Amori (Savioli)/VIII - All'Amica, che lascia la città
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Ai freddi colli indomito
Il ghiaccio ancor sovrasta,
Soffia aquilone, e ai zefiri
4Signoreggiar contrasta.
Sdegnoso il verno esercita
Le moribonde forze;
Chiude timor le Driadi
8Nelle materne scorze.
Qual nova cura estrania,
Quai pensier gravi e foschi,
Te innanzi tempo guidano
12Dalla cittate ai boschi?
I prati in pria si vestano
Dell’odorate spoglie,
Prima ricovrin gli arbori
16L’onor di verdi foglie.
Progne ritorni intrepida
Dai caldi Egizj liti
Le antiche forme a piangere,
20E Filomena, ed Iti.
Allora ostenta il giovane
Anno la sua beltate;
Tal era intero all’aurea
44Del buon Saturno etate.
E allor tu ai boschi attoniti
Mostra l’amato viso.
Felice te, cui seguono
48Gli amor leggiadri, e ’l riso!
Psiche apparía: prostravasi
La turba al suol devota;
E in te le selve onorino
52Divinitate ignota.
Circonderan me misero
Le ingrate mura intanto:
Tue le delizie siano,
56Mie le querele, e ’l pianto.
Qual è più cieco e livido
Di gelosía sospetto,
Lui mio malgrado accogliere
60Dovrò, te lunge, in petto.
Casta abitar compiacquesi
Diana ancor le selve:
La pura mano armavano
64Dardi terror di belve.
Al cacciator Gargafio,
Che osò mirarla al fonte,
Ultrici acque cangiarono
68La temeraria fronte.
Pur crederai? d’Arcadia
L’incolto Dio la vede:
Offre, e del Dio le piacciono
72Le offerte, il ceffo, e ’l piede.
Nol seppe il Sol; più tacita
L’oscura notte arrise;
Vide contenta Venere
76La sua vendetta, e rise:
Roser lascivi i Satiri,
Meravigliando, il dito;
E alle ritrose Oreadi
80Piacque l’esempio ardito.
Ma con chi parlo? i fervidi
Fuggon destrier contenti:
La mia speranza portano
84Essi, la voce i venti.
Non s’involò più rapida
Sull’infernal quadriga
La Siciliana vergïne,
88Preda di nero auriga.
O avverso Amor, cui serbansi
Sol per timor gli altari,
Pel cui voler sottentrano
92Ai lieti i giorni amari!
Te invano al cor giungendoti
Un de’ tuoi dardi offese,
Se del tuo mal memoria
96Men crudo altrui nol rese.