Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/296
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Anno di | Cristo CCXCV. Indizione XIII. CAIO papa 13. DIOCLEZIANO imperadore 12. MASSIMIANO imperadore 10. |
TOSCO ed ANULLINO.
Che Mummio Tosco fosse appellato il primo console, Annio Cornelio Anullino il secondo, lo conghietturò il Panvinio2780, perchè troveremo, andando innanzi, questi due personaggi prefetti di Roma. Lodevole è bensì, ma non sicura, una tal conghiettura, e perciò del loro solo cognome io mi contento. La prefettura di Roma fu in quest’anno appoggiata ad Aristobolo. Per attestato d’Idacio2781, i popoli Carpi, che abbiam detto sottomessi nell’anno precedente, acciocchè non alzassero più le corna, furono obbligati a mutar cielo, con venire ad abitar nella Pannonia. Abbiamo delle leggi date in quest’anno, in cui Diocleziano Augusto seguitò a soggiornar nella Pannonia e Mesia. Probabilmente tra per le vittorie riportate contra de’ Sarmati in quelle parti, e pel buon ordine ch’egli diede, restarono que’ paesi in pace: laonde potè esso Augusto far preparamenti per ricuperare l’Egitto, siccome dirò all’anno seguente. Si può parimente credere che in questi tempi Galerio Massimiano, per adular Diocleziano suocero suo, e Valeria di lui figlia, moglie sua2782, desse il nome di Valeria ad una parte della Pannonia, ossia della moderna Ungheria, dopo aver quivi tagliate vastissime selve per ridurre quel territorio a coltura. Circa questi tempi ancora sembra che succedesse ciò che narrano Eumenio2783 e l’autore del panegirico di Massimiano e Costantino2784: cioè l’aver Massimiano Erculio Augusto domati i popoli ferocissimi della Mauritania, con aver poscia trasportata gran copia di essi in altri paesi.
e Bucherio, fu esercitata da Cassio Dione in quest’anno, nel quale mancò di vita Caio romano pontefice2785. A lui succedette nella sedia di San Pietro Marcellino. Fecondo di vittorie fu l’anno presente ai principi romani, se pur si può accertare nella cronologia di quei fatti, fatti per altro certissimi. Costanzo Cesare, ardendo sempre di voglia di riacquistar la Bretagna, con torla dalle mani dell’usurpatore Alletto2786, teneva già in ordine buon esercito e poderose flotte per far vela verso colà. Ma sospettando che i Franchi ed altri popoli della Germania, allorchè vedessero lui impegnato nella guerra oltre mare, secondo il lor uso, tentassero d’inquietar le Gallie, raccomandossi a Massimiano Augusto, padrigno di sua moglie, pregandolo di venir alla difesa di que’ confini. Venne in fatti, per attestato d’Eumenio, Massimiano al Reno, e bastante fu la sua presenza a tenere in briglia i popoli nemici. Intanto con ardore incredibile si mossero le flotte di Costanzo verso la Bretagna. Su quella ch’era a Gesoriaco, cioè a Bologna di Picardia, s’imbarcò egli; ed ancorchè il mare fosse gonfio, e poco favorevole il vento, pure animosamente sciolse dal lido. Pervenuto questo avviso all’altra flotta preparata alla sboccatura della Senna, accrebbe il coraggio a quei soldati e marinari in maniera, che al dispetto del tempo contrario si mossero anch’essi. Era comandante d’essa Asclepiodoto prefetto del pretorio. Riuscì a questa col benefizio d’una densa nebbia di andar a dirittura con prospero cammino nella Bretagna, senza essere scoperta da Alletto, che colla sua s’era postato in osservazione all’isola Vetta, oggidì di Wight. Appena ebbe Asclepiodoto afferrato il lido, e sbarcate le truppe e le munizioni tutte, che fece dar fuoco alle navi, acciocchè i suoi, veggendosi tolta la speranza d’ogni scampo, sapessero che nelle lor sole braccia era riposta la salute, ed anche per impedir che que’ legni non cadessero in poter de’ nemici. Atterrito Alletto parte dalla notizia che Costanzo veniva contra di lui con una flotta, e che l’altra, già pervenuta in terra ferma, minacciava tutte le sue città, lasciata andare l’armata sua navale, co’ suoi se ne ritornò anch’egli indietro, e si mise in campagna contra di Asclepiodoto. Senza aspettare di aver unite tutte le sue forze, e senza nè pur mettere in ordine di battaglia quelle che seco avea, coi soli Barbari di suo seguito assalì egli dipoi i Romani. Rimase sconfitto, ed anch’egli lasciò nel combattimento la vita, con essersi poi appena potuto discernere il cadavero suo, per aver egli deposto l’abito imperiale, che avrebbe potuto farlo conoscere nella zuffa o nella fuga. Ma forse molto più tardi accadde la caduta di costui. Intanto la flotta, dove era Costanzo Cesare, più per accidente che per sicura condotta, a cagion delle folte nebbie, imboccò il Tamigi, e per esso si spinse fino alla città di Londra. L’arrivo suo fu la salute di quel popolo; imperciocchè essendosi ridotti colà i Franchi ed altri Barbari che si erano salvati dalla rotta di Alletto, mentre concertavano fra loro di dare il sacco alla città, e poi di fuggirsene, eccoli giugnere loro addosso Costanzo colle sue milizie, e tagliarli tutti a pezzi, con salvar le vite e i beni di que’ cittadini. Così in poco tempo tutto quel paese della Bretagna, che ubbidiva già all’aquile romane, tornò alla division di Costanzo, con estremo giubilo di quei popoli, per vedersi liberi dai tiranni e dai Barbari ausiliarii, e più perchè trovarono in Costanzo non un nemico, nè un vendicativo, ma un principe pien di clemenza. Perdonò egli a tutti, ed anche ai complici della ribellione2787, e fece restituire ai particolari tutto quanto era stato loro tolto o dai tiranni passati, o dalle sue medesime milizie. Così fu restituita le quiete e l’allegrezza alle contrade romane della Bretagna; e i popoli, non per anche soggiogati in essa, un sommo rispetto cominciarono ad osservare verso i Romani. Le Gallie anche esse restarono libere dalle molte vessazioni patite in addietro per cagione di que’ corsari.
A questo medesimo anno, se non falla la Cronica d’Eusebio2788, si dee riferir la spedizione di Diocleziano Augusto contra di Achilleo usurpatore dell’Egitto2789. Tenne egli assediata per otto mesi Alessandria, e, secondo Giovanni Malala2790, le tolse l’uso dell’acqua, con rompere gli acquidotti. Finalmente entratovi, dimentico affatto della clemenza, non solamente tolse di vita il tiranno ed altri suoi complici, ma permise a’ suoi soldati il sacco di quella insigne città, e poi, datole il fuoco, ne fece diroccar le mura. Innumerabili furono coloro che rimasero spogliati delle lor facoltà e cacciati in esilio. Una favola sarà il raccontar esso Malala, che avendo Diocleziano ordinato che non si cessasse di uccidere gli Alessandrini, finchè il sangue loro non arrivasse ai ginocchi del suo cavallo, per accidente nell’entrar egli nella città, inciampando il suo cavallo in un uomo ucciso, si tinse di sangue il ginocchio. Diocleziano allora comandò che desistessero dalla strage, per essersi adempiuto il suo giuramento: perlochè quel popolo alzò dipoi una statua di bronzo al di lui cavallo. Il solo Eumenio da panegirista adulatore esalta la clemenza di Diocleziano, con cui avea data la pace all’Egitto; imperciocchè lo stesso Eutropio2791, oltre ad altri scrittori2792, ci asssicura ch’egli con somma crudeltà trattò que’ popoli. Galerio Massimiano presso Eusebio2793 si truova intitolato Egiziano e Tebaico: indizio ch’egli, siccome il bravo Diocleziano, faticò in quella impresa. Nella Istoria Miscella2794 è scritto che Costantino figlio di Costanzo accompagnò Diocleziano colà, e militando diede più segni del suo valore. Se poi crediamo a Suida2795, in questa occasione fece Diocleziano cercare e bruciare quanti libri potè ritrovare che trattassero d’alchimia, cioè di cangiare i metalli, convenendoli in oro ed argento. Credono alcuni che, prestando egli fede a que’ decantati segreti, volesse levare a que’ popoli i mezzi da ribellarsi. Più probabile è, che, tenendoli per cose vane, siccome sono in fatti, egli cercasse di guarir quella gente da cotal malattia. Quando quei libri avessero contenuto il segreto di far oro ed argento, non era sì corto di giudizio Diocleziano che gli avesse dati alle fiamme: avrebbe saputo ritenerli per valersene in suo pro. Oltre a questo, egli visitò tutto il paese; ed abbiamo da Procopio2796, che avendo trovato un gran tratto di paese nell’alto Egitto confinante coll’Etiopia, o sia colla Nubia, il cui mantenimento portava più spesa che profitto a cagion delle scorrerie che vi faceano continuamente i Nubiani, per via di una convenzione lo rilasciò ai medesimi, con obbligarli a tenere in freno i Blemmii ed altri popoli dell’Arabia, acciocchè non molestassero l’Egitto. Aggiugne Olimpiodoro2797 che Diocleziano, invitato dai Blemmii, andò a divertirsi nel loro paese, e che loro accordò un’annua pensione per averli amici: il che a nulla servì col tempo, essendo troppo avvezzi coloro al mestier del rubare, che tuttavia a’ dì nostri continua in quel paese, altri non essendo stati i Blemmii, se non una nazione d’Arabi masnadieri. Osserva ancora Procopio che in que’ paesi erano miniere di smeraldi; il che veggo confermato dai moderni viaggiatori, i quali nondimeno asseriscono non sapersi più il sito di quelle, per vendetta fatta da un principe d’Arabi, perseguitato indebitamente dall’avarizia turchesca.