Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/205

Anno 205

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Anno di Cristo CCV. Indizione XIII.
ZEFIRINO papa 9.
SETTIMIO SEVERO imperad. 13.
CARACALLA imperadore 8.
Consoli

MARCO AURELIO ANTONINO CARACALLA AUGUSTO per la seconda volta, e PUBLIO SETTIMIO GETA CESARE.

Sbrigato Severo del pessimo suo ministro Plauziano, regolò ne’ tempi susseguenti con bell’ordine la vita sua, giacchè si godeva gran quiete in Roma, e da niuna guerra in questi tempi era molestato l’imperio romano1727. Andava egli spesso a villeggiar nella Campania; ma o fosse quivi, o pure in Roma, soleva levarsi di buon mattino, e tosto ascoltava i processi delle cause, poi faceva una buona passeggiata a piedi, ascoltando e dicendo intanto quello che riguardava l’utilità del pubblico. Andava appresso al senato e al consiglio, per udire i contraddittorii, e decidere le cause, concedendo il tempo prescritto agli avvocati per dedurre le ragioni delle parti litiganti, e lasciando una piena libertà ai senatori di esporre il lor sentimento. Venuto il mezzodì, montava a cavallo, per far di nuovo quello esercizio di corpo, e dipoi andava al bagno. Pranzava solo o pur co’ suoi figliuoli, e con lentezza, ma senza invitarvi senatori, come in addietro costumarono di far vari imperadori. Vi intervenivano essi solamente in certe feste solenni dell’anno, ed allora ne’ di lui conviti non si desiderava punto la magnificenza. Dopo il pranzo dormiva, e non poco. Svegliato, passeggiava, dilettandosi in quel mentre di studiar lettere, o sia l’erudizion latina e greca. Tornava al bagno verso la sera, e poi cenava coi suoi domestici. Le applicazioni sue pel buon governo di Roma si stendevano anche nelle provincie, sapendo egli scegliere le persone più abili a ben reggere i popoli1728; e più volentieri dava quei governi a chi vi era stato dianzi luogotenente, e s’era acquistato credito, siccome persone più pratiche di quei paesi; nè permetteva che si vendessero le cariche. Per l’amministrazione della giustizia si serviva egli di eccellenti giurisconsulti. Uno di essi fu Papiniano, celebre anche oggidì pel suo profondo saper nelle leggi, che giunse ad essere prefetto del pretorio. Questi prese per suoi assessori o consiglieri Paolo ed Ulpiano, personaggi anch’essi rinomatissimi nella scienza legale. Però molte leggi utili di esso Severo si leggono nei testi di Giustiniano. Una ve n’ha, in cui permette ai Giudei di poter essere promossi agli uffizii ed onori1729. Sotto questo nome si pensò il cardinal Baronio, dopo l’Alciato, che fossero compresi anche i Cristiani: il che, quantunque cosa dubbiosa, non è però inverisimile. Ben certo è che quella legge non venne da Marco Aurelio e Lucio Vero, come fu creduto, ma bensì da Severo ed Antonino, cioè Caracalla, Augusti. Odiava Severo sopra tutto i ladri ed assassini, e li perseguitava dappertutto. La libertà della [p. 699 modifica]lascivia era giunta all’eccesso in Roma. Severo non solamente ci vien descritto per uomo continente, ma che abborriva in altrui gli adulterii. Però abbiamo leggi da lui pubblicate contro questo vizio. E Dione1730 confessa di aver trovato nei registri criminali d’allora, che furono accusate di adulterio tremila persone; ma perchè non si proseguivano poi i processi, si ridussero a nulla le provvisioni fatte per questo dall’imperadore. E, a ben conoscere quanto fossero in ciò depravati i costumi de’ Romani gentili, servirà una risposta data dalla moglie di un nobile della Bretagna, probabilmente allorchè Severo Augusto, siccome diremo, fu in quelle parti. Giulia Augusta l’andava motteggiando pel libertinaggio che praticavano allora le femmine britanne con gli uomini: Almeno, disse quella gentildonna, se noi trapassiamo i limiti dell’onestà, lo facciamo con persone nobili; ma voi altre romane segretamente vi valete della canaglia per soddisfare alle vostre voglie. Starei a vedere che persona ci fosse a’ tempi nostri, la qual credesse con così magra scusa difendere l’intemperanza sua. Forse non fu la stessa Giulia imperatrice esente da sì fatto discredito. Anzi, se crediamo a Sparziano1731, anch’ella si rendè famosa per l’impudicizia: vizio troppo facile a chi non conosce o non teme il vero Dio, amatore della sola virtù, e punitore de’ vizii, o pure troppo lascia la libertà del conversare all’uno e all’altro sesso. Ma perchè Dione ed Erodiano non riconoscono in lei questo vizio, e vedremo che Sparziano altre favole raccontò di questa imperatrice, possiam credere, rapportar egli qui piuttosto le dicerie del volgo che la verità della storia.