Atlante Astronomico/IV. Le Comete
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IV. - LE COMETE.
1. Il giorno 2 giugno del 1858 fu trovata in cielo una cometa, che rimase visibile dagli orizzonti terrestri fino al primo marzo del 1859 (Cometa Donati). Durante la sua lunga apparizione prese aspetti diversi. Dapprincipio fu bianca, tonda, piccola, a contorno irregolare, telescopica ossia visibile solo ad occhi armati di cannocchiale. Verso la fine dell’agosto divenne visibile ad occhio nudo, e la forma sua fu quella di un disco circolare risultante di due parti ben distinte, l’una centrale, lucentissima (nucleo), l’altra (chioma) tenue, diffusa, pallida, svolgentesi come aureola attorno alla prima. Nei primi giorni di settembre, la chioma cessò d’essere simmetrica attorno al nucleo, prese ad estendersi nella direzione opposta al Sole, e a formare lungh’essa una striscia nebbiosa, diffusa, tenue (coda) il cui splendore, sempre più debole a distanze crescenti dal nucleo, finiva per perdersi nella luce generale del cielo.
La Cometa Donati (tav. XX) parve allora completa, formata di nucleo, chioma e coda. A poco a poco la coda si spinse a distanze sempre maggiori dal nucleo e diventando lunga s’incurvò; crebbe fino a misurare il giorno 5 di ottobre (tav. XX) 35 gradi, fino a misurarne 60, la terza parte del grand’arco celeste che posa sull’orizzonte, il giorno 10; in un sol giorno la lunghezza sua salì da 35 a 50 gradi, in meno di tre, dal 12 al 15 di ottobre, discese da 45 a 15; diminuì in seguito a gradi a gradi fino a sparire fra il 3 ed il 6 di dicembre, ed allora la Cometa ridivenne telescopica.
Nel 1861, in sul principiare di giugno, a Sydney, a Santjago, a Rio de Janeiro, a Williamstown fu veduta una splendida Cometa, la cui coda misurava 30 gradi il giorno 7, 40 il giorno 11. Si muoveva rapidissimamente attraverso le stelle del cielo, e il giorno 30 di giugno, scomparsa agli osservatori dell’emisfero australe, sorse improvvisa sopra gli orizzonti di Europa, e si mostrò in tutto il suo splendore straordinario la sera, tosto tramontato il Sole. Quel giorno ad Atene (tav. XXI) il capo suo apparve grande come la Luna; la sua coda prese 120 gradi, due terzi dell’arco di circolo massimo del cielo apparente; tanta fu la sua luce, che produsse ombra.
Nel 1880 il giorno 2 di febbraio apparve improvvisa in cielo, cessato il crepuscolo, una grande Cometa. Il suo capo toccava l’orizzonte ad occidente, la sua coda si ergeva diritta da esso e si proiettava sul fondo del cielo come un immenso arco di luce. Prendeva 40 gradi del cielo, ed era, in tutta la sua lunghezza, larga tre volte circa il diametro lunare apparente; aveva una luce uniforme, non viva, in tutta la sua estensione. Poco mutò nei giorni seguenti; il 14 la coda sua era ancor lunga 37 gradi, la chioma appariva come una massa bianca ed informe; il 19 tutto era mutato; e chioma e coda appena si potevano discernere, da un occhio esercitato ed armato di cannocchiale, sotto forma di una pallida macchia bianca.
Di queste grandi comete molte ne potrei enumerare, e il nostro secolo, oltre alle descritte, vide quelle del 1807, del 1811, del 1835, del 1843, del 1862, del 1874, del 1881, del 1882. Non tutte le comete però raggiungono sì grande splendore. Molte, la più gran parte anzi, sono invisibili ad occhio nudo e telescopiche; ma splendenti furono tutte quelle registrate dalle cronache, e vedute a cominciare dall’antichità fino all’invenzione dei cannocchiali (secolo decimosettimo). Splendenti furono le comete degli anni 480, 431, 410, 373, 348, 118, 86, 44 avanti Cristo; splendenti furono quelle degli anni 69, 400, 875, 1402, 1456, 1472, 1577, 1585, 1607, 1618, 1619 dell’Era volgare.
Sono tutte comete che colla loro massa apparente hanno occupato grandi tratti di cielo, che col loro splendore hanno per un momento offuscato tutti gli astri. Tutte mostrarono apparenze speciali, pur tutte avendo una fisonomia stessa, quasi di famiglia; le une bianche come d’argento, le altre rosseggianti, sanguigne; le une diritte come una lama di stilo, le altre curve come una scimitarra; le une sottili e lunghe, le altre corte e larghe; le une di larghezza uniforme, le altre aperte a mo’ di ventaglio; tutte grandi però, tutte splendenti, fantastiche e trasformantisi con rapidità. Sono corpi fatti apposta per affascinare; niente vi era là dove repentemente esse vennero a mostrarsi; nulla rimane della loro massa apparentemente grande, nulla della loro luce potente; sono tutto un arcano. Qualcosa di transumano soltanto può svolgere in un istante tanta luce, tanto splendore, spegnere in pochi giorni un incendio sterminato.
2. Nucleo e chioma formano il capo delle comete. Nell’interno della massa bianca e pallida, onde questo capo risulta, splende in generale di luce viva, quasi di stella, un dischetto di diametro variabile e di difficile misura. È il nucleo, e i disegni nella parte inferiore delle tavole XX e XXI, e quelli della tavola XXII ne dànno esattamente l’idea. Non tutte le comete presentano un vero nucleo stellare, molte hanno verso il loro mezzo una semplice condensazione di luce, poche mancano anche di questa e si presentano come un informe ammasso vaporoso; altre, quasi per compenso, la Cometa Brorsen fra esse (tav. XXII), mostrano parecchi punti d’apparenza nucleare.
È poco probabile che i nuclei delle comete sieno masse solide e compatte, tanto grandi sono i cambiamenti, tanto repentine le trasformazioni osservate in essi. Non è ancora abbastanza dimostrato che essi sieno assolutamente fluidi e trasparenti; certo è solo che la loro densità è limitata, e che, attesa la loro dimensione sempre piccolissima rispetto a quella dell’insieme che forma le comete, limitata ne è pure la massa.
3. Attorno al nucleo si svolge la chioma, la quale costituisce la parte essenziale e caratteristica delle comete, quella da cui esse presero il nome. Si sono vedute comete senza traccia di nucleo; moltissime comete, la più gran parte delle telescopiche, passano senza mostrar coda, ma comete senza chioma non furono mai osservate. Le chiome hanno struttura irregolare e mutabile, nè mai appaiono uniformemente luminose, o mostrano nella massa loro quei rapporti di intensità di luce che potrebbero spiegarsi prospetticamente, e risultare da ciò che noi le vediamo, non quali sono nello spazio, ma proiettate sul fondo del cielo. Attraverso alle chiome di alcune comete si sono viste stelle non punto affievolite; la luce delle stelle, attraversandole, o non subisce deviazione (rifrazione) o ne subisce una minima. Sulla Terra non conosciamo gas tanto tenue che non abbia influenza sulla luce che lo attraversa; più tenui che il nostro più tenue gas sono probabilmente tutte le chiome delle comete.
4. I nuclei e le chiome passano talora, specialmente nelle grandi comete, per isconvolgimenti profondi, e quali appena si potrebbero immaginare. Nella Cometa di Halley, apparizione del 1835, fu vista effluire dal nucleo verso il Sole materia luminosa, disporsi a ventaglio intorno ad esso nucleo, e generare un immenso settore quasi di circolo, che prese in seguito ad oscillare come un pendolo. Il capo della Cometa Donati presentò, sovratutto in ottobre, uno spettacolo straordinario (tav. XX). Al suo nucleo, dalla parte del Sole, aderiva un inviluppo lucido, non uniformemente splendido, a forma di ventaglio ed a struttura irregolare; succedeva ad esso una fascia o zona oscura, ed a questa un secondo inviluppo luminoso e del primo meno splendente; una seconda fascia oscura abbracciava questo secondo inviluppo, e al di là di essa veniva un ultimo inviluppo nebbioso, tenue, diffuso, che si perdeva presto nel fondo oscuro del cielo. Il numero di questi inviluppi crebbe fino a quattro, e gli inviluppi successivi non si disposero sempre in modo identico e simmettrico rispetto al nucleo. Qualche cosa di analogo nelle sue linee generali, ma di interamente diverso nei dettagli presentarono tutte le grandi comete, quelle ad esempio del 1881 e del 1882, la Cometa 1861, II (tav. XXI), la 1862, II (tav. XXII), così l’una e l’altra indicate per ciò che, quando in un anno si osservano più comete, le si distinguono aggiungendo alla data dell’anno i numeri romani I, II e via.
Non sarebbe possibile ridurre a sistema i fenomeni presentati dai nuclei e dalle chiome cometarie; in una stessa cometa gli uni e le altre passano per le più strane trasformazioni, ed in alcuni momenti la loro massa, tutta sossopra, prende un aspetto caotico; da una ad un’altra cometa gli uni e le altre variano indefinitamente.
5. Le code delle comete si distaccano dalle chiome, e si spingono addentro allo spazio nella direzione della retta, che congiunge il Sole alla cometa (raggio vettore), dalla parte al Sole opposta. Questo corrispondersi delle code delle comete e del prolungamento del loro raggio vettore non va preso in senso letterale, ma interpretato largamente, come qualche cosa che dà un’idea della posizione generale delle code nello spazio. In alcune comete le code non poco deviano dal raggio vettore, ed in generale esse non si svolgono secondo linee rette, ma secondo curve più o meno sentite, e disposte in modo da rivolgere la loro concavità verso la regione dello spazio che la cometa, muovendosi, abbandona.
Talora più code furono osservate in una stessa cometa (tav. XX, XXI). Fra tutte maravigliosa apparve la Cometa del 1744, la quale mostrò sei code, ciascuna larga 4 gradi in media, e lunga fra i 30 ed i 45. Nel loro insieme queste code prendevano sul contorno del capo della Cometa, opposto al Sole, un arco di circa 60 gradi; ad una ad una avevano contorni proprii e decisi, ed erano dalle contigue Cometa 1858 VI (Donati) nel momento del suo massimo splendore (5 Ottobre). Capo della Cometa Donati visto con un forte cannocchiale nei giorni 2 e 10 Ottobre 1858. separate per mezzo di spazii perfettamente oscuri. Pareva che una coda enorme, larghissima alla base, si staccasse dalla chioma, e quindi, tagliata in 6 rami principali, si spingesse divergendo nello spazio.
La Cometa del 1823 (tav. XXII) verso la fine del gennaio del 1824 mostrò due code, inclinate fra loro ad un angolo di 160 gradi, e quindi così disposte, che mentre l’una, normale, era opposta al Sole, l’altra, secondaria, ver esso era rivolta. Nella Cometa 1862, II (tav. XXII) i due rami della coda parevano attorcigliarsi, intrecciarsi l’un l’altro; nella Cometa 1874, III (tav. XXII) la coda lunga e diritta si allargava verso il mezzo della sua lunghezza per un certo tratto, e assumeva l’aspetto di un grande fuso. Sarebbe opera vana descrivere ad una ad una le code vedute, tale delle forme loro è la varietà, e tanto da esse potrebbe ne’ suoi dettagli differire la coda della prima cometa avvenire.
Le code verso l’estremo lontano dal nucleo generalmente si allargano; quelle sottili, strette e non divergenti sono rare. La loro massa appare talora in preda a commovimenti strani, e soggetta a variazioni rapide. Le loro dimensioni apparenti sono diversissime da una ad un’altra cometa; nell’una tozze e larghe e corte, nell’altra lunghissime ed estese a gran parte del cielo, a 60 gradi di questo come nella Cometa del 1456, a più che 100 come nella Cometa del 1618. In una stessa cometa la lunghezza della coda passa per valori molto diversi; in qualche giorno da pochi gradi sale ad occupare una parte sensibile del cielo, e questa lunghezza apparente, quando vien tradotta, tenendo conto della distanza della cometa dalla Terra, nella lunghezza reale, supera non di rado la potenza della nostra fantasia, supera, come nella Cometa del 1664, i cento milioni di chilometri. Lunghesso l’asse longitudinale delle grandi code si ha sempre minor splendore, anzi talora una riga perfettamente oscura (tav. XX); le code appaiono longitudinalmente divise, formate da due rami diversamente luminosi, aventi amendue uno splendore decrescente dall’esterno all’interno, quasi fossero grandi coni, cavi, vaporosi, trasparenti e dotati di una debole luce propria.
6. Le comete vanno pel cielo senza direzione apparentemente determinata; alcune si muovono da mezzogiorno verso settentrione, altre da nord verso sud; alcune vanno da oriente ad occidente, altre in una direzione affatto opposta; moltissime prendono direzioni intermedie a queste principali. Non si muovono in modo uniforme e costante; a tratti accelerano, a tratti ritardano il loro movimento. Qualche volta cambiano anche bruscamente di direzione, e tale che tendeva verso oriente, si arresta, declina a mezzogiorno, riprende infine suo cammino verso occidente. Pare che esse errino a caso attraverso alle stelle del cielo, ma l’apparente confusione del loro andare è una conseguenza del loro movimento reale, combinato con quello contemporaneo della Terra, ossia dell’occhio dell’osservatore.
Le comete si muovono attorno al Sole così come i pianeti; le orbite loro sono come quelle dei pianeti ellittiche; il Sole è posto in un fuoco comune alle orbite degli uni e delle altre, e fra tutte queste orbite non v’è che differenza di eccentricità. Mentre i pianeti si muovono in orbite prossimamente circolari (tav. XIV-XV), pochissimo e solo mediocremente eccentriche, le comete si muovono in orbite fortemente ellittiche ed eccentriche, in orbite tali cioè, che il Sole occupa in esse una posizione dissimetrica, assai lontana dal punto centrale. Le orbite dei pianeti quali più quali meno si rassomigliano, e coi loro piani poco si discostano da quello dell’eclittica; i piani dell’orbite cometarie prendono tutte le posizioni possibili nello spazio, e nel proprio piano ogni orbita si dispone diversamente rispetto al Sole.
Le comete, per la massima parte, sono visibili solo in quel tratto della loro orbita, che è più prossimo al Sole; nei rimanenti tratti si allontanano tanto da questo che diventano invisibili; il breve tratto prossimo al Sole dell’orbita loro fortemente ellittica può, poche eccezioni fatte, essere scambiato con un tratto di parabola, avente ancora il Sole per fuoco. Le comete, appunto per la natura e varietà delle orbite loro, si avvicinano qualche volta molto al Sole. La Cometa 1882, I (Wells) passò il 10 di giugno a 9 milioni di chilometri dal Sole, 1/6 circa della distanza media che dal Sole separa Mercurio; la grande Cometa del 1882 (Cometa 1882, II) passò il 17 settembre, giorno della sua minima distanza dal Sole, a poco più di un milione di chilometri da questo, non lo urtò, ma per un giorno affogò, uscendone incolume, nel profondo strato di luce che circonda il Sole. Le comete, sempre per la natura e varietà delle orbite loro, si avvicinano qualche volta molto alla Terra. La grande Cometa 1874, III (tav. XXII) passò nel luglio sì vicino alla Terra, che per poco questa non rimase dalla sua coda avvolta, e nulla vieta a pensare che altre comete possano avvicinarsi alla Terra assai di più, rasentarla, scontrarla anche.
7. Non tutte le comete hanno orbite tanto ellittiche da spingersi nel loro afelio a distanze indefinite dal Sole, molto al di là dell’orbita di Nettuno e dei confini noti del Sistema planetario. Non tutte le orbite cometarie rassomigliano a quella delle Comete del 1843 e del 1880 (tav. XIV-XV). Vi sono comete che si muovono entro orbite relativamente anguste e di dimensioni paragonabili a quelle dei pianeti. Esse, pur diventando, come le altre, visibili solo quando percorrono il tratto di loro orbita più vicino al Sole, ripassano per questo tratto a non lunghi intervalli di tempo, ridivenendo periodicamente visibili. Le si dicono appunto per ciò periodiche, ed in questo momento il numero loro sale alla dozzina.
La prima cometa che siasi riconosciuta periodica è quella celebre di Halley, la quale nelle sue apparizioni diventa visibile ad occhio nudo, e riappare a periodi di 75 anni circa. Di essa si hanno osservazioni attendibili per le apparizioni degli anni 1456, 1531, 1607, 1682, 1759, 1835, si aspetta il ritorno nel maggio del 1910 e nella tavola XIV-XV si riproduce l’orbita. La tavola stessa contiene le orbite di alcune fra le altre comete periodiche, della Cometa di Olbers con periodo di 72,6 anni, della Cometa 1866, I con periodo di anni 33,2, della Cometa D’Arrest con periodo di poco più che sei anni, della Cometa Winnecke con periodo di 5,5 anni, della Cometa Faye con periodo di 7 anni, della Cometa Biela con periodo di 6 anni e mezzo, della Cometa Encke con periodo di tre anni e un terzo. Anche la Cometa Brorsen (tav. XXII) appartiene alle comete di breve periodo, compiendo essa una rivoluzione in 2032 giorni, poco più di cinque anni e mezzo. La Cometa Encke, di cui l’aspetto telescopico nelle apparizioni del 1828 e del 1871 è dato dalla tav. XXII, fu già osservata in 24 delle sue apparizioni. La Cometa Biela fu vista nelle sue apparizioni del 1772, del 1806, del 1826, del 1832, e la sua massa telescopica non presentò mai fenomeni degni di menzione speciale. Durante la sua apparizione del 1845-46 improvvisamente si sdoppiò (tav. XXIII), pur non mostrando notevoli perturbazioni di moto; nel 1852 le due comete gemelle, frammenti della primitiva Cometa Biela, tornarono a riapparire, seguendo la strada preventivamente determinata dal calcolo, ma erano in quell’anno assai deboli e la reciproca distanza loro era aumentata d’assai (tav. XXIII); dopo il 1852 la Cometa Biela avrebbe dovuto riapparire cinque volte, ma ogni volta fu cercata invano, sicchè della sua sparizione non si può oramai più dubitare.
8. Le comete, per la natura delle orbite loro, sono a distanze dal Sole successivamente diverse; per un certo tempo gli si avvicinano, raggiungono una distanza minima (perielia), indi se ne allontanano. Le comete divengono visibili nel tratto della loro orbita attigua al perielio. Alcune cominciano ad apparire a qualche distanza dal perielio, e, oltrepassatolo, continuano a mostrarsi per qualche tempo; altre appaiono quando già sono al perielio vicinissime, e in generale si lasciano poi vedere per breve tempo.
Tutte le comete indistintamente acquistano maggior splendore durante il passaggio al perielio, sicchè, conosciuti gli elementi determinanti l’orbita di una cometa, si possono preventivamente calcolare le fasi della sua intensità luminosa. Par quasi che questa in tutte le comete si esalti al loro avvicinarsi al Sole, le telescopiche divenendo assai più splendenti, le maggiori gettando fuori le loro code, ora a gradi a gradi, ora repentemente, mostrando nella loro massa sconvolgimenti grandiosi e stupefacenti.
9. Le comete splendono in parte per luce riflessa imprestata dal Sole, in parte per luce propria, che ha i caratteri della luce emessa dai gas o vapori incandescenti. La luce delle loro chiome, esaminata allo spettroscopio, si risolve infatti in un debole spettro continuo difficilissimo a vedersi, associato ad uno spettro marcato, discontinuo (tav. XXIII, fig. 1 e 2), costituito da tre bande o striscie luminose, una gialla, l’altra verde, la terza azzurra, separate da larghi intervalli apparentemente oscuri, spettro quest’ultimo che è appunto proprio di masse gassose portate allo stato di incandescenza, o di luminosità propria. Per gran tempo tutte le comete osservate diedero lo stesso spettro (spettro 1 e 2 della tav. XXIII), e, poichè questo spettro è identico a quello degli idrocarburi, se ne inferì che le comete tutte sono probabilmente formate dagli identici materiali, e che in esse poverissima è la varietà dei materiali stessi.
La Cometa 1881, I e la grande Cometa del 1882, che tanto, come si disse al paragrafo 6, si avvicinarono al Sole, vennero a modificare le idee universalmente accettate sugli spettri cometari. Nello spettro della prima, essendo essa vicinissima al perielio, comparvero distinte le righe lucide del sodio incandescente, le solite bande impallidirono fino a sparire, e al posto di esse si ebbe uno spettro continuo (tav. XXIII, fig. 3). Nello spettro della Cometa 1882, II, appena ebb’essa passato il perielio, comparvero distintissime molte righe lucide, fra le altre quelle del sodio ed alcune del ferro, ed insieme ad esse uno spettro continuo distinto (tav. XXIII fig. 4); allontanatasi la Cometa dal perielio, impallidirono e presto sparvero sì le righe lucide che lo spettro continuo, per dar luogo allo spettro ordinario delle comete. La complessità dei materiali, onde le comete risultano, ottenne per tal modo una dimostrazione inappellabile, e se lo spettro in generale non l’accusa, ciò avviene perchè raramente l’azione del Sole sovra i materiali stessi raggiunge il necessario grado di intensità.
10. Si può oramai affermare che le code delle comete sono formate di materia, la quale, sebbene tenuissima, obbedisce alle leggi ordinarie del movimento, e si può, non senza fondamento, ritenere ancora che esse sono prodotte da una ripulsione, probabilmente elettrica, esercitata dal Sole sulle particelle loro. Sovra questi principii si fonda una teoria delle code cometarie elaborata da Bredichin, ed appoggiata anche dalla complessità dei materiali delle comete, di cui si trattò nel paragrafo 9. Secondo questa teoria, le comete, avuto riguardo alla forza di ripulsione che sovr’esse esercita il Sole, si possono tutte ridurre a tre classi.
Nelle comete della prima classe la forza ripulsiva del Sole è 14 volte più grande della sua attrazione; le code di queste comete sono diritte e lunghissime. Nelle comete della seconda classe la forza ripulsiva del Sole è di poco superiore alla sua attrazione; caratteristiche di queste comete sono code corte, larghe, a ventaglio. Nelle comete della terza classe la forza ripulsiva del Sole assume valori che oscillano fra uno e tre decimi della sua forza d’attrazione; le code di queste comete sono getti brevi, fortemente incurvati, a contorni netti e decisi. Le code della prima classe risultano da idrogeno, quelle della seconda classe sono formate da idrocarburi, il Grande Cometa 1861, II quale apparve il 30 di Giugno. Capo della Cometa 1861, II quale sotto forti ingrandimenti apparve nei giorni 30 di Giugno e 2 di Luglio. Cometa Encke nell’anno 1828. Cometa Encke nel Dicembre 1871. Cometa Brorsen nel Maggio 1868. Cometa del 1823 verso la fine del Gennaio 1824. Cometa 1862, II quale apparve il 27 di Agosto. Cometa 1874, III (Coggia) verso la metá di Giugno. ferro costituisce il materiale delle code appartenenti alla terza classe; in ciascuna delle classi l’idrogeno, gli idrocarburi, il ferro possono essere rispettivamente sostituiti da altri materiali di analogo peso atomico.
Non di rado alcune comete, le grandi sovratutto, presentano code complesse, formate di code caratteristiche di ciascuna delle classi enunciate. Sono comete formate di materiali diversi, sui quali il Sole esercita una diversa azione ripulsiva, sono comete a costituzione complessa, e che in sè radunano i materiali di tutte le altre.
11. Tutto quello che sappiamo delle comete porta a pensare che la materia nelle chiome e code loro è tenuissima; tutto quello che l’esperienza e il calcolo insegnarono sul moto delle comete e dei pianeti porta a dire che la massa delle comete è molto piccola.
La Cometa di Lexell attraversò due volte, nel 1767 e nel 1779, il Sistema di Giove e de’ suoi satelliti, ed ogni volta impiegò quattro mesi circa ad uscire dalla sfera di attrazione del potente pianeta. Il suo movimento ne fu perturbatissimo, ma neppur traccia di una debole alterazione fu notata nel corso dei quattro satelliti di Giove. La Cometa stessa si avvicinò d’assai alla Terra, e nel luglio del 1770 la sua distanza da questa non fu che sei volte quella della Luna. Se la massa sua fosse stata uguale a quella della Terra, essa avrebbe allungato il nostro anno di 2 ore e 47 minuti; non produsse nel fatto variazione sensibile, e la massa della Cometa di Lexell non può essere stata neppure la cinque millesima parte di quella della Terra.
La Cometa di Halley ebbe dall’azione perturbatrice di Saturno ed Urano modificato di più che un anno il periodo della propria rivoluzione, ma la sua reazione sui pianeti stessi fu insensibile. Tutte le comete periodiche hanno le loro orbite perturbate dall’azione dei pianeti del Sistema solare, ma nessuna di esse reagisce in modo sensibile sul movimento di questi.
Delle comete osservate la maggior parte ha un perielio che cade nello spazio fra il Sole e la Terra, per pochissime il perielio cade fra Marte e Giove poco al di là di Marte, per nessuna al di là di Giove. Non c’è ragione di pensare che comete non debbano esistere con perielio negli spazii interplanetarii fra Giove e Nettuno; solo è logico ritenere che comete tali troppo distano dal Sole per diventar visibili dalla Terra. Le comete osservate sono oramai a centinaia, e il numero loro cresce ogni anno; durante l’intero secolo decimosettimo si hanno notizie di sole 27 comete viste; altrettante comete in media si osservano ora in meno di 4 anni. Un facile calcolo di probabilità, partendo dal numero delle comete note ed osservate e dalla relativamente angusta plaga di spazio da esse occupata, guida per induzione al numero delle comete verosimilmente esistenti, numero che sale, non è lecito dubitarne, a milioni.
I movimenti dei pianeti non dànno indizio della massa di sì numerose comete. Tutte le comete esistenti, le note e le ignote, non fanno insieme una massa perturbatrice, la cui azione basti a diventar sensibile ai mezzi di osservazione più perfezionati. La perturbazione prodotta da ogni singola cometa è insensibile affatto, la sua massa per conseguenza debole, tenuissima. Certo sarebbe esagerazione dire che le comete son un nulla che può diventar visibile, ma è rigoroso dire che, quanto a massa, una cometa è poco più che nulla.
12. Per qualche tempo si pensò che le comete sono piccole masse erranti fra stella e stella, e che esse allorchè pervengono nella parte dello spazio, dove l’attrazione del Sole è predominante, prendono a descrivere orbite speciali attorno al Sole, divenendo così a noi visibili. In questa ipotesi le comete sono corpi originariamente estranei al Sistema solare, attratti nell’interno di esso dalla massa potente del Sole.
Si ritiene ora dai più che le comete formano fra le stelle fisse e gli altri corpi estraplanetarii un sistema distinto, di cui tutti i membri accompagnano il Sole nel suo moto proprio attraverso gli spazii stellati (capitolo VI, paragrafo 13). In questa ipotesi le comete non sono corpi estranei al Sistema solare, ma accompagnano da ogni tempo il Sole e tutti i pianeti in quel movimento di traslazione attraverso agli spazii indefiniti del cielo, cui le osservazioni hanno con ogni rigore dimostrato, e allorquando, per essere esse più o meno veloci del Sole, raggiungono una maggior vicinanza a questo, prendono a descrivere, da esso attratte, orbite quasi paraboliche e in esse divengono a noi visibili.
13. La massa delle comete è nelle vicinanze del Sole in preda a grande agitazione, e i fenomeni in essa massa osservati, sovratutto il formarsi delle code, portano a pensare che una parte di essa sia ad ogni passaggio pel perielio, sottratta all’attrazione del nucleo. È difficile immaginare in qual modo le particelle lanciate, nella formazione delle code, a milioni di chilometri dal nucleo possano in seguito tornare ad aggrupparsi intorno al medesimo; pare piuttosto che esse vadano disperse nello spazio, e che per tal modo la massa delle comete soffra una diminuzione continua e progressiva. Le dimensioni dei nuclei diminuiscono difatti dopo il passaggio delle comete al perielio; la Cometa periodica di Halley apparve ad ogni ritorno sempre meno splendente, e seguita da code sempre minori; la Cometa periodica di Encke diventa di volta in volta più difficile ad osservare.
Non è quindi senza fondamento il pensare, seguendo l’associazione naturale delle idee, che le comete, dopo una lunga successione di rivoluzioni, debbano ridursi al nulla, e che questo debba avvenire di tutte le comete periodiche, e specialmente di quelle a breve periodo, è opinione oggi molto accetta. La Cometa periodica De-Vico disparve senza lasciare traccia di sè; di altre comete periodiche, il ritorno, precalcolato con ogni precisione, fu invano atteso, e molto probabilmente la massa loro andò dispersa nello spazio. La Cometa Biela fu vista rompersi in due, e dopo qualche tempo cessò le apparizioni sue; altre comete furono vedute sdoppiarsi, rompersi anzi in più frammenti, la telescopica Cometa 1889, V fra le altre; di parecchie comete può dirsi che formarono altra volta un unico corpo, sì perfetta è l’analogia dei loro rapporti geometrici, e tutti questi fatti rendono probabilissimo quello della dispersione continua e progressiva della materia delle comete.
14. La scienza co’ suoi studi intorno alla costituzione fisica, al moto, al numero delle comete è riuscita a sfatarle. Astri terribili furono esse per lunghi secoli ritenute, presso i Greci, presso i Romani, in Europa ancora nel secolo decimosesto.
Le comete, si disse e si credè fermamente, sono segnali precursori di sventure umane, avvertimenti degli Dei corrucciati, indizii dell’ira di Dio. L’umanità si è oramai persuasa che dagli astri non deve temere nè guerre, nè rivolgimenti sociali, nè altre simili calamità, delle quali così le cause come i rimedii essa deve sovratutto e solo cercare in sè medesima.
Le comete, si disse, producono siccità, temperature estreme ed eccezionali dell’atmosfera terrestre, malattie infettive, pesti. Tutto questo cadde di fronte al grande numero delle comete esistenti. Noi siamo in rapporti continui colle comete, e se l’influenza loro sulle nostre vicissitudini atmosferiche esistesse davvero, sarebbe un fatto incessante, perenne, d’ogni giorno, d’ogni ora. A nulla valgono le ricerche statistiche fondate nel numero delle comete vedute in questo e quell’anno, poichè il numero stesso è una frazione trascurabile delle comete non viste, non visibili e realmente esistenti.
Le comete, si disse infine, sono un pericolo che perennemente sovrasta alla Terra e al Sistema planetario. Astri che si muovono con sì gran velocità, e in ogni direzione, e in ogni plaga dello spazio possono oggi, domani, in un istante qualunque del tempo, scontrare, urtare la Terra... Collisionem tantorum corporum, ac tanta vi motorum avertat Deus Optimus Maximus... Dalla tenuissima massa delle comete nè la Terra, nè gli altri pianeti possono temere effetti meccanici sensibili. L’urto di una cometa colla Terra si risolverebbe (capitolo seguente, paragrafo 4), in una splendida e memorabile pioggia di stelle cadenti.
Cometa Biela poco dopo il suo sdoppiamento (Febbraio 1846). Cometa Biela nell’ultima sua apparizione osservata (Settembre 1852). Spettri di comete paragonati colle righe principali di Fraunhofer.