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felice ferri

lano, dell’uno e dell’altro bisognosa, così con ambedue largheggia, ma la massa nè sa nè può di molto sollevare, e così la strada è aperta alla borghesia la quale vanitosa ed altera spera sempre di sollevarsi fino alla aristocrazia, e tenersi alta tanto da distinguersi e segnare una differenza pressoché assoluta con la classe popolana. — Ed in ogni tempo e luogo, la borghesia apparve e sempre la più infelice nello recare il vero vantaggio alla libertà; che la libertà per essa fu sempre mezzo a montare su, per quanto grande essere dovesse la fatica, affine di ottenere senza merito di tradizione ciò che l’aristocrazia ebbe a conservare per diritto di eredità.

Non è senza ragione che siffatte idee desideriamo spiegate, a luce maggiori di altre che verremo esponendo nello scrivere di uomini i quali per voto popolare furono dopo il 20 settembre 1870 portati in Campidoglio.

In sino ad ora ci troviamo con uomini nel maggior numero devoti allo ordinamento monarchico-costituzionale, forse per intima convinzione o per causa speciale di politica opportunità. — Adesso ci troviamo invece con uno di quelli uomini liberali, i quali anche per poco studiati è impossibile si lascino piegare alle facili lusinghe di beni effimeri, e di fugaci promesse.

Ferri Felice da ricchi genitori nasceva in Frascati nel dì 8 marzo 1828, e passata la famiglia in Roma, quivi compiva i propri studi. — Di spiriti bollenti, la libertà intendendo sotto la sua più esplicita forma, tenne fede nei destini della propria terra, e quanto a buon cittadino conviensi praticando, venne cacciato nel 1860 da Roma; in Napoli rappresentò il Comitato nazionale fino alla catastrofe di Aspromonte, poi in privato vivere al proprio stato provvedendo giunse fino al 20 settembre 1870, e quindi fu eletto membro della Giunta per la città di Roma. — Il miglior quadro che far si possa della sua pubblica vita è l’enumerazione delle sue proposte validamente e con coscienza sostenute.

Così quando il nuovo governo intendeva imporre la seguente formola:

«Colla certezza che il Governo Italiano assicurasse l’indipendenza della Autorità spirituale del Papa dichiariamo la nostra unione al Regno d’Italia sotto il Governo Monarchico Costituzionale del Magnanimo Vittorio Emanuele II e dei suoi Reali discendenti:» esso vi si oppose, ed invece appoggiò l’altra, la quale conservando la sostanza appariva più libera:

«Il popolo romano dichiara di volersi unire all’Italia sotto la monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele e suoi legittimi discendenti, conforme alle aspirazioni nazionali ed ai voti del Parlamento.»

Su ciò che riguardava un veramente libero ordinamento, ecco le varie proposte del Ferri:

«La Giunta per la città di Roma decreta soppressi tutti indistintamente gli ordini religiosi ed incamerati i loro beni: con ulteriori decreti si destinerà