Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/273

Anno 273

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Anno di Cristo CCLXXIII. Indizione VI.
FELICE papa 5.
AURELIANO imperadore 4.
Consoli

MARCO CLAUDIO TACITO e PLACIDIANO.

A Tacito primo console in quest’anno, perchè vien comunemente creduto lo stesso che vedremo poi imperadore, gl’illustratori de’ Fasti danno il nome di Marco Claudio. Benchè vi possa restar qualche dubbio, pure io mi son lasciato condurre dalla corrente. L’assedio di Palmira, siccome dicemmo, fu impreso da Aureliano con gran calore; [p. 963 modifica]ma non erano men riguardevoli i preparamenti per la difesa2544. Stava ben provveduta quella città di freccie, pietre, macchine e d’altri strumenti da guerra e da lanciar fuoco sopra i nemici, siccome ancora di viveri, quando all’incontro uomini e bestie dell’armata romana niuna sussistenza trovavano in quella spelata campagna, piena solo di sabbia. Oltre a ciò, aspettava Zenobia soccorso da’ Persiani, Armeni e Saraceni, di maniera che si ridevano gli assediati delle sgherrate degli assedianti. Ma Aureliano supplì al bisogno dell’armata per conto delle provvisioni, facendone venire al campo da tutte le vicinanze; nè lasciava indietro forza e diligenza alcuna per vincere quella sì ben guernita città. Maggiormente crebbe l’izza e la picca sua, perchè avendo sui principii scritto a Zenobia, comandandole imperiosamente di rendersi, con esibirle comodo mantenimento, dove il senato l’avesse messa, e con promettere salvo ogni diritto de’ Palmireni, Zenobia gli diede una insolente risposta, con intitolarsi regina d’Oriente, anteporre il suo nome a quello dell’imperadore, e mostrar fiducia di fargli calar l’orgoglio coi soccorsi ch’ella aspettava2545. Vennero in fatti gli aiuti a lei promessi da’ Persiani; ma Aureliano tagliò loro la strada, e gli sbandò. Vennero anche le schiere de’ Saraceni e degli Armeni; ma egli, parte col terrore, parte coi danari le indusse a militar nell’esercito suo. Contuttociò un’ostinata difesa fecero gli assediati, con beffar eziandio ed ingiuriar i Romani. Un di coloro, vedendo un dì l’imperadore, il caricò di villanie. Allora un arciere persiano si esibì di rispondergli, e gli tirò così aggiustatamente uno strale, che colpitolo il fece rotolar morto giù dalle mura. Intanto veggendo Zenobia che a Palmira s’assottigliava la vettovaglia, stimò meglio di ritirarsi sulle terre de’ Persiani; ma fuggendo sopra dei dromedarii, fu presa per via dai cavalieri che le spedì dietro Aureliano, e prigioniera fu a lui condotta. Grande strepito ed istanza fecero i soldati perchè egli castigasse colla morte la superbia di costei; ma Aureliano non volle la vergogna di aver uccisa una donna, e donna tale. La città dipoi ridotta all’agonia, dimandò ed ottenne qualche capitolazione. V’entrò Aureliano, e perdonò al popolo, ma non già ai principali, creduti consiglieri di Zenobia, a’ quali, come a seduttori ed autori di tanti mali, levò la vita. Fra questi fu compreso2546 Longino, celebre filosofo e sofista, e maestro o segretario della medesima, convinto di aver egli dettata l’albagiosa ed insolente risposta che Zenobia avea data alla lettera di Aureliano. Soffrì Longino con tal fortezza la morte, ch’egli stesso consolava gli amici venuti a deplorar la di lui sciagura. Perdonò anche Aureliano, per quanto si crede, a Vaballato, uno de’ figliuoli di Zenobia; e truovasi una medaglia2547, in cui si legge il suo nome col titolo di Augusto, e nell’altra parte quello di Aureliano Augusto. Quando sia vera (del che si può dubitare), sarà stata battuta in uno dei precedenti anni, e prima della soprascritta tragedia. Di Herenniano e Timolao, due altri figliuoli di Zenobia, non si sa ben qual fosse la sorte loro. Zosimo parla d’un solo figliuolo di Zenobia, condotto in prigionia colla madre. Vopisco, all’incontro, scrive che Zenobia sopravvisse molto tempo cum liberis nelle vicinanze di Roma. Questo si può intendere anche di figlie, che certo essa ne avea; ma Trebellio Pollione2548 c’insegna che Zenobia co’ suoi due figliuoli minori Herenniano e Timolao fu condotta in trionfo a Roma. Fu poi di parere esso Zosimo che Zenobia nell’esser condotta in Europa, o per malattia, o per non voler prender cibo, [p. 965 modifica]morisse per istrada, vinta dal dolore della mutata fortuna; o per non soffrire la vergogna d’essere condotta in trionfo. Merita ben qui fede Vopisco, il quale più vicino a questi tempi ci assicura ch’ella giunse a Roma, e visse molto dipoi, come dirò all’anno seguente. Anche Giovanni Malala2549 attesta che l’infelice principessa comparve nel trionfo romano di Aureliano, fallando solamente nell’aggiugnere che le fu dipoi tagliato il capo. Zonara2550 rapporta su questo varie opinioni. Possiamo ben poi credere a Zosimo2551, allorchè racconta avere Aureliano spogliata Palmira di tutte le sue ricchezze, senza rispettar nè pure i templi: il che fatto, si rimise in cammino, e tornò ad Emesa2552, dove forse il trovarono le ambascierie de’ Saraceni, Blemmii, Assomiti, Battriani, Seri (creduti i Cinesi), Iberi, Albani, Armeni ed Indiani, che gli portarono dei suntuosi regali. Trattò con superbia e fierezza i Persiani, gli Armeni e i Saraceni, perchè aveano prestato aiuto a Zenobia. Rimesso dunque in pace l’Oriente Aureliano passò lo stretto di Bisanzio per tornarsene a Roma, menando seco Zenobia e i di lei figliuoli2553. Informato che i popoli carpi aveano fatta un’incursione nella Tracia, andò a trovarli e li disfece: e perciò il senato romano, che gli avea già accordato i titoli di Gotico, Sarmatico, Armeniaco, Partico ed Adiabenico, il nominò ancora Carpico. Se ne rise Aureliano, e scrisse loro che si aspettava ormai d’esser anche intitolato Carpiscolo, nome significante una sorta di scarpe, e da cui poscia è a noi venuto il medesimo nome di scarpa. Ma eccoti arrivargli avviso che i Palmireni s’erano ribellati, con aver tagliato a pezzi Sandarione, e secento arcieri lasciati ivi di presidio. Con tal sollecitudine tornò egli indietro, che all’improvviso arrivò ad Antiochia, e spaventò quel popolo, intento allora a’ giuochi equestri. Aveano tentato i Palmireni d’indurre Marcellino, governatore della Mesopotamia e di tutto l’Oriente, a prendere il titolo di Augusto. Gli andò egli tenendo a bada, ed informando intanto di tutto Aureliano; ma coloro, non vedendo risoluzione di lui, dichiararono poi imperadore un certo appellato Achilleo da Vopisco, Antioco da Zosimo. Giunse Aureliano a Palmira quando men sel pensavano, e presa quella città senza colpo di spada, fece mettere a fil di spada tutto quel popolo, uomini, donne, fanciulli e vecchi, con furore d’inudita crudeltà, benchè poi, tornato in sè stesso, scrivesse a Ceionio Basso di perdonare a quei che restavano in vita. Zosimo pretende che egli per isprezzo non facesse morire quel ridicolo imperadore creato dai Palmireni. Ordinò egli ancora che si ristabilisse come prima il tempio del Sole messo a sacco dai soldati, deputando a tal effetto buona somma d’oro e d’argento. Del resto fece spianare quella città, le cui rovine, visitate a’ tempi nostri dagli eruditi inglesi, ritengono ancora molti vestigii dell’antica lor maestà. Già dicemmo che Zenobia nelle sue prosperità avea usurpato al romano imperio l’Egitto. Ora Aureliano, mentre nell’anno addietro faceva a lei la guerra in Oriente, spedì Probo2554 il qual fu poi imperadore, con delle soldatesche, per ricuperar quella ricca ed importantissima provincia. Nel primo combattimento sbaragliò Probo i nemici: nel secondo ebbe la peggio: ma, ripigliate le forze, tanto si adoperò, che mise quella nobil contrada sotto il comando de’ Romani, ed aiutò poi Aureliano a ripigliar l’Oriente nel resto della guerra coi Palmireni. Pareva dopo ciò che l’Egitto avesse da goder pace, quando un Marco [p. 967 modifica]Firmo, o Firmio, nativo di Seleucia2555, amico di Zenobia non ancor vinta, prese il titolo d’Augusto e d’imperadore, come, secondo Vopisco, appariva dalle medaglie battute di lui, alcuna delle quali si crede che resti tuttavia2556. Possedeva costui molte ricchezze, e massimamente nell’Egitto, dove, fra l’altre cose, tanta carta, chiamata papiro, si fabbricava ne’ suoi beni, ch’egli si vantava di poter mantenere col solo papiro e colla, adoperata in formar la carta, un esercito. Teneva corrispondenza costui coi Blemmii e Saraceni, e mandava alle Indie navi a trafficare. Impadronitosi dunque costui di Alessandria e dell’Egitto, aiutò, per quanto potè, Zenobia; ma caduta essa, cadde anche egli. Aureliano non già in persona, a mio credere, andò, ma spedi colà parte della armata, che sconfisse Firmo, e dopo varii tormenti lo uccise, con sottomettere in poco tempo quel ricco paese, e mandare a Roma gran copia di grani, la spedizion dei quali costui avea interrotta. Aureliano2557, in ragguagliare il popolo romano di queste vittorie, scrisse fra le altre cose di saper egli ch’esso popolo non andava d’accordo col senato, non era amico dell’ordine equestre, ed avea poco buon cuore verso dei pretoriani. Sbrigato finalmente da questi affari l’infaticabil Aureliano Augusto, indirizzò i suoi passi verso l’Europa con animo e voglia di atterrar anche Tetrico, che solo restava tra gli usurpatori del romano imperio. Come egli arrivato colà ricuperasse in poco tempo quelle provincie, alla sfuggita lo raccontano i vecchi storici2558. Altro non si sa, se non che seguì una battaglia a Scialons sopra la Marna, in cui Tetrico stesso tradì lo esercito suo, perchè si diede volontariamente ad Aureliano: laonde i suoi soldati riportarono una gran percossa da quei di Aureliano2559. Sono altri di parere che Tetrico fosse da’ suoi soldati tradito e consegnato ad Aureliano, al quale si sottomisero poscia anch’essi. Tuttavia grande apparenza c’è che seguisse, o prima o poco dopo dell’arrivo di Aureliano in quelle contrade, qualche segreta capitolazione ed accordo fra Aureliano e lui, al vedere l’indulgenza, con cui esso Aureliano, principe poco avvezzo alla clemenza, trattò il medesimo Tetrico. E la ragione di abbandonare i suoi per gittarsi in braccio ad Aureliano, l’abbiamo dagli antichi storici. Cioè fu la continua disubbidienza dei soldati suoi che ad ogni poco si sollevavano: dal che fu forzato Tetrico ad invitare e pregar Aureliano che il liberasse da tanti mali. Venuto egli alla divozion di Aureliano, tutte poi del pari le di lui milizie il riconobbero per imperadore, e passarono nell’armata romana; con che le Gallie, e, per conseguente, la Spagna e Bretagna, si videro restituiti sotto la signoria del medesimo Augusto. Può o dee anche oggidì essere motivo di stupore il corso di tante imprese e vittorie fatte da un solo Augusto, e in poco più di tre anni, con aver egli liberato da tanti barbari nemici il romano imperio, atterrati i tiranni e riunite al suo corpo tante membra, da esso per più anni disgiunte. Eusebio2560 nella Cronica mette sotto quest’anno il trionfo romano di Aureliano; ma si dee credere uno sbaglio, siccome vien giudicato ancora il riferirsi da lui nell’anno primo e secondo d’esso imperadore la caduta di Tetrico, la quale vien posta da Vopisco dopo la guerra palmirena. Non si sa nè anche intendere, come in un solo anno potesse Aureliano far tante azioni e viaggi, quanti ne abbiam veduto in questo anno, menando seco eserciti, cioè ruote pesanti, che non volano, senz’aggiungervi ancora il suo ritorno dalle

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Gallie o Roma. Però coi più degli storici rapporterò io all’anno seguente il suddetto trionfo.