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d. emanuele dei principi ruspoli

toga sentenziarono in obbedienza all’armonia del novello ordinamento, chiamandosi integerrimi e giusti siccome si erano vantati sotto agli altri regimi, pronti a tradire, oggi siccome ieri gli altri tradirono: di questi e simili fatti è ripiena la storia degli ultimi politici rivolgimenti, storia non nuova però, ch’ella è vecchia quanto vecchio è l’egoismo, l’interesse, il calcolo sul proprio bene, non già sul generale principio della morale assoluta. - Ma a che fare quistione di ciò? Vano sarebbe il voler scrivere in sul serio: il mondo va preso come da secoli tanti corre: l’individuo vede secondo il colore della lente chi gli sta davanti agli occhi, e la società stima od avversa secondo la fortuna che ad uno sorride. - Questa agglomerazione di esseri che per istolta pretesa chiamasi società, non è elio un composito di antitesi: conviene guardarla sempre con il cannocchiale a rovescio, chè gramo chi volendo fare il serio la esaminasse con lenti di giusta portata, e peggio se si lasciasse cogliere dal capriccio di osservarla come fa il microscopista coi corpi atomizzabili.

Lasciamo le riflessioni, e ritorniamo al Ruspoli. - Bartolomeo padre di Emanuele non fu uomo che il vivere misurasse dalle accidentalità di una posizione, chè quando intese nell’anima una voce più forte che quella della grandezza dello stato esterno materiale, rinunziato il quieto e lieto vivere, volte le spalle a ciò che di più caro aveva, valichi monti e fiumi, gittossi in campo a combattere i tedeschi ch’erano ricalati per riconquistare le provincie della Lombardia e della Venezia, di dove audacissima la rivoluzione del marzo 1848 aveali cacciati.

Le cose però non volgeano a bene, e se facile fu l’accompagnare gli austriaci capitani con loro truppe all’Isonzo, non così fu facile il tenerneli; chè al volgere del terzo mese molti luoghi aveano ripresi, e già assediavano il monte Berico per guadagnarne le alture, e di là grandinare sulla sottoposta Vicenza le pagine ardenti della voluta capitolazione. - Una battaglia vivissima e feroce difatti colà si accese; non ardimento e valore nei manipoli italiani, non disciplina ed abnegazione nelle schiere tedesche mancarono; rintronarono per lunghissima ora i monti per il fulminare delle artiglierie, rosseggiarono per larghissimo spazio le erbe dei prati e dei campi che fanno tappeto alla bella patria del Palladio; finalmente il tricolore dovette piegarsi dinnanzi all’aquila, e convenne trattare della resa.

Bartolomeo dei Principi Ruspoli aveva combattuto con cuore e da semplice soldato, pure abbenchè schivo di gradi o missioni venne a somma istanza dei propri commilitoni delegato a trattare la resa della città di Vicenza con il generale austriaco D’Aspre. - E dopo quel triste giorno ritornossene a Roma, dove tenne il comando del battaglione Universitario che tanta ed ardita e gloriosa parte ebbe nello difendere la città romulea contro le invasioni degli alleati. - Finita la guerra, vide il Bartolomeo Ruspoli ogni suo impiego occupato; nè di ciò rammaricossi, nè della popolarità che altissima godeva abusossene un istante, chè anzi parecchie volte dal Pontefice pregato a farsi paciere con i Borghigiani, esso, che per i fatti compiuti