Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/251

Anno 251

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Anno di Cristo CCLI. Indizione XIV.
CORNELIO papa 2.
DECIO imperadore 3.
TREBONIANO GALLO imper. 1.
HOSTILIANO DECIO imper. 1.
Consoli

CAIO MESSIO QUINTO TRAIANO DECIO AUGUSTO per la terza volta e QUINTO HERENNIO ETRUSCO DECIO CESARE.

Non so ben dire se nel precedente o nel presente anno i Goti, senza dubbio quegli stessi che da Zosimo2180 son chiamati Sciti, o vogliamo dire Tartari, assediassero la città di Filippopoli nella Tracia. Quel che è certo, per testimonianza non men di esso Zosimo che di Giordano2181, s’impadronirono quei barbari dopo lungo assedio di quella città; e, se scrive il vero Ammiano2182, vi passarono a fil di spada centomila persone. Zosimo e Giordano non parlano se non di una gran copia di prigioni fatta nell’acquisto d’essa città. O sia che Lucio Prisco (forse fratello del già Filippo imperadore) fosse governatore di Filippopoli, o pure ch’egli fosse presidente della Macedonia, nella qual provincia si stesero i rapaci vincitori Goti: noi abbiamo da Giordano e da Aurelio Vittore2183 che costui, unitosi con essi Goti, prese il titolo d’imperadore, volgendo l’armi contra dei Decii. E sembra che san Cipriano2184 avesse conoscenza di lui. Ma costui, dichiarato pubblico nemico dal senato romano, stette poco ad essere ucciso. Noi qui certamente ci troviamo in folte nebbie di storia, essendovi altri che credono preso questo titolo da Prisco solamente dopo la morte dei medesimi Decii, e restando una gran confusione nell’assegnare i successori e i tiranni insorti dopo di loro. Intanto non si mette in dubbio il funesto fine dei Decii, benchè le circostanze del medesimo sieno varie e discordi presso gli antichi scrittori. I fortunati progressi adunque dei Goti, e l’innalzamento, se pure è vero, di Prisco, fecero che Decio seniore giudicò necessaria la sua presenza nella Mesia e Macedonia per liberar dai Barbari quelle provincie. Se in quelle parti non era già il figliuolo Erennio Etrusco Decio, seco andò nel presente; e trovandosi qualche medaglia2185, in cui esso si vede appellato Augusto, credesi che in tal congiuntura egli fosse dichiarato imperadore e collega nell’imperio dal padre. Marciarono i due Augusti Decii contra dei Goti con esercito poderoso, e, secondo Zonara2186, gl’incalzarono sì valorosamente, che li fecero ritirar nel loro paese. Alcuni vogliono2187 che Decio gl’inseguisse di là dal Danubio; ma più verisimile sembra che di qua da esso fiume egli venisse con loro alle mani. In quel conflitto il giovane Decio, per quanto s’ha da Giordano2188, trafitto dalle frecce gotiche, perì: il che disanimò lo esercito romano2189. Ma il vecchio Decio fece loro coraggio, con dire che la perdita di un solo soldato nulla era alla potenza romana: dopo di che alla disperata si spinse contra de’ Barbari, [p. 869 modifica]cercando o morte o vendetta. Trovò appunto la morte, circondato ed oppresso da’ nemici. Ma Zosimo2190 ci vorrebbe far credere che Gallo, generale de’ medesimi Decii, per ingordigia dell’imperio, segretamente se l’intendesse coi Goti, e per mezzo loro arrivasse ad atterrar questi due regnanti. Per consiglio d’esso Gallo, dice esso Zosimo, si misero essi Goti in battaglia dietro una palude; ed allorchè Decio ebbe poste in fuga e sconfitte le due prime loro schiere, volendo dar addosso alla terza, s’inoltrò col figliuolo nella palude, dove amendue impantanati ed esposti alle frecce de’ Barbari, insieme col loro seguito perirono. Secondo Vittore Zonara, nè pur furono trovati, non che seppelliti, i loro cadaveri; e ciò espressamente vien confermato da Lattanzio2191 nel suo trattato delle morti de’ persecutori della religione di Cristo. Certamente tutti gli antichi2192 cristiani riconobbero per un colpo della mano di Dio la presta ed ignominiosa morte di Decio, nemico dichiarato dei seguaci di Gesù Cristo: gastigo toccato anche prima e di poi a qualunque principe romano che apertamente volle muover guerra ad una religione santa, che Dio volea al loro dispetto piantata e dilatata sulla terra. Il luogo della morte dei due Decii resta tuttavia dubbioso, o, per meglio dire, ignoto. Costantino il Grande in una sua orazione presso Eusebio sembra tenerlo morto nel paese dei Goti, e di là dal Danubio; altri di qua; alcuni nella Mesia, ed altri nella Tracia. Danno il nome di Abirto o Abritto a quel sito; e Giordano attesta che tuttavia restava un luogo, chiamato Altare di Decio, dov’egli sagrificò prima di far quella giornata. Ma niuno ora sa additare in qual provincia e territorio fosse tal luogo. Si disputa ancora intorno al tempo, in cui perirono i due Decii. V’ha2193 chi crede ciò succeduto circa il mese di giugno2194, ed altri negli ultimi due mesi dell’anno presente. Abbiamo da Trebellio Pollione2195, che essendo consoli i due Decii (adunque nell’anno corrente), vennero al senato romano lettere ed ordini di Decio, di eleggere un censore, uffizio da gran tempo dimesso in Roma. Il pretore, giacche amendue i consoli, cioè i due Augusti Decii, erano assenti, nel dì 27 di ottobre propose l’affare, e di comune consentimento fu eletto censore per la sua rara probità Valeriano, il qual poi divenne imperadore. Trovavasi questi coll’imperadore all’armata nella Tracia e nella Mesia, come io credo, e non già in Roma, come pensò il padre Pagi. Informato Decio del senatosconsulto, fece chiamar Valeriano, ed in piena assemblea il dichiarò censore, con ispiegare la di lui autorità che era amplissima. Cioè poteva egli determinare chi dovea aver luogo in senato; ridurre all’antico stato l’ordine equestre; modificare o confermare i tributi e i dazii; far nuove leggi; riformar le milizie, e giudicar tutte le cause de’ palatini, de’ giudici e dei prefetti, a riserva dei consoli ordinarii, del prefetto di Roma e del re delle cose sacre, e della primaria vergine vestale, se pur essa conservava illesa la pudicizia. Ma Valeriano, alzatosi in piedi, pregò l’Augusto Decio di averlo per iscusato, se non poteva accettar questo carico, perchè questo apparteneva a chi godeva il grado d’imperadore, ed erano venuti tempi, nei quali niuna persona privata potea promettersi tal forza da farsi ubbidire, e così andò in nulla il disegno. Ma se nel dì 27 di ottobre Decio tuttavia regnava, e se noi vedremo Gallo suo successore Augusto nelle calende seguenti di gennaio, vegniamo insieme a scorgere che nel novembre o dicembre di quest’anno [p. 871 modifica]dovettero i due Decii perdere la vita e lo imperio. Quel che succedesse dopo la lor morte, sarà accennato all’anno seguente.