Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Felice Ferri

Felice Ferri

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Alceo Feliciani Marco Boncompagni Ludovisi Ottoboni

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FERRI FELICE


Consigliere Municipale





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re partiti si vennero in Roma contrastando il potere: — il clericale, per tradizione e quasi per prescrizione di signoria, — il repubblicano, per il diritto che dà la coscienza del pubblico bene, — il monarchico costituzionale, per la forza delle cose ed opportunità di circostanze. — Il primo rappresentava l’autocrazia, il secondo il governo popolare, ed il terzo, secondo il detto di Macchiavelli, la transazione fra il primo ed il secondo. — Se si chiedesse ad un popolo, quale sia il miglior governo e quale esso preferisca, risponderebbe sempre «quello che al vivere offre migliori condizioni.» E tale risposta tanto è vera, che all’attuale capo dello Stato si fece un giorno leggere dinanzi alla Camera dei Deputati «i popoli amano le istituzioni in ragione dei vantaggi che queste loro apportano.» — Il popolo difatti, o quella massa che costituisce una nazione, se ha il concetto di una patria, se a questo associa ancora l’idea di una bandiera, di un governo proprio, raro e che più oltre proceda; chè quanto poi riguarda la forma e l’interno ordinamento esso stima e valuta secondo i materiali benefizi che ne ritrae. — L’aristocrazia quindi, o quella parte che per tradizione di sangue trovasi fra le altre precellente, attaccasi sempre alla forma più assoluta di governo, siccome quella che meglio può soddisfare alle esigenze del privilegio a cui essa naturalmente tende; la borghesia, o quella parte che per il denaro sforzasi del continuo di salire, in alto, tende sempre alla forma di governo temperato, poiché partecipando questa del privilegio del nobile e del suffragio del [p. 94 modifica]popolano, dell’uno e dell’altro bisognosa, così con ambedue largheggia, ma la massa nè sa nè può di molto sollevare, e così la strada è aperta alla borghesia la quale vanitosa ed altera spera sempre di sollevarsi fino alla aristocrazia, e tenersi alta tanto da distinguersi e segnare una differenza pressoché assoluta con la classe popolana. — Ed in ogni tempo e luogo, la borghesia apparve e sempre la più infelice nello recare il vero vantaggio alla libertà; che la libertà per essa fu sempre mezzo a montare su, per quanto grande essere dovesse la fatica, affine di ottenere senza merito di tradizione ciò che l’aristocrazia ebbe a conservare per diritto di eredità.

Non è senza ragione che siffatte idee desideriamo spiegate, a luce maggiori di altre che verremo esponendo nello scrivere di uomini i quali per voto popolare furono dopo il 20 settembre 1870 portati in Campidoglio.

In sino ad ora ci troviamo con uomini nel maggior numero devoti allo ordinamento monarchico-costituzionale, forse per intima convinzione o per causa speciale di politica opportunità. — Adesso ci troviamo invece con uno di quelli uomini liberali, i quali anche per poco studiati è impossibile si lascino piegare alle facili lusinghe di beni effimeri, e di fugaci promesse.

Ferri Felice da ricchi genitori nasceva in Frascati nel dì 8 marzo 1828, e passata la famiglia in Roma, quivi compiva i propri studi. — Di spiriti bollenti, la libertà intendendo sotto la sua più esplicita forma, tenne fede nei destini della propria terra, e quanto a buon cittadino conviensi praticando, venne cacciato nel 1860 da Roma; in Napoli rappresentò il Comitato nazionale fino alla catastrofe di Aspromonte, poi in privato vivere al proprio stato provvedendo giunse fino al 20 settembre 1870, e quindi fu eletto membro della Giunta per la città di Roma. — Il miglior quadro che far si possa della sua pubblica vita è l’enumerazione delle sue proposte validamente e con coscienza sostenute.

Così quando il nuovo governo intendeva imporre la seguente formola:

«Colla certezza che il Governo Italiano assicurasse l’indipendenza della Autorità spirituale del Papa dichiariamo la nostra unione al Regno d’Italia sotto il Governo Monarchico Costituzionale del Magnanimo Vittorio Emanuele II e dei suoi Reali discendenti:» esso vi si oppose, ed invece appoggiò l’altra, la quale conservando la sostanza appariva più libera:

«Il popolo romano dichiara di volersi unire all’Italia sotto la monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele e suoi legittimi discendenti, conforme alle aspirazioni nazionali ed ai voti del Parlamento.»

Su ciò che riguardava un veramente libero ordinamento, ecco le varie proposte del Ferri:

«La Giunta per la città di Roma decreta soppressi tutti indistintamente gli ordini religiosi ed incamerati i loro beni: con ulteriori decreti si destinerà [p. 95 modifica]l’uso a cui saranno destinati: con apposito regolamento si provvederà all’esecuzione del presente decreto. — Firmati: B. Odescalchi — V. Ottoni — F. Sforza — P. De Angelis — Felice Ferri.»

Fra libero popolo stimando che libera dovesse essere la parola, propose:

«La stampa è libera, tutte le leggi e le disposizioni speciali esistenti sono abolite, ed i reati che potranno essere co-nmessi sono sottoposti al diritto comune.»

Interessando a tutti il concorso nelle elezioni, voleva si dichiarasse:

1.° «Sono Elettori politici ed amministrativi tutti i nati o aventi legale domicilio non minore di un anno nel territorio delle Provincie Romane, i quali abbiano compiuto il diciottesimo anno. — 2.° «Sono del pari Elettori politici ed amministrativi tutti coloro che hanno ricevuto il diritto di cittadinanza dai Governi Nazionali. — 3.° Sono esclusi dall’essere Elettori politici ed amministrativi, tutti coloro, che hanno perduto per legge i diritti civili, meno per imputazioni politiche e religiose.»

L’istruzione era parte principalissima fra le sue idee, quindi proponeva:

l.° «Sono istituite sei scuole elementari per ciascun Rione della città di Roma, delle quali due dovranno essere per l’educazione e l’istruzione femminile, ed una serale per gli adulti. — 2.° Le leggi e i regolamenti saranno quelli che governano l’istruzione primaria del Regno d’Italia. — 3.° Tutti coloro i quali vorranno insegnare in queste scuole, dovranno presentare non più tardi del 15 ottobre, i documenti che provino la loro idoneità all’insegnamento elementare. — 4.° Questi documenti saranno esaminati da una commissione nominata appositamente dalla Giunta della città di Roma. — 5.° Per coloro ai quali mancassero i documenti che provano l’idoneità all’insegnamento sarà aperta una prima sessione di esami, che avrà principio ai 20 di ottobre. — 6.° Le scuole elementari della città di Roma saranno aperte ai 15 novembre.»

1.° «È istituito un Ginnasio e Liceo di studi classici secondari, che porterà il nome di Lorenzo Valla. — 2.° Le leggi e i regolamenti sono quelli che governano l’insegnamento secondario del Regno d’Italia. — 3.° A coloro i quali aspirano all’ufficio di Professore è aperto un concorso- per titoli, o per esame ai 15 ottobre. — 4.° Sono nominate due commissioni composte ciascuna di tre Professori delle Università del Regno per presiedere al concorso, e riferirne alla Giunta municipale, la quale nominerà definitivameute gli insegnanti. — 5.° È pure istituito un convitto per gli interni che frequenteranno il Ginnasio e Liceo Valla. — 6.° Il convitto e le scuole saranno aperte ai 15 novembre.»

1.° «È istituita una scuola tecnica e commerciale che porterà il nome di Marco Polo. — 2.° Saranno insegnate tutte le discipline, che si connettono con questo ramo d’insegnamento secondario, e le lingue Europee ed Asiatiche [p. 96 modifica]viventi che saranno reputate indispensabili pel commercio italiano. — 3.° Il programma degli studi e del concorso sarà formulato da una commissione di uomini autorevoli e con petenti, i quali saranno pure incaricati di presiedere al concorso e riferirne alla Giunta della città di Roma.»

Abborriva l’assassinio legale e proponeva che anche da Roma partisse la condanna del patibolo, siccome prima parecchie città italiane avevano manifestato il voto su questo atto importantissimo di civiltà:

«La pena di morte è abolita. È sostituita alla medesima la pena della galera perpetua.»

In tutti voleva libera la manifestazione del pensiero entro i limiti legali:

«Il diritto delle associazioni e di riunioni pubbliche senz’armi è riconosciuto.»

Desiderava escluso qualunque privilegio anche se dilicato di credenze:

«Tutti i culti sono eguali avanti la legge.»

Finalmente voleva che realmente il cittadino si riconoscesse libero:

1.° «Le persone e il domicilio sono inviolabili. — 2.° Il potere giudiziario potrà solo nei modi e termini stabiliti dalla legge faro eccezione a questa regola generale. — 3.° Nei casi di flagranza, l’autorità politica potrà solo assicurarsi dell’individuo, il quale sarà immediatamente deferito alla autorità giudiziaria.»

Dopo tale pubblicazione torna inutile qualunque parola del biografo. Il Consigliere Comunale si è scolpito da se, e nulla più resta ad augurarsi se non che in Campidoglio vi sieno uomini indipendenti come il Ferri, e che com’esso sappiano dimettersi quando credono illusoria la libertà che esiste, perchè è scolpita sullo stemma della città di Bologna. — Facile riesce per molti lo aspirare a posti di onoranza, non a tutti poi riesce facile il sapersi in quelli sostenere senza venir meno alle promesse, o lasciarsi accecare dalla ambizione. — Il Ferri un dì rassegnò il proprio mandato per non transigere con la propria coscienza, e di ciò va lodato, mentre si ebbe premio nello avergli gli elettori addossata la rappresentanza presso il Consiglio Provinciale — Intelligente, assiduo, è l’intransigente che sa meritarsi fiducia e stima.

Noi desideriamo che l’opera sua si manifesti sul campo pratico dell’amministrazione, nel quale stanno veramente in germe le speranze di Roma.