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cercando o morte o vendetta. Trovò appunto la morte, circondato ed oppresso da’ nemici. Ma Zosimo2190 ci vorrebbe far credere che Gallo, generale de’ medesimi Decii, per ingordigia dell’imperio, segretamente se l’intendesse coi Goti, e per mezzo loro arrivasse ad atterrar questi due regnanti. Per consiglio d’esso Gallo, dice esso Zosimo, si misero essi Goti in battaglia dietro una palude; ed allorchè Decio ebbe poste in fuga e sconfitte le due prime loro schiere, volendo dar addosso alla terza, s’inoltrò col figliuolo nella palude, dove amendue impantanati ed esposti alle frecce de’ Barbari, insieme col loro seguito perirono. Secondo Vittore Zonara, nè pur furono trovati, non che seppelliti, i loro cadaveri; e ciò espressamente vien confermato da Lattanzio2191 nel suo trattato delle morti de’ persecutori della religione di Cristo. Certamente tutti gli antichi2192 cristiani riconobbero per un colpo della mano di Dio la presta ed ignominiosa morte di Decio, nemico dichiarato dei seguaci di Gesù Cristo: gastigo toccato anche prima e di poi a qualunque principe romano che apertamente volle muover guerra ad una religione santa, che Dio volea al loro dispetto piantata e dilatata sulla terra. Il luogo della morte dei due Decii resta tuttavia dubbioso, o, per meglio dire, ignoto. Costantino il Grande in una sua orazione presso Eusebio sembra tenerlo morto nel paese dei Goti, e di là dal Danubio; altri di qua; alcuni nella Mesia, ed altri nella Tracia. Danno il nome di Abirto o Abritto a quel sito; e Giordano attesta che tuttavia restava un luogo, chiamato Altare di Decio, dov’egli sagrificò prima di far quella giornata. Ma niuno ora sa additare in qual provincia e territorio fosse tal luogo. Si disputa ancora intorno al tempo, in cui perirono i due Decii. V’ha2193 chi crede ciò succeduto circa il mese di giugno2194, ed altri negli ultimi due mesi dell’anno presente. Abbiamo da Trebellio Pollione2195, che essendo consoli i due Decii (adunque nell’anno corrente), vennero al senato romano lettere ed ordini di Decio, di eleggere un censore, uffizio da gran tempo dimesso in Roma. Il pretore, giacche amendue i consoli, cioè i due Augusti Decii, erano assenti, nel dì 27 di ottobre propose l’affare, e di comune consentimento fu eletto censore per la sua rara probità Valeriano, il qual poi divenne imperadore. Trovavasi questi coll’imperadore all’armata nella Tracia e nella Mesia, come io credo, e non già in Roma, come pensò il padre Pagi. Informato Decio del senatosconsulto, fece chiamar Valeriano, ed in piena assemblea il dichiarò censore, con ispiegare la di lui autorità che era amplissima. Cioè poteva egli determinare chi dovea aver luogo in senato; ridurre all’antico stato l’ordine equestre; modificare o confermare i tributi e i dazii; far nuove leggi; riformar le milizie, e giudicar tutte le cause de’ palatini, de’ giudici e dei prefetti, a riserva dei consoli ordinarii, del prefetto di Roma e del re delle cose sacre, e della primaria vergine vestale, se pur essa conservava illesa la pudicizia. Ma Valeriano, alzatosi in piedi, pregò l’Augusto Decio di averlo per iscusato, se non poteva accettar questo carico, perchè questo apparteneva a chi godeva il grado d’imperadore, ed erano venuti tempi, nei quali niuna persona privata potea promettersi tal forza da farsi ubbidire, e così andò in nulla il disegno. Ma se nel dì 27 di ottobre Decio tuttavia regnava, e se noi vedremo Gallo suo successore Augusto nelle calende seguenti di gennaio, vegniamo insieme a scorgere che nel novembre o dicembre di quest’anno