Ben Hur/Libro Quinto/Capitolo X
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Traduzione dall'inglese di Herbert Alexander St John Mildmay, Gastone Cavalieri (1900)
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CAPITOLO X.
Il giorno prima dei giuochi, durante il pomeriggio, tutti i beni mobili di Ilderim furono trasportati in città e depositati in un Khan vicino al Circo. I suoi servitori, vassalli armati, cavalli, buoi, pecore, cammelli formavano una lunga processione pittoresca e rumorosa, che destò l’ilarità di quante persone la incontrarono per via. D’altra parte lo sceicco, di solito così irascibile, accoglieva queste dimostrazioni con la massima equanimità e buon umore. Egli pensava infatti, che se, come aveva ragione di credere, egli si trovasse sotto sorveglianza, le spie Romane avrebbero descritto alle autorità, la pompa semi-barbarica con cui era venuto alle corse. I Romani avrebbero riso, la città si sarebbe divertita, e i sospetti si sarebbero acquetati. Il giorno dopo, tutta questa moltitudine di uomini e di animali si troverebbe sulla via del deserto, non lasciando indietro che il solo necessario per il buon esito della gara. Ilderim, con altre parole, stava per partire; le sue tende erano piegate, il dovar era sciolto; in dodici ore ogni cosa poteva mettersi in salvo. Così il vecchio Arabo preparavasi ad un eventuale colpo da parte di Messala.
Nè Ben Hur da parte sua deprezzava l’influenza del suo nemico, quantunque fosse d’opinione che nessun atto d’ ostilità sarebbe avvenuto prima del giorno delle corse. Se Messala vi rimanesse sconfitto, allora c’era d’aspettarsi il peggio. Probabilmente non avrebbe neppure atteso le istruzioni di Grato.
Preparati ad ogni evento, cavalcavano l’uno di fianco all’altro sulla strada per Antiochia. Per via incontrarono Malluch, il quale nè con un segno nè con una parola diede a vedere di conoscere le nuove relazioni sorte fra Simonide e Ben Hur, e dell’accordo fra questi due ed Ilderim. Scambiati i saluti d’uso, estrasse una carta, dicendo allo sceicco:
— «Ecco il programma delle corse, appena uscito; troverai i tuoi cavalli e l’ordine della partenza. Senza attendere, io mi congratulo, ottimo sceicco, della tua vittoria.» —
Volgendosi poi a Ben Hur. — «Anche a te figlio di Arrio le mie congratulazioni. Tutti i preliminari sono stati osservati, ed ora nulla ti impedisce di misurarti con Messala.» —
— «Io ti ringrazio Malluch» — disse Ben Hur.
Malluch continuò:
— «II tuo colore è bianco, quello di Messala porpora ed oro. I ragazzi li vendono nelle strade, e domani ogni Arabo ed ogni Ebreo porterà il tuo distintivo. Vedrai che nel Circo il bianco ed il rosso si divideranno la gradinata» —
— «La gradinata — ma non la tribuna sulla Porta Pompae.» —
— «No; lo scarlatto ed il rosso vi domineranno. Ma se noi vinciamo» — Malluch si struggeva tutto dalla gioia — «se vinciamo, come tremeranno quei signori! Essi scommetteranno tutti per Messala naturalmente, e nel loro disprezzo per tutto ciò che non è Romano, lo quoteranno a due, a tre, a cinque, perchè egli è uno di loro.» — Abbassando la voce continuò. — «Non è bene che un Ebreo di buona fama nel Tempio prenda parte alle scommesse; ma, in confidenza, io avrò, un amico dietro il posto del console, il quale accetterà le loro offerte a due, a cinque, a dieci — la loro pazzia potrà salire fino a questo. Ho messo a sua disposizione seimila sicli.» —
— «No. Malluch» — disse Ben Hur. — «Un Romano non scommette che nella sua moneta. Se trovi il tuo amico questa sera, metti a suo credito quanti sesterzi vuoi. E bada, Malluch — digli di concludere scommesse con Messala ed i suoi amici. I quattro di Ilderim, contro quelli di Messala.» —
Malluch pensò un momento.
— «Il risultato sarà di concentrare tutto l’interesse della corsa sopra voi due.» —
— «E’ proprio quello che desidero, Malluch.» —
— «Vedo, vedo.» —
— «Sì, Malluch, se vuoi aiutarmi, cerca di fissare l’attenzione del pubblico sulla nostra corsa — quella di Messala e la mia.» —
— «C’è un modo» disse Malluch con vivacità.
— «Sia fatto» rispose Ben Hur.
— «Somme enormi offerte in scommesse contro di lui richiamerebbero l’attenzione di tutta la città. Se sono accettate tanto meglio.» — Così dicendo Malluch scrutò attentamente il volto di Ben Hur.
— «Non dovrei io ricuperare parte dei beni di cui mi spogliarono?» — disse Ben Hur quasi fra sè. — «Forse un’altra occasione non si presenterà. E se potessi infrangere il suo orgoglio e rovinarlo nella fortuna, il nostro padre Giacobbe potrebbe aversene a male?» —
Un fermo proposito si disegnò nei suoi maschi lineamenti, e accentuando le parole, continuò: — «Sì, Malluch. Sia così. Non rinculare da qualunque offerta. Se non bastano i sestersi, talenti. Cinque, dieci, venti talenti, se trovi chi li accetta; anche cinquanta, purchè la scommessa sia con Messala.» —
— «E’ una somma ingente» — disse Malluch — «Devo avere garanzia.» —
— «L’avrai. Va da Simonide, e digli che voglio si faccia così, che voglio rovinare il mio nemico, e che una simile occasione non potrà forse offrirsi mai più. — Va, Malluch. Il Signore dei nostri padri è con noi.» —
E Malluch, felicissimo, dopo averlo salutato, fece per andarsene, ma, poi, ravvedendosi, tornò indietro.
— Un’altra cosa volevo dirti, figlio di Arrio. Io non ho potuto avvicinarmi in persona al cocchio di Messala, ma lo ho fatto misurare da un altro. Il mozzo della ruota è un palmo più alto da terra che non il tuo.» —
— «Un palmo! Tanto?» — gridò Ben Hur con gioia. Poi si chinò verso Malluch.
— «Se tu sei figlio di Giuda, Malluch, e fedele alla tua gente, prendi posto nella gradinata sopra la Porta del Trionfo, di faccia ai pilastri, e osserva bene quando facciamo le voltate; osserva bene, perchè se la fortuna mi favorisce, io — No, Malluch, è meglio non parlarne! Soltanto assicurati un posto, e sta attento.» —
In quella un grido sfuggì dalla bocca di Ilderim.
— «Ah, per lo splendore di Dio, che cosa significa ciò?» —
Si avvicinò a Ben Hur indicando il programma.
— «Leggi» — disse Ben Hur.
— «No, leggi tu.» —
Ben Hur prese il foglio, firmato dal prefetto della provincia, quale datore dei giuochi — Avvertiva il pubblico che in primo luogo vi sarebbe stata una grandiosa processione, e che dopo i consueti sacrifici al dio Conso avrebbero avuto principio i giuochi; corse a piedi, salti, lotta, ciascuno nell’ordine in cui dovevano seguirsi — L’elenco conteneva i nomi dei competitori, le loro nazionalità, le scuole donde uscivano, le gare cui avevano preso parte, i premi già vinti, e i premi offerti ora. Questi erano vistosi e scritti in grandi lettere illuminate, testimoniando il tempo trascorso e i costumi mutati da quando la semplice corona di alloro o di pino, bastava al vincitore, assetato più di gloria che di ricchezze.
Su questa parte del programma Ben Hur sorvolò rapidamente finchè arrivò all’annuncio della corsa. Lesse con attenzione. Il colto pubblico era informato che Antiochia avrebbe allestito uno spettacolo non mai uguagliato nella storia. Le feste erano date in onore del Console. Centomila sesterzii e una corona d’alloro formavano il premio. Poi seguivano i particolari. I competitori erano sei, tutte quadrighe, e dovevan partire contemporaneamente.
Eccone la descrizione:
I. Una quadriglia di Lisippo di Corinto — due grigi, un bajo, un morello. Iscritti l’anno precedente in Alessandria e Corinto, entrambe le volte vincitori. Auriga, Lisippo. Colore, giallo.
II. Una quadriglia di Messala di Roma — due bianchi, due morelli; vincitori del Premio Circense nel Circo Massimo. Auriga, Messala. Colore, scarlatto ed oro.
III. Una quadriglia di Cleante Ateniese — tre grigi, un bajo; vincitori nei giuochi Istmici l’anno precedente. Cleante, auriga. Colore, verde.
IV. Una quadriglia di Diceo Bizantino, due morelli, un grigio, un bianco; vincitori l’anno scorso a Bisanzio. Auriga, Diceo. Colore nero.
V. Una quadriglia di Admeto da Sidone — tutti grigi. Tre volte vincitori nello stadio di Cesarea. Admeto, auriga. Colore, azzurro.
VI. Una quadriglia di Ilderim, sceicco del deserto — Tutti baj; prima corsa. Ben Hur, Ebreo, auriga. Colore, bianco.
Ben Hur, Ebreo, auriga!
Perchè quel nome invece di Arrio? Ben Hur alzò gli occhi a quelli di Ilderim. Era stata questa la causa dell’esclamazione dell’Arabo. La medesima idea balenò al cervello di entrambi.
Quella era la mano di Messala!