Amorosa visione/Capitolo VI
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CAPITOLO VI.
Al suon di quella voce grazïosa,
Che nominò il maestro, dal qual’io
Tengo ogni ben, se nullo in me sen posa:
Benedetto sia tu, eterno Iddio,
5C’hai conceduto ch’io possa vedere
In onor degno ciò ch’avea in disio,
Incominciai allora, nè potere
Aveva di partir gli occhi dal loco,
Dove parea il signor d’ogni savere,
10Tra me dicendo: deh perchè il foco
Di Lachesi per Antropo si stuta
In uomo sì eccellente, o dura poco?
Viva la fama tua, o ben saputa
Gloria de’ Fiorentin, da’ quali, ingrati,
15Fu la tua vita assai mal conosciuta!
Molto si posson riputar beati
Color che già ti seppero, e colei
Che ’n te s’incinse, onde siamo avvisati.
Io riguardava, e mai non mi sarei
20Saziato di mirarlo, se non fosse,
Che quella Donna che i passi miei
Là entro con que’ due insieme mosse,
Mi disse: che pur miri? Forse credi
Rendergli col mirar le morte posse?
25E’ c’è altro a veder che tu non vedi:
Tu hai costì veduto; volgi omai
Gli occhi a que’ del mondan romore eredi;
I quali, quando riguardati avrai,
Di quinci andremo, che lo star mi sgrata.
30A cui io dissi: Donna tu non sai
Neente, perchè tal mirar m’aggrata
Costui cui miro, che se tu il sapessi,
Non parleresti forse sì turbata.
Veramente se tu il mi dicessi
35Nol saprei me’, rispose quella allora,
Ma perder tempo è pur mirare ad essi.
Oltre passai senza far più dimora
Con gli occhi a riguardar (lasciando stare
Quel ch’io disio di rivedere ancora)
40Là dove a colei piacque che voltare
Io mi dovessi, e vidi in quella parte
Cosa ch’ancor mirabile mi pare.
Odi: che mai natura con sua arte
Forma non diede a sì bella figura;
45Non Citerea allor ch’ell’amò Marte,
Nè quando Adon le piacque, con sua cura
Si fe’ sì bella, quanto infra gran gente
Donna pareva lì leggiadra e pura.
Tutti lì soprastava veramente
50Di ricche pietre coronata e d’oro,
Nell’aspetto magnanima e possente:
Ardita sopra un carro tra costoro
Grande e trionfal lieta sedea,
Ornato tutto di frondi d’alloro,
55Mirando questa gente: in man tenea
Una spada tagliente, con la quale
Che ’l mondo minacciasse mi parea.
Il suo vestire a guisa imperïale
Era, e teneva nella man sinestra
60Un pomo d’oro: e ’n trono alla reale
Vidi sedeva, e dalla sua man destra
Due cavalli eran che col petto forte
Traeano il carro tra la gente alpestra.
E intra l’altre cose, che iscorte
65Quivi furon da me intorno a questa
Sovrana donna, nemica di morte,
Nel magnanimo aspetto fu, ch’a sesta
Un cerchio si movea grande e ritondo
Da’ piè passando a lei sopra la testa.
70Nè credo che sia cosa in tutto ’l mondo,
Villa, paese dimestico o strano,
Che non paresse dentro da quel tondo.
Era sopra costei, e non invano,
Scritto un verso, che dicea leggendo:
75Io son la Gloria del popol mondano.
Così mirando questa, e provedendo
Ciò che d’intorno, di sopra e di sotto
Le dimorava, e chi la gía seguendo,
O lei mirava; senza parlar motto
80Per lungo spazio in ver di lei sospeso
Tanto stett’io, che d’altra cura rotto
Nella mente sentimmi, e il viso steso
Diedi a mirar il popolo che andava
Dietro a costei, chi lieto e chi offeso,
85Siccome nel mio credere estimava:
E quivi più e più ne vidi, e quale
Conobbi, se ’l parer non m’ingannava,
Onde al disio di mirar crebbi l’ale.