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d. emanuele dei principi ruspoli

era festeggiatissimo ed altamente stimato, recossi a lieta ventura il farlo, e spesso fu contento di avere raggiunto lo scopo che ogni buono cittadino può desiderare - l’ordine senza il disordine. A questa scuola nobilissima veniva educato Don Emanuele dei Principi Ruspoli, mentre istruivasi nella Romana Università, e laureavasi nel 1S56. - Nel 1859 emigrava in Piemonte, arruolandosi semplice cannoniere nell’esercito che protetto dai Galli passava il Ticino e conquistava la Lombardia. Nel 1861 era di già capitano nel 9° reggimento di artiglieria, stimato perchè intelligente nell’arma e coraggioso sul campo. - Poco tempo dopo svestì la divisa militare e sposossi alla principessa Conacchi Vagorites Rumena, donna per virtù e per sapere distintissima. - Ebbe da essa cinque figli, ma nel 1870 dovette piangerne l’amarissima perdita.

Nel 1866 era stato aiutante di campo del principe di Carignano, e ne lasciò il posto nel 1868 rinunziando al soldo che gli avrebbe spettato. Nel 1867 inviò lire mille al Comitato per l’insurrezione romana; ma Roma esso non rivide che pochi giorni dopo il 20 settembre 1870, e fu tosto chiamato a far parte della Giunta di Governo. Propugnò calorosamente il diritto degli abitanti della città Leonina perchè entrassero nella famiglia italiana, e protestò, dichiarandosi pronto a dimettersi, ove il gabinetto di Firenze avesse persistito a sostenere la divisione della città per la pontificale supremazia e riconoscimento di una temporale potestà. - Nelle elezioni amministrative riuscì Consigliere, e nelle politiche Deputato di Fabriano, che prescelse sopra un collegio di Roma che lo aveva portato. - Nel Parlamento fu assiduo, spesso parlò felice, ed avrebbe lasciato il suo nome legato alla storia parlamentare con la solenne invettiva dei pretoriani slanciata sotto al ministero Lanza, se più frettoloso che sollecito non avesse nel dì seguente con il fatto smentita la parola pronunziata.

Nel Consiglio Comunale, governando il Grispigni, l’Emanuole Ruspoli fu di coloro che non gli lasciarono requie; lo si disse oppositore sistematico, ma esso aveva piuttosto l’intelligenza e la coscienza che gli chiarivano come con un mezzo uomo fosse impossibile portar vantaggio vero alla città, e ristorare le finanze mentre trasformavasi Roma, e raffermare le istituzioni, quando da chi sta in carica o per insipienza o per imprudente condotta si lasciano dagli arbitri infermare, e dai cittadini cadere in discredito. - Certo fu strano in prima, ma sciaguratamente doloroso poscia, il vedere la città detta in redenzione, fatta palestra di alti pugillatori e di bassi giocolieri, e quale dell’altro più audace o più fortunato sovraimporsi, ed il libito far licito, e tenere ad ultimo pensiero il pubblico bene, insino a che, non dai più elevati reggitori politici, nè dai troppo compiacenti o servi amministrati ponendosi rimedio, vennero in siffatta rotta le pubbliche cose da far dimenticare in Roma e le stoltizie dell’antico consolato e le lusinghe fittizie dei moderni restauratori.

Il Ruspoli in questo mentre attendeva a due fatti che non poterono svolgersi