Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/340

Anno 340

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Anno di Cristo CCCXL. Indizione XIII.
GIULIO papa 4.
COSTANTINO juniore imp. 4.
COSTANZO imp. 4.
COSTANTE imp. 4.

Consoli


Acindino e lucio aradio valerio procolo.

Non si dee sottrarre alla conoscenza dei lettori un’avventura di questo Acindino console, narrata da santo Agostino1 come succeduta circa l’anno 343. Essendo egli prefetto dell’Oriente in Antiochia, fece imprigionar certuno che andava debitore al fisco di una libbra d’oro; e, simile a tant’altri che negli uffizii pubblici fanno a sè lecito tutto quel che loro cade in capriccio, con suo giuramento minacciò che se dentro al tal giorno colui non soddisfaceva, la sua vita la pagherebbe. A costui era impossibile il trovar quella somma. Per buona ventura aveva una moglie di rara bellezza, ma sprovveduta anch’essa di contante; quando un certo ricco, che le faceva la caccia, preso il buon vento, le esibì quel danaro, se ella voleva per una notte acconsentir alle sue voglie. Comunicò la donna tal esibizione al marito, che approvò il disonesto contratto. Ma, appagata che ebbe l’impuro la sua passione, giuocò di mano, e quando l’incauta donna si credè di avere in pugno l’oro promesso, non vi trovò che della terra. Qui si diede alle smanie e grida, e ricorsa ella ad Acindino prefetto, sinceramente [p. 1227 modifica]gli espose il fatto. Allora egli riconobbe il suo fallo per le indebite minaccie fatte a quel misero. Obbligò l’adultero a pagar la somma dovuta al fisco, e alla donna assegnò quel campo, onde fu presa quella terra, con cui rimase beffata. Continuò nella carica di prefetto di Roma Tiberio Fabio Tiziano3441; ma perchè egli dovette nel maggio portarsi alla corte di Costante Augusto, dimorante allora nell’Illirico, Giunio Tertullo sostenne le di lui veci finchè egli fu ritornato. Non erano sopite le pretensioni di Costantino juniore contra di Costante, e mala intelligenza passava fra questi due fratelli Augusti, esigendo esso Costantino alcuni paesi dal fratello o nella Africa, o nei confini d’Italia, quasichè il dominio delle Gallie, Spagne e Bretagna fosse picciola porzione per appagare le di lui ambiziose voglie. Forse perchè parole sole, e non fatti, riportava da Costante, pensò di farsi ragione coll’armi, giacchè vi era chi soffiava nel fuoco, e massimamente un certo Anfiloco tribuno, gran seminatore di zizzanie fra i due fratelli, al quale, col tempo, la giustizia di Dio non mancò di dare il condegno gastigo. Mossosi dunque Costantino dalle Gallie coll’esercito suo, entrò in Italia, e giunse fino ad Aquileia. Copriva egli il movimento di queste armi col pretesto di voler marciare in Oriente, per prestare aiuto al fratello Costanzo, che ne abbisognava, per la guerra a lui mossa dai Persiani. Zonara3442, che assai fondatamente tratta di queste funesta lite, scrive che Costante Augusto si trovava allora nella Dacia; ed in effetto abbiamo due leggi3443 date da lui nel febbraio dell’anno presente in Naisso, città di quella provincia. Sì fatta visita non se l’aspettava egli; ma appena gli giunse l’avviso dell’entrata di Costantino in Italia, che, per fermare i suoi passi, gli spedì incontro i suoi generali con quelle milizie che raccorre potè nella scarsezza del tempo. Trovarono questi pervenuto ad Aquileia Costantino3444, e ch’egli attendeva più a saccheggiar il paese e ad ubbriacarsi, che a stare in guardia; perciò disposero un’imboscata nelle vicinanze di quella città presso il fiume Alsa, e col resto della loro gente lo impegnarono ad una battaglia. Tale fu questa, che le di lui schiere alla fronte e alla coda urtate, rimasero tagliate a pezzi, ed egli rovesciato a terra dal cavallo impennatosegli; e poi, trafitto da più spade, lasciò ivi la vita. Il suo cadavero, gittato nel vicino fiume, fu poi riscosso ed inviato a Costantinopoli, dove ottenne onorevole sepoltura. È giunta sino ai dì nostri una funebre orazione3445, greca, composta da anonimo oratore, in lode di questo sconsigliato principe, da cui apparisce sparsa voce ch’egli dopo la battaglia morisse di peste in Aquileia. Faceva in fatti la pestilenza grande strage non meno nelle Gallie che nell’Italia in questi tempi. Ma i più convengono in dirlo privato di vita nel combattimento suddetto. E questo fine ebbe la di lui imprudente ambizione, e l’invidia portata al fratello Costante. Zosimo3446, che in tutto si studiò di spargere il fiele nelle azioni degl’imperadori cristiani, lasciò scritto che Costante per tre anni dissimulò il mal animo suo contra di Costantino, e che, mentre questi era amichevolmente entrato in una provincia (senza dire qual fosse), Costante, fingendo d’inviar soccorsi d’armati a Costanzo in Oriente, col braccio d’essi fece assassinarlo. Anche l’autore anonimo dell’orazione suddetta sembra autenticar questo racconto, con dire ucciso Costantino juniore da sicarii inviati da Costante suo fratello; ma egli attesta ancora la battaglia seguita fra loro, ed aggiunge la voce ch’egli fosse morto [p. 1229 modifica]di peste. Ci può anche essere dubbio se quell’orazione fosse fatta in quel tempo, potendo essere una declamazione di qualche sofista lontano da questo fatto. Sembra inoltre che Filostorgio3447, scrittore ariano, se pure non è fallato il suo testo, concorra nel sentimento di Zosimo. Ma noi abbiamo san Girolamo3448, Socrate3449, Sozomeno3450, i due Vittori3451, Eutropio3452 e Zonara3453 che asseriscono aver Costantino mossa la guerra al fratello, ed incontrata perciò la morte. E a buon conto non si può negare ch’egli non fosse calato in Italia armato, ch’è quanto dire entrato coll’armi in casa di Costante. Della verità fu e sarà giudice Iddio. Intanto la morte di questo principe fece slargar molto le ali ad esso Costante, perchè egli entrò in possesso di tutti i di lui Stati, di maniera che si videro unite sotto il suo comando l’Italia colle adiacenti isole, l’Illirico colla Grecia, Macedonia ed altre settentrionali provincie, e quelle dell’Africa sino allo stretto di Gibilterra, e le Gallie, le Spagne e la Bretagna: ch’è quanto dire tutto l’Occidente, a riserva di Costantinopoli colla Tracia. Avrebbe potuto Costanzo Augusto suo fratello pretendere la sua porzione di questa eredità; ma, se crediamo a Giuliano3454, volontariamente rinunziò ad ogni sua pretensione, sapendo, dice egli, che la grandezza d’un principe non consiste in signoreggiar molto paese (perchè quanto più esso è, tanto maggiore è la pension delle cure ed inquietudini), ma bensì nel governare quello che si ha, con altre, che possiam chiamare sparate oratorie, credendo nello stesso tempo che non mancasse ambizione a Costanzo per desiderar di crescere in potenza, se avesse potuto. Ma egli avea allora sulle spalle i Persiani, e talmente s’era ingrandito il fratello Costante colla giunta di tanti Stati, che troppo pericoloso sarebbe riuscito il muovergli guerra, e il voler colla forza ciò che non potea conseguir per amore. Nel mese di marzo verisimilmente accadde la morte di Costantino, perchè dopo d’essa le leggi del Codice Teodosiano3455 ci fan vedere Costante Augusto venuto dalla Dacia ad Aquileia, e nel mese di giugno in Milano, dove pubblicò un severo editto contra di coloro che demolivano i sepolcri, o per isperanza di trovarvi dei tesori, o per asportarne i marmi e gli altri ornamenti. Specialmente per lutto quel secolo fu in voga la frenesia ed avarizia di tali assassini delle antiche memorie, come consta da altre leggi e da molti versi del Nazianzeno3456, da me dati alla luce. Quanto all’Augusto Costanzo, egli era in Bessa di Tracia nell’agosto, e nel settembre ad Antiochia, ma senza restar contezza alcuna di altre azioni che a lui appartengano.

Note

  1. August., de Serm. Dom., lib. 1, cap. 50.