Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/117
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Anno di | Cristo CXVII. Indizione XV. Sisto papa 1. Adriano imperadore 1. |
Consoli
Quinzio Negro ed Gajo Visptanio Aproniano.
Secondo l’opinione de’ migliori, l’anno fu questo, in cui santo Alessandro papa gloriosamente terminò i suoi giorni col martirio. Dopo lui, Sisto tenne il pontificato romano. Soggiornando Trajano verso l’Oceano, tuttavia co’ pensieri e desiderii di veder l’Indie, si fece condurre in nave pel golfo, che Dione1 ed Eutropio2 chiamano il mar Rosso, ma che, secondo tutte le apparenze, fu il golfo Persico. Aggiugne Dione ch’egli s’inoltrò in quelle parti sino al luogo, dove si crede che morisse il grande Alessandro, con far ivi le cerimonie funebri in memoria di lui. Ma restò ben deluso, perchè dopo la relazione di tante belle cose che si diceano di que’ paesi, altro non vi trovò che favole e luoghi rovinati. In questo mentre gli vien nuova, che i Parti si son ribellati, e si son perdute tutte le conquiste della Persia e della Mesopotamia, colla morte e prigionia delle milizie lasciatevi di guarnigione. Non tardò Trajano ad inviar colà Massimo e Lucio Quieto. Differente fu la fortuna di questi due generali. Massimo in una battaglia vi lasciò la vita. Lucio Quieto, all’incontro, moro di nazione, ricuperò Nisibi, ed espugnata Edessa, le diede il sacco e la incendiò. Alla medesima pena fu esposta la città di Seleucia, presa da Ericio Claro e da Giulio Alessandro. Tali novità fecero risolvere Trajano a mutar disegno intorno a que’ paesi, scorgendo assai, che non gli sarebbe riuscito di conservarli come provincia, e sotto il governo dei magistrati romani. Però, tornato a Ctesifonte, e fatti raunare in una gran pianura[p. 428] i Romani e i Parti, salito sopra un eminente trono, dichiarò re dei Parti Partamaspare personaggio di quella nazione, chiamato Psamatossiris da Sparziano3, e gli pose in capo il diadema: risoluzione abbracciata volentieri ed applaudita da que’ popoli. Indi passò nell’Arabia Petrea, che s’era anch’essa ribellata; ma vi trovò il paese molto brutto, nè vi potè prendere Atra lor capitale, con patirvi ancora insoffribili caldi e molti altri disastri. Credesi nondimeno da alcuni ch’egli pervenisse fino all’Arabia Felice. Negli stessi tempi4 continuarono più che mai le sedizioni e ribellioni de’ Giudei nella Mesopotamia, nell’Egitto e in Cipri. Attesta Eusebio5, che in Salamina città di Cipri prevalse la forza de’ Giudei contra de’ Gentili, di modo che quella città rimase spopolata. Ma Artemione capitano de’ Cipriotti così fattamente perseguitò i Giudei in quell’isola, che li disertò affatto, facendosi conto, che ivi tra Gentili e Giudei perirono dugento quarantamila persone. Fu anche spedito Lucio Quieto il Moro contra de’ medesimi nella Mesopotamia, che, col farne un’orrida strage, diede fine alla loro inquietudine.
Ma che? tutte queste vittorie e conquiste di Trajano, che costarono tanto sangue e tante spese e fatiche ai Romani, non istettero molto a svanir in fumo; perchè appena ritirossi da quelle contrade Trajano, che le cose ritornarono nel primiero stato, senza restarvi un palmo di dominio pe’ Romani. E se ne ritirò per forza Trajano, perchè nel mese di luglio cominciò a sentire aggravata la sua sanità da male pericoloso, che da lui fu creduto veleno; ma si attribuisce da altri a cessazion delle emorroidi, e da altri ad un tocco di apoplessia, per cui restò offesa qualche parte del suo corpo. Altri in fine vogliono ch’egli fosse assalito dall’idropisia. Questo qualunque sia malore sopraggiunto a Trajano, allorchè meditava di tornarsene in Mesopotamia, gli fece cangiar pensiero, e l’invogliò di ritornarsene in Italia, dove era continuamente richiamato dal senato; e però verso queste parti frettolosamente s’incamminò6. Giunto ad Antiochia, capitale della Soria, lasciò ivi Elio Adriano, suo cugino, con titolo di governatore, e gli consegnò l’esercito romano. Continuato poscia il viaggio sino a Selinonte, città marittima della Cilicia, appellata poi Trajanopoli, oppresso dal male, che Eutropio7 chiamò flusso di ventre, quivi in età di sessantuno, altri dicono di sessantatrè anni, compiè il corso di sua vita, per quanto si crede nel dì 10 d’agosto. Il detto finora ha condotto i lettori a comprendere le mirabili belle doti, che concorsero a rendere Trajano uno de’ più gloriosi imperadori che s’abbia mai avuto Roma, e a cui pochi altri possono uguagliarsi, non che andare innanzi. Oltre alle belle memorie ch’egli lasciò in Roma e in varie parti del romano imperio, in fabbriche sontuose, strade, porti, ponti, si trovano ancora varie città o fabbricate da lui, o che presero il nome da lui. A lui ancora principalmente attribuisce Aurelio Vittore l’istituzione del Corso Pubblico, oggidì appellato le Poste, che veramente ebbe origine da Augusto, ma fu ampliato e regolato in miglior forma da Trajano, acciocchè si potessero speditamente e regolarmente saper dall’imperadore le nuove del vasto imperio romano, e andar e venir prontamente gli uffiziali cesarei: giacchè, come dottamente osservò il Gotofredo8, serviva allora la posta solamente per gli ministri ed uomini dell’imperatore, e non già per le persone private, ed era mantenuta alle spese del Fisco con cavalli, calessi e carrette. Ma siccome osserva[p. 430] Aurelio Vittore9, e si raccoglie dal codice teodosiano, questo lodevol istituto col tempo, e sotto i cattivi imperadori degenerò in uno intollerabil aggravio delle provincie e de’ sudditi. Non fu già esente da ogni difetto Trajano, e van di accordo Dione10, Aurelio Vittore11, Sparziano12 e Giuliano l’Apostata13 in dire ch’egli cadea talvolta in eccessi di bere; ma non si sa ch’egli commettesse giammai azione alcuna contra il dovere, allorchè era riscaldato dal vino. Anzi, se crediamo ad esso Vittore, egli ordinò di non aver riguardo a ciò ch’egli avesse comandato dopo essere intervenuto a qualche convito. Aggiugne Dione, ch’egli fu suggetto ad un’infame libidine, abborrita dalla natura stessa, ma senza fare violenza o torto ad alcuno. Tutti effetti della falsa e stolta religione dei Gentili, la quale accecava e affascinava talmente le loro menti, che non si attribuivano a vergogna e peccato le maggiori enormità, che san Paolo chiaramente nomina e riconosce per un gran vitupero del gentilesimo allora dominante. Contuttociò nelle virtù politiche, e massimamente nell’amorevolezza, clemenza e saviezza, fu sì eccellente questo Augusto, che14 da lì innanzi nelle acclamazioni che faceva il senato al regnante imperadore, si usò di augurargli, che fosse più fortunato d’Augusto, più buono di Trajano. E ben godè sotto di lui Roma e l’imperio tutto una mirabil calma: se non che si sentirono tremuoti in varie città, e peste e carestia in vari luoghi, e in Roma seguì una fiera inondazion del Tevere: malanni nondimeno, che servirono solamente di gloria a Trajano, perchè egli in quante maniere potè si adoperò per rimediare ai lor pessimi effetti, e per sovvenire chi era in bisogno. Fiorirono ancora sotto questo insigne imperadore vari eccellenti ingegni, perchè egli al pari degli altri più rinomati regnanti, amò i letterati, e promosse le lettere. Restano a noi tuttavia le Opere di Cornelio Tacito, di Plinio il giovane e di Frontino, per tacer d’altri, che fiorirono anche sotto Adriano, e d’altri de’ quali si son perduti i libri.
Ora Plotina imperadrice, che accompagnò sempre in tutti i suoi viaggi il marito Trajano, dacchè egli fu morto, non lasciò traspirare la di lui perdita, se non dappoichè ebbe concertato tutto per fargli succedere Publio Elio Adriano di lui cugino, giacchè non si sa che Trajano avesse mai figliuolo alcuno. La fama è varia intorno a questo punto. Crederono alcuni15, che fosse corso per mente a Trajano di lasciar l’imperio a Nerazio Prisco giurisconsulto di que’ tempi, e che gli dicesse un giorno: A voi raccomando le provincie, se qualche disgrazia mi accadesse. Altri pensarono16 ch’egli avesse posti gli occhi sopra Serviano cognato di Adriano, ed altri fin sopra Lucio Quieto, che già dicemmo moro di nazione. Lo creda chi vuole. Vi fu chi disse essere stata sua intenzione di nominar dieci persone, lasciando poi la scelta del migliore al senato, dopo la sua morte. Nulla di ciò fu fatto. Solamente sul fin della vita adottò e nominò suo successore Adriano, e ciò per opera di Plotina Augusta e di Celio Taziano o sia Attiano, tutore di esso Adriano; perchè veramente Trajano non mostrò mai tenerezza alcuna di amore per lui, conoscendone assai i difetti; e l’avea bensì sollevato alla dignità di console, ma senza dargli cariche riguardevoli sussistenti: il che non si accorda con ciò che abbiam detto rivelato a lui da Licinio Sura17 nell’anno 109, cioè che fin d’allora Trajano meditava di adottarlo per suo figliuolo. Convengono nondimeno gli storici in dire, che[p. 432] Plotina co’ suoi maneggi portò il marito infermo a dichiararlo suo figliuolo e successore, siccome quella che, se vogliamo prestar fede a Dione18, era innamorata di Adriano: il che facilmente potè immaginar la malizia solita a far dei ricami alle azioni altrui, e massimamente dei grandi. Anzi non mancò chi credesse essere stata l’adozion di Adriano una tela interamente fatta da essa Plotina senza notizia e consentimento di Trajano, ed anche dopo la di lui morte, tenuta celata apposta per qualche dì, con fingire fatta da lui l’adozione suddetta. A questo sospetto diede qualche fondamento l’essere state spedite le lettere al senato coll’avviso di tale adozione, ma sottoscritte dalla sola Plotina. Fece la medesima Augusta per solleciti corrieri intendere ad Adriano la nuova dell’operato da Trajano (se pur tutta sua non fu quella fattura) nel dì 9 di agosto. Poscia nel dì 11 gli arrivò la nuova della morte di Trajano19. Non perdè tempo Adriano a scriver lettere al senato, intitolandosi Trajano Adriano, e pregandolo di confermargli l’imperio, e protestando di non ammettere onore alcuno, ch’egli non avesse prima domandato ed ottenuto dal medesimo senato, con altre sparate di non voler fare se non ciò che fosse utile al pubblico, di non far morire alcun senatore, aggiungendo a tali proteste gravi giuramenti ed imprecazioni, se non eseguiva ciò che prometteva. Niuna difficoltà si trovò ad approvare la di lui successione, ben conoscendo i senatori, che, comandando egli al nerbo maggiore delle milizie romane, pazzia sarebbe il negare a lui ciò che colla forza potrebbe ottenere. Oltre di che l’esercito stesso della Soria, appena udita l’adozione di lui e la morte di Trajano20, l’avea riconosciuto per Imperadore: del che fece egli scusa col senato. Uscì Adriano di Antiochia, per veder le ceneri ed ossa dello stesso Trajano, che Plotina sua moglie, Matidia sua nipote e Taziano portavano a Roma; e poscia se ne ritornò ad Antiochia, per dar sesto agli affari dell’Oriente, prima d’imprendere anch’egli il suo viaggio alla volta della Italia. Furono accolte in Roma esse ceneri colle lagrime e con un trionfo lugubre, ed introdotte in quella città sopra un carro trionfale, in cui si mirava l’immagine del defunto Augusto; e poscia collocate in un’urna d’oro sotto la colonna trajana, con privilegio conceduto a pochi in addietro, perchè non era lecito il seppellire entro le città21. Egli certo fu il primo degl’imperadori che fossero entro Roma seppelliti. Scrisse Adriano al senato, acciocchè gli onori divini, secondo l’empio costume del gentilesimo, fossero compartiti a Trajano. Non sol questi, ma altri ancora, come templi e sacerdoti, decretò il senato alla di lui memoria; e per molti anni dipoi si celebrarono in onor suo i giuochi appellati Partici.
Anno di | Cristo CXVIII. Indizione I. Sisto papa 2. Adriano imperadore 2. |
Consoli
Elio Adriano Augusto per la seconda volta, e Tiberio Claudio Fosco Alessandro.
Credesi che Trajano avesse all’anno precedente designato console Adriano per l’anno presente. Ma anche senza di questo, il costume era che i novelli Augusti prendessero il consolato ordinario nel primo anno del loro governo. Era nato Adriano nell’anno 76 della nostra Era, nel dì 24 di gennaio, per testimonianza di Sparziano22, da cui abbiam la sua vita. Ebbe per moglie Giulia Sabina, figliuola di Matidia Augusta, di cui fu madre Marciana Augusta, sorella di[p. 434] Trajano. Perchè in sua gioventù comparve scialacquatore, si tirò addosso lo sdegno di Trajano, suo parente, e già suo tutore. Tuttavia tal era la sua disinvoltura e vivacità di spirito, che si rimise in grazia di lui, e ricevè anche molti onori da lui; ma non mai giunse in vita del medesimo ad essere accertato di succedergli nell’imperio a cagion del suo naturale, in cui quel saggio imperadore trovava bensì molte belle doti, ma insieme sapea scoprire non pochi vizii, quantunque Adriano si studiasse di dissimularli e coprirli. L’ambizione traspariva dalle di lui azioni e parole, molto più la leggerezza e l’incostanza; e sopra tutto, il suo essere stizzoso e vendicativo, facea temere che sarebbe portato alla crudeltà. Non si può negare, che la penetrazione del suo intendimento, la prontezza delle sue risposte, un’applicazione a tutto quanto può riuscir d’ornamento a persona nobile, l’aiutavano a brillar nella corte e negli uffizi a lui commessi. Prodigiosa era la sua memoria. Tutto quanto leggeva, lo riteneva a niente. Fu veduto talvolta in uno stesso tempo scrivere una lettera, dettarne un’altra, ascoltare e favellar con gli amici. Non si lasciava andar innanzi alcuno nella cognizion delle lingue greca e latina; sapea egregiamente comporre tanto in prosa che in versi, ed anche improvvisava talvolta con garbo23. La medicina, l’aritmetica, la geometria le possedeva; dilettavasi di sonar vari strumenti, di dipignere, di lavorar delle statue; e la sua non mai sazia curiosità il portava a voler sapere di tutto, con insino inoltrarsi molto nel vanissimo studio della strologia giudiciaria, o nell’empio della magia. Lasciò anche dopo di sè vari libri di sua composizione in prosa e in versi. Suo maestro, o pure aiutante di studio, fu Lucio Giulio Vestinio, che servì poscia a lui divenuto imperadore di segretario, e vien chiamato soprantendente alle biblioteche di
- ↑ Dio., lib. 68.
- ↑ Eutropius, in Breviar.
- ↑ Spartianus, in Vita Hadriani.
- ↑ Dio., lib. 68.
- ↑ Euseb., in Chron.
- ↑ Aurel. Vict., in Epit.
- ↑ Eutrop., in Breviar.
- ↑ Gothofredus ad Legem 8, Tit. 5, Codic. Theodosiani.
- ↑ Aurelius Victor., de Caesarib.
- ↑ Dio., lib. 68.
- ↑ Aurel. Vict., de Caesarib.
- ↑ Spart., in Vita Hadriani.
- ↑ Julian., de Caesar.
- ↑ Eutrop., in Breviar.
- ↑ Spartianus, in Vita Hadriani.
- ↑ Dio., lib. 69.
- ↑ Spartianus, in Vita Hadriani.
- ↑ Dio., lib. 69.
- ↑ Dio., ibid.
- ↑ Spartianus, in Vita Hadriani.
- ↑ Eutropius, in Breviar.
- ↑ Spartianus, in Vita Hadriani.
- ↑ Dio., lib. 69.