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gli espose il fatto. Allora egli riconobbe il suo fallo per le indebite minaccie fatte a quel misero. Obbligò l’adultero a pagar la somma dovuta al fisco, e alla donna assegnò quel campo, onde fu presa quella terra, con cui rimase beffata. Continuò nella carica di prefetto di Roma Tiberio Fabio Tiziano3441; ma perchè egli dovette nel maggio portarsi alla corte di Costante Augusto, dimorante allora nell’Illirico, Giunio Tertullo sostenne le di lui veci finchè egli fu ritornato. Non erano sopite le pretensioni di Costantino juniore contra di Costante, e mala intelligenza passava fra questi due fratelli Augusti, esigendo esso Costantino alcuni paesi dal fratello o nella Africa, o nei confini d’Italia, quasichè il dominio delle Gallie, Spagne e Bretagna fosse picciola porzione per appagare le di lui ambiziose voglie. Forse perchè parole sole, e non fatti, riportava da Costante, pensò di farsi ragione coll’armi, giacchè vi era chi soffiava nel fuoco, e massimamente un certo Anfiloco tribuno, gran seminatore di zizzanie fra i due fratelli, al quale, col tempo, la giustizia di Dio non mancò di dare il condegno gastigo. Mossosi dunque Costantino dalle Gallie coll’esercito suo, entrò in Italia, e giunse fino ad Aquileia. Copriva egli il movimento di queste armi col pretesto di voler marciare in Oriente, per prestare aiuto al fratello Costanzo, che ne abbisognava, per la guerra a lui mossa dai Persiani. Zonara3442, che assai fondatamente tratta di queste funesta lite, scrive che Costante Augusto si trovava allora nella Dacia; ed in effetto abbiamo due leggi3443 date da lui nel febbraio dell’anno presente in Naisso, città di quella provincia. Sì fatta visita non se l’aspettava egli; ma appena gli giunse l’avviso dell’entrata di Costantino in Italia, che, per fermare i suoi passi, gli spedì incontro i suoi generali con quelle milizie che raccorre potè nella scarsezza del tempo. Trovarono questi pervenuto ad Aquileia Costantino3444, e ch’egli attendeva più a saccheggiar il paese e ad ubbriacarsi, che a stare in guardia; perciò disposero un’imboscata nelle vicinanze di quella città presso il fiume Alsa, e col resto della loro gente lo impegnarono ad una battaglia. Tale fu questa, che le di lui schiere alla fronte e alla coda urtate, rimasero tagliate a pezzi, ed egli rovesciato a terra dal cavallo impennatosegli; e poi, trafitto da più spade, lasciò ivi la vita. Il suo cadavero, gittato nel vicino fiume, fu poi riscosso ed inviato a Costantinopoli, dove ottenne onorevole sepoltura. È giunta sino ai dì nostri una funebre orazione3445, greca, composta da anonimo oratore, in lode di questo sconsigliato principe, da cui apparisce sparsa voce ch’egli dopo la battaglia morisse di peste in Aquileia. Faceva in fatti la pestilenza grande strage non meno nelle Gallie che nell’Italia in questi tempi. Ma i più convengono in dirlo privato di vita nel combattimento suddetto. E questo fine ebbe la di lui imprudente ambizione, e l’invidia portata al fratello Costante. Zosimo3446, che in tutto si studiò di spargere il fiele nelle azioni degl’imperadori cristiani, lasciò scritto che Costante per tre anni dissimulò il mal animo suo contra di Costantino, e che, mentre questi era amichevolmente entrato in una provincia (senza dire qual fosse), Costante, fingendo d’inviar soccorsi d’armati a Costanzo in Oriente, col braccio d’essi fece assassinarlo. Anche l’autore anonimo dell’orazione suddetta sembra autenticar questo racconto, con dire ucciso Costantino juniore da sicarii inviati da Costante suo fratello; ma egli attesta ancora la battaglia seguita fra loro, ed aggiunge la voce ch’egli fosse morto