Autobiografia (Monaldo Leopardi)/Capitolo VII

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VII.

Don Giuseppe Torres mio precettore.

Il mio buon Ferri mi insegnò un po’ d’alfabeto, e poi don Francesco Micheloni incominciò ad erudirmi nella lingua latina, e don Giobatta Damanti venne insegnandomi a scrivere. La mia Madre però e li miei zii avendo determinato di educarmi in casa pensarono alla scelta di un Precettore e lo cercarono fra gli ex-Gesuiti spagnuoli che espulsi dalla Patria loro abondavano nel nostro Stato. In quel tempo le reliquie disperse di quell’ordine illustre e straziato erano l’ordinario rifugio di chiunque cercava un uomo saggio dotto e dabene, ed è incredibile quanto vantaggio recassero alle nostre provincie questi esuli rispettabili. A me toccò don Giuseppe Torres nato gentiluomo in Veracroce nell’America settentrionale il dì 25 febbraio dell’anno 1744. Questo è stato non già il mio precettore soltanto, ma il mio Padre ed amico, e a lui devo la mia educazione, i miei principî, e tutto il mio essere di cristiano, e di galantuomo. Lo ho amato sempre, onorato e rispettato finchè dopo di essere vissuto con me trentasette anni, morì fralle mie braccia il giorno 14 novembreov [p. 8 modifica]del 1821. Tuttavia si renda onore alla verità, e si avvertano i Padri suoi molti requisiti che devono ricercarsi nell’Institutore della gioventù. L’ottimo Torres fu l’assassino degli studî miei ed io non sono riuscito un uomo dotto, perchè egli non seppe studiare il suo Allievo, e perchè il suo metodo di ammaestrare era cattivo decisamente. Si conoscerà da quanto andrò soggiungendo.