Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/129

Anno 129

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Anno di Cristo CXXIX. Indizione XII.
Telesforo papa 3.
Adriano imperadore 13.


Consoli


Quinto Giulio Balbo e Publio Giuvenzio Celso per la seconda volta.


Celso fu un insigne giurisconsulto di questi tempi. Ad essi ordinari consoli furono sostituiti Cajo Nerasio Marcello e Gneo Lollio Gallo, siccome osservò il Panvinio1, con produrre un’iscrizione antica. Un’altra data alla luce dal canonico Gorio2, ci fa vedere consoli insieme Giuvenzio per la seconda volta, e Marcello anch’esso per la seconda: laonde si può dubitare che Balbo fosse mancato di vita prima di compiere i mesi del suo consolato, o ch’egli prima del collega scendesse. Scrisse Sparziano3 che essendo stato Adriano tre volte console promosse molti altri al terzo consolato, ed infiniti al secondo; il che sembra da lui detto con troppa esagerazione. Che nell’anno precedente venisse Adriano nell’Egitto, e viaggiasse nel presente infaticabilmente per quei paesi, lo provò il padre Pagi4 colle medaglie battute da varie città egiziane nell’anno 11 di esso Adriano. Ora in quest’anno egli fece il viaggio per l’Arabia, e di là tornò a Pelusio, dove fece con maggior magnificenza rifare il sepolcro di Pompeo il Grande. Mentr’egli navigava pel Nilo, perdè Antinoo, giovinetto nato in Bitinia, di rara bellezza, suo gran favorito, ma come si credeva per motivi degni della detestazione di tutti. Nella cronica di Eusebio appunto sotto quest’anno è riferita la di lui morte. Fece correre voce Adriano, che Antinoo caduto nel Nilo si fosse affogato. Ma per testimonianza di Sparziano5 e di [p. 463 modifica]Dione6, opinion comune fu che Antinoo offerisse ai falsi dii la volontaria sua morte, per soddisfare a una bestial curiosità o empia superstizione di Adriano, il quale vago della magia, o credulo alle imposture del gentilesimo7, si figurò di prolungar la sua vita coll’iniquo sacrifizio di questo giovine; oppure, come pensò il Salmasio, volle cercar nelle viscere di lui l’augurio dei fatti avvenire. Comunque sia, certo è, per attestato di Sparziano, che Adriano pianse la morte di Antinoo, come fan le donnicciuole; poscia per consolar sè stesso, e ricompensare il defunto giovinetto, il fece deificare dai Greci; pazza e ridicola risoluzione, per tale riconosciuta anche dagli stessi Gentili, ma specialmente dai Cristiani d’allora, che si servirono di questa empia buffonata per maggiormente screditare la stolta religion de’ Pagani, come si può vedere ne’ libri di san Giustino, di Tertulliano, di Origene e d’altri difensori della santa religione di Cristo. Ma che non sa far l’adulazione? Per guadagnarsi merito con Adriano, i popoli accettarono questo novello dio, gli alzarono statue per tutto l’imperio romano; più templi furono fabbricati in onore di lui, con sacerdoti apposta, i quali incominciarono anche a fingere ch’egli dava le risposte come un oracolo. E gli strologhi, osservata in cielo una nuova stella, non ebbero vergogna di dire che quell’era Antinoo trasportato in cielo. Lo stesso Adriano, con dire di vederlo colà, dava occasion di ridere alla gente savia. Fece egli dipoi fabbricare una città nel luogo dove morì, e fu seppellito Antinoo, alla quale pose il nome di Antinopoli, di cui poche vestigia oggidì restano nell’Egitto.

  1. Panvinius, in Fastis Consul.
  2. Gorius, in Inscript. Etrur.
  3. Spartianus, in Hadriano.
  4. Pagius, in Critic. Baron.
  5. Spartianus, in Hadriano.
  6. Dio., lib. 69.
  7. Aurelius, in Epitome.