suo padre fu uomo profondo nella scienza di economia e riuscì nell’arte dell’amministrare eccellente. — Nell’anno 1826 con la propria famiglia si trasferì in Roma e vi stabilì sua dimora. — E poiché era preceduto da splendida fama e per la integrità del carattere e per la intemerata onestà e per la sua virtù nelle amministrative discipline, venne perciò immediatamente prescelto siccome agente generale delle proprie fortune da quell’ottimo uomo, che [p. 136 modifica]fu Gio: Tommaso Silvestrelli, ricco ed onesto proprietario e nella negoziatura abilissimo. —

Rifulgendo il Manassei, siccome amministratore, semprepiù di luce bellissima, a lui volle affidata la trattazione dei propri interessi anche il chiarissimo Principe D. Filippo Andrea Doria Pamphili, cui attese con ispeciale sollecitudine e con soddisfacimento gratissimo. — Egli moriva nel giorno 30 aprile del corrente anno 1874, lasciando alla famiglia la più bella eredità che possa desiderarsi nel mondo, qual’è quella di un nome immacolato, e di avere impressa di se memoria carissima in quanti lo conobbero. —

Da tal padre ben discese degnissimo figlio, chè in Remigio furono le virtù paterne trasfuse, e mentre negli studi perfezionò la mente, ebbe il cuore educato a nobili e gentili sensi dalla sua madre, che fu donna virtuosissima, ed il figlio amò con tenera predilezione. —

Remigio Manassei, d’intelligenza acutissima e di felice ingegno, si diè alle scienze legali, e così in quelle emerse, che nel 1838 era nominato procuratore Innocenziano. E tostocbè tale nomina fu a lui conferita, venne dal Silvestrelli, di cui era agente generale il padre, assunto ad assisterlo in tutti gli affari siccome procuratore. — E poiché nel 1846 il proprio genitore recavasi nel principato di Melfi a trattare gl’interessi del Principe Doria, il perchè oragli impossibile occuparsi degli affari del Silvestrelli, questi eleggeva Remigio a surrogarlo nell’amministrazione, chè pur desso erasi, sull’esempio del padre, anche nella economica scienza e nella pratica amministrativa versato. — E così seppe l’amministrazione disimpegnare, che entrò semprepiù nella stima e nella affezione del Silvestrelli, il quale, venuto a morte nell’anno 1853, volle che fra gli amministratori del suo patrimonio e contutori de’ suoi figli fosse puranco il Manassei. —

Volgeva l’anno 1860, quando Luigi il figlio primogenito dell’estinto Silvestrelli, giovane di eletto ingegno e di altissimi sensi, era dal papale governo cacciato in esilio, perciocché amante del proprio paese si era dimostrato apertamente liberale, e patriota ardentissimo. — Esule stabilì sua dimora in Toscana, ove s’ebbe l’onore di essere eletto Deputato al Parlamento nazionale. — Correva l’anno 1867, quando il Silvestrelli assalito da grave malattia, fu il Manassei che ebbe ad assisterlo, e raccolse con immenso dolore l’ultimo sospiro di lui, chè era egli l’amico suo più caro e più intimo, e nell’esilio si parve sempre meglio la corrispondenza che passava fra loro e per patriottici sensi, e per affetti gentili, onde di Roma più volte il Manassei si partiva per recarsi a trovare l’esule amico. — E qui giova notare come per siffatta intimità ed amicizia, e perchè il Manassei non parteggiò mai per [p. 137 modifica]l’oscurantismo, fosse nel 1863 dalla polizia papale fatto segno a persecuzioni e a prigionia. — Imperocché mentre nell’aprile di quell’anno perquisivasi la sua casa, e quella di Augusto Silvestrelli fratello di Luigi, non che le abitazioni di Giuseppe Rossi, degli avvocati Filippo Ricci e Vincenzo Tancredi, che credevansi in intelligenza di cospirazione politica, il solo Manassei era tratto prigione e racchiuso nelle segrete delle così dette Carceri nuove, famose per essere stata quivi detenuta la Beatrice Cenci di pietosa ed infelice memoria. —

Però nel mentre l’arbitrio e la violenza consuraavasi da una polizia reazionaria e fanatica, nulla raccoglievasi contro il Manassei, che anzi per le sue virtù, per i suoi nobili ed ornati costumi, personaggi cospicui e d’ogni partito sorgevano a difesa di lui, e decorsi appena otto giorni di dolorosa prigionia procedeva allo scarceramento, e non restava che il vituperio di memoria sopra di una autorità trascinata a consumare arbitrii e vessazioni dal cieco fanatismo di tiranneggiare. —

Nel 20 Settembre 1870 Roma coronavasi capitale d’Italia e compiutosi il Plebiscito, fu dalla cittadinanza romana al seggio degli avi nostri mandato in Campidoglio anche Remigio Manassei, chè la distinta sua reputazione ne facevano degno. — E di vero in quell’ufficio egli essendo, alla utilità del Comune di proposito attese, e fu sempre sua aspirazione vedere soddisfatti i popolari bisogni e la prosperità pubblica e privata vantaggiarsi. — Nel volgere dell’anno 1870 era colpita Roma da grave sciagura. — Le acque del Tevere inondavano spaventosamente la città. — Istituivasi tosto una Commissione di soccorso, e di questa fu pur chiamato a farparte il Manassei, che di poi ne era anche nominato cassiere. — Non diremo quante fatiche sostenne, quante sollecitudini adoperò, quante premure dimostrò in sollevare le famiglie, che maggiormente dalla inondazione erano state danneggiate, diremo sibbene come egli redigesse quindi e desse alla pubblica luce in grande volume un esatto rendiconto e delle somme raccolte, e dei sussidi apprestati, e con bella e diffusa relazione il rendiconto medesimo accompagnasse. — Fu egli nel comunale consiglio propugnatore fortissimo degli interessi degl’impiegati municipali, e a lui debbesi la definita pendenza sulle pensioni e giubilazioni, che per lunga serie di anni era rimasta in sospeso, e così la sorte avvenire di quegl’impiegati fu migliorata, e nel 1873 ottenne eziandio, dappresso sua ragionata relazione, che andassero tutti gl’impiegati esenti dal pagamento dei rilasci per pensione decorsi a tutto decembre 1869, che avrebbero importato una somma di L. 80792. 10. La Giunta poi ad attestargli la stima in che lo aveva, lo incaricò di compilare in proposito un regolamento, il quale eseguito, fu dal Consiglio approvato. —

[p. 138 modifica]S’istituì in Roma nel 1870 il Circolo legale, ed il Manassei fu meritamente eletto Vice-Presidente, ed in tale carica tutt’ora risiede con generale soddisfazione.

Con regio decreto fu nominato siccome uno dei cinque membri della Camera di disciplina dei procuratori, e ne è stato quindi eletto Vice-Presidente. —

Il governo lo volle poi destinato a far parte della Commissione di stralcio, e poichè in tale ufficio assai benemeritò, così nel 1872 allo sciogliersi di quella Commissione, sulla proposta del Ministro delle Finanze eragli conferita la decorazione della corona d’Italia, che fregiando il suo petto, vorremmo siffatti onori veramente sempre si offrissero a cittadini siccome lui benemeriti. —

Avvegnachè stretto egli sia stato sempre dalle cure amministrative, pure non mai abbandonò la sua professione di procuratore legale, che anzi nel 1848 era egli iscritto nell’albo dei procuratori rotali, imperocchè venne ognorapiò in onoranza, avendo sostenuto con felicità di successo anche questioni gravissime in materia di procedura. E poichè sin dal decembre 1871 si riprodusse innanzi al Parlamento nazionale dal Ministero di Grazia e Giustizia il progetto di legge, con cui si voleva sanzionata la cumulativa delle due professioni, cioè di avvocato e di procuratore, così il Manassei in dotte e splendide relazioni lette ed approvate dal Circolo legale, l’una nell’adunanza del 23 gennaio 1872 e l’altra in quella del 6 novembre dell’istesso anno, confuta e rigetta le ragioni, che si allegavano a sostegno di quel progetto, e prova assai bene che nelle provincie romane la incompatibilità delle due professioni, ammessa da lunghissimo tempo, aveva prodotto in ambedue i migliori effetti. E sebbene i due rami del Parlamento abbiano piuttosto creduto di dare in quest’anno alla Italia le istituzioni, che aveva il solo Ducato di Modena, ammettendo la cumulativa delle due professioni anche nella stessa causa, pure questa risoluzione sarà sempre un paradosso perchè le due professioni furono dichiarate distinte, e offenderebbe ancora tutti i procuratori del Regno e specialmente il ceto dei procuratori romani, se fu presa sul falso supposto che la professione del procuratore sia più meccanica che scientifica.

Il Manassei cuopre di presente anche la carica di Segretario legale presso l’eccellentissimo Principe Doria Pamphili, e ne cura con abilità amministrativa gl’interessi. —

Come consigliere comunale egli deplora tutto quanto può essere contrario allo sviluppo del benessere del popolo, e a far prosperare le condizioni dei propri concittadini — Lo spettro delle grandi passività nelle finanze del Comune vorrebbe allontanato, e da una regolare e prudente amministrazione amerebbe derivasse il mantenimento del patrimonio comunale, e ne scaturisse la comune fortuna. —



Tip. Tiberina Piazza Borghese. Riccardo Fait — Editore