Biografie dei consiglieri comunali di Roma/Emanuele Ruspoli
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D. EMANUELE DEI PRINCIPI RUSPOLI
Consigliere Municipale
Don Emanuele dei Principi Ruspoli nacque in Roma nel dicembre 1837. - Il padre suo Bartolomeo, siccome uomo di bella mente e di alti sensi fornito, ebbe onori e cariche sotto al pontificato di Gregorio XVI, e questo ebbe a vedersi non solo continuato ma accresciuto quando fatto Papa Mastai-Ferretti con il nome di Pio IX, ai primi moti della rivoluzione cedendo nello intendimento di assecondare i desideri che i popoli siccome stretti bisogni addimostravano, determinossi a secolarizzare in gran parte il proprio governo, quasi che la veste e non l’uomo importasse cambiare nella pubblica amministrazione.
Egli è errore sempre stato quello di considerare gli uomini nell’abito e non nella natura, e così avvenne che si applaudirono individui perchè schiericarono, quantunque nella mente e nel cuore fermi alle abitudini delle primitive credenze in loro connaturalizzate; si applaudirono individui che disertarono ora bandiere ed ora uffici, ma con coscienza sì vaga e con iscopi tali d’interesse da renderli prontissimi a qualunque nuova mutazione; si applaudirono individui che cambiato il collare della toga sentenziarono in obbedienza all’armonia del novello ordinamento, chiamandosi integerrimi e giusti siccome si erano vantati sotto agli altri regimi, pronti a tradire, oggi siccome ieri gli altri tradirono: di questi e simili fatti è ripiena la storia degli ultimi politici rivolgimenti, storia non nuova però, ch’ella è vecchia quanto vecchio è l’egoismo, l’interesse, il calcolo sul proprio bene, non già sul generale principio della morale assoluta. - Ma a che fare quistione di ciò? Vano sarebbe il voler scrivere in sul serio: il mondo va preso come da secoli tanti corre: l’individuo vede secondo il colore della lente chi gli sta davanti agli occhi, e la società stima od avversa secondo la fortuna che ad uno sorride. - Questa agglomerazione di esseri che per istolta pretesa chiamasi società, non è elio un composito di antitesi: conviene guardarla sempre con il cannocchiale a rovescio, chè gramo chi volendo fare il serio la esaminasse con lenti di giusta portata, e peggio se si lasciasse cogliere dal capriccio di osservarla come fa il microscopista coi corpi atomizzabili.
Lasciamo le riflessioni, e ritorniamo al Ruspoli. - Bartolomeo padre di Emanuele non fu uomo che il vivere misurasse dalle accidentalità di una posizione, chè quando intese nell’anima una voce più forte che quella della grandezza dello stato esterno materiale, rinunziato il quieto e lieto vivere, volte le spalle a ciò che di più caro aveva, valichi monti e fiumi, gittossi in campo a combattere i tedeschi ch’erano ricalati per riconquistare le provincie della Lombardia e della Venezia, di dove audacissima la rivoluzione del marzo 1848 aveali cacciati.
Le cose però non volgeano a bene, e se facile fu l’accompagnare gli austriaci capitani con loro truppe all’Isonzo, non così fu facile il tenerneli; chè al volgere del terzo mese molti luoghi aveano ripresi, e già assediavano il monte Berico per guadagnarne le alture, e di là grandinare sulla sottoposta Vicenza le pagine ardenti della voluta capitolazione. - Una battaglia vivissima e feroce difatti colà si accese; non ardimento e valore nei manipoli italiani, non disciplina ed abnegazione nelle schiere tedesche mancarono; rintronarono per lunghissima ora i monti per il fulminare delle artiglierie, rosseggiarono per larghissimo spazio le erbe dei prati e dei campi che fanno tappeto alla bella patria del Palladio; finalmente il tricolore dovette piegarsi dinnanzi all’aquila, e convenne trattare della resa.
Bartolomeo dei Principi Ruspoli aveva combattuto con cuore e da semplice soldato, pure abbenchè schivo di gradi o missioni venne a somma istanza dei propri commilitoni delegato a trattare la resa della città di Vicenza con il generale austriaco D’Aspre. - E dopo quel triste giorno ritornossene a Roma, dove tenne il comando del battaglione Universitario che tanta ed ardita e gloriosa parte ebbe nello difendere la città romulea contro le invasioni degli alleati. - Finita la guerra, vide il Bartolomeo Ruspoli ogni suo impiego occupato; nè di ciò rammaricossi, nè della popolarità che altissima godeva abusossene un istante, chè anzi parecchie volte dal Pontefice pregato a farsi paciere con i Borghigiani, esso, che per i fatti compiuti era festeggiatissimo ed altamente stimato, recossi a lieta ventura il farlo, e spesso fu contento di avere raggiunto lo scopo che ogni buono cittadino può desiderare - l’ordine senza il disordine. A questa scuola nobilissima veniva educato Don Emanuele dei Principi Ruspoli, mentre istruivasi nella Romana Università, e laureavasi nel 1S56. - Nel 1859 emigrava in Piemonte, arruolandosi semplice cannoniere nell’esercito che protetto dai Galli passava il Ticino e conquistava la Lombardia. Nel 1861 era di già capitano nel 9° reggimento di artiglieria, stimato perchè intelligente nell’arma e coraggioso sul campo. - Poco tempo dopo svestì la divisa militare e sposossi alla principessa Conacchi Vagorites Rumena, donna per virtù e per sapere distintissima. - Ebbe da essa cinque figli, ma nel 1870 dovette piangerne l’amarissima perdita.
Nel 1866 era stato aiutante di campo del principe di Carignano, e ne lasciò il posto nel 1868 rinunziando al soldo che gli avrebbe spettato. Nel 1867 inviò lire mille al Comitato per l’insurrezione romana; ma Roma esso non rivide che pochi giorni dopo il 20 settembre 1870, e fu tosto chiamato a far parte della Giunta di Governo. Propugnò calorosamente il diritto degli abitanti della città Leonina perchè entrassero nella famiglia italiana, e protestò, dichiarandosi pronto a dimettersi, ove il gabinetto di Firenze avesse persistito a sostenere la divisione della città per la pontificale supremazia e riconoscimento di una temporale potestà. - Nelle elezioni amministrative riuscì Consigliere, e nelle politiche Deputato di Fabriano, che prescelse sopra un collegio di Roma che lo aveva portato. - Nel Parlamento fu assiduo, spesso parlò felice, ed avrebbe lasciato il suo nome legato alla storia parlamentare con la solenne invettiva dei pretoriani slanciata sotto al ministero Lanza, se più frettoloso che sollecito non avesse nel dì seguente con il fatto smentita la parola pronunziata.
Nel Consiglio Comunale, governando il Grispigni, l’Emanuole Ruspoli fu di coloro che non gli lasciarono requie; lo si disse oppositore sistematico, ma esso aveva piuttosto l’intelligenza e la coscienza che gli chiarivano come con un mezzo uomo fosse impossibile portar vantaggio vero alla città, e ristorare le finanze mentre trasformavasi Roma, e raffermare le istituzioni, quando da chi sta in carica o per insipienza o per imprudente condotta si lasciano dagli arbitri infermare, e dai cittadini cadere in discredito. - Certo fu strano in prima, ma sciaguratamente doloroso poscia, il vedere la città detta in redenzione, fatta palestra di alti pugillatori e di bassi giocolieri, e quale dell’altro più audace o più fortunato sovraimporsi, ed il libito far licito, e tenere ad ultimo pensiero il pubblico bene, insino a che, non dai più elevati reggitori politici, nè dai troppo compiacenti o servi amministrati ponendosi rimedio, vennero in siffatta rotta le pubbliche cose da far dimenticare in Roma e le stoltizie dell’antico consolato e le lusinghe fittizie dei moderni restauratori.
Il Ruspoli in questo mentre attendeva a due fatti che non poterono svolgersi fino a che le sedie curuli del Campidoglio non tennero altrimenti occupate. - Appresso alla morte del Lipari, venne il Ruspoli nominato Generale della Guardia Nazionale in Roma: corpo di lontana speranza ma di presente irrisione, male corrispondendo nella dipendenza dagli uffici di Prefettura e di Questura, e con il ridicolo armamento ai bisogni del tempo ed alla serietà che si pretenderebbe annessa alla istituzione. - Riescirà il Ruspoli a fare per la Guardia Nazionale qualche cosa di vantaggioso? Anche se sì, ciò riguarderà sempre il Generale più che il Consigliere.
Un còmpito altissimo ha piuttosto il Ruspoli dinnanzi. - Chiunque meglio dalla sorte abbia sortito talento e buon cuore, vedesi circondato e stretto da bisogni sommi, da idee bollenti, da esigenze che i tempi ed i modi del vivere giustificano. - E chi porta un nome che è pegno di operosità per le tradizioni, e promettitore di fatti che s’accordino con l’epoca, questi anche se trovasi a disagio ha più stretto il dovere di procurare il bene, chè il bene è ancora desiderio, non potendosi chiamar bene le parvenze con che si vanno coprendo i molti difetti delle istituzioni. - Beneficenza, istruzione, lavoro, ecco la triade di quel risorgimento morale ed economico intorno al quale deve lavorare il Ruspoli, se vuole realmente che il nome nobilissimo della famiglia venga con plauso salutato da chiunque la grandezza del nome misura dalle azioni.
Roma 1873. Tip. Cuggiani, Santini e C.