Amleto (Rusconi)/Atto terzo/Scena IV

Scena IV

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William Shakespeare - Amleto (1599 / 1601)
Traduzione dall'inglese di Carlo Rusconi (1901)
Scena IV
Atto terzo - Scena III Atto quarto - Scena I

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SCENA IV.


Un’altra stanza della reggia.


Entrano la Regina e Polonio


POLONIO.
Verrà subito. Pensate a fargli gravi rimproveri; ditegli che le sue bisbetichezze sono state spinte tant'oltre da non potersi tollerare, che vostra grazia lo ha difeso e si è frapposta fra lui e una gran collera.1 Io mi starò costà silenzioso. Pregovi, parlategli a dovero
AMLETO.
(di dentro). Madre! madre! madre!
REGINA.
Lo farò, non temete; ritiratevi, l’odo venire. (Polonio si nasconde.).

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Entra Amleto


AMLETO.
Ebbene, madre, che v’è?
REGINA.
Amleto, tu hai molto offeso tuo padre.
AMLETO.
Madre, voi avete offeso molto il padre mio.
REGINA.
Tu rispondi vuote parole.
AMLETO.
Voi fate vuote dimande.
REGINA.
Oh! che è ciò, Amleto?
AMLETO.
Ebbene, che vi è adesso?
REGINA.
Avete dimenticato chi sono?
AMLETO.
No, per la croce, no, siete la regina e la moglie del fratello del vostro consorte. Ma così nol foste! E siete mia madre.:
REGINA.
Quand’è così manderò qualcuno che potrà parlarvi.
AMLETO.
Via, via, sedete; voi non vi muoverete, non uscirete di qui finchè io non abbia posto dinanzi a voi uno specchio, nel quale potrete vedere le vostre più intime parti.
REGINA.
Che vuoi tu fare? Tu non vorrai uccidermi? Soccorso, oh soccorso!
POLONIO.
(dietro gli arazzo). Soccorso, olà! soccorso, soccorso!
AMLETO.
Come! Un topo? (Snuda la spada.) Un ducato, che è morto. (Trapassa gli arazzi colla spada.)
POLONIO.
(e. s.). Oh, sono ucciso. (Cade e muore.)
REGINA.
Oimè, che hai tu fatto?
AMLETO.
Affè, noi so: è il re? (Alza gli arazzi e trae a sè Polonio.)
REGINA.
Oh atto crudele e sanguinoso!
AMLETO.
Atto sanguinoso.... quasi tanto malvagio, buona madre, quanto l'uccidere un re e sposarne il fratello.
REGINA.
Uccidere un re!
AMLETO.
Si, signora, furono le mie parole. — Addio tu, sciagurato (a Polonio), pazzo, temerario, intrusore! Ti presi per qualche cosa di meglio;2 sopporta la tua fortuna; tu vedi quanto sia pericoloso uno zelo soverchio. — Cessate dal contorcervi le mani, calmatevi, sedete, lasciate ch’io ponga a nudo il vostro cuore. E ciò farò se é composto di un midollo penetrabile, e se l'abito del delitto non l'ha impietrito per guisa che sia a prova di ogni assalto.
REGINA.
Che ho io fatto che tu debba tenere con me un tale linguaggio?
AMLETO.
Un atto che contamina la grazia e il rossore [p. 65 modifica]
della modestia; che fa chiamare ipocrisia la virtù; che strappa la rosa dalla bianca fronte di un amore innocente e ci imprime un ulcere; che rende i voti dell'imeneo falsi come le promesse dei giuocatori. Oh tale un atto che spegne la fede degli accordi e muta la dolce religione in una rapsodia di parole. La faccia del cielo ne corrusca, la terra ne è contristata come se fosse giunto il giorno del giudizio finale.
REGINA.
Oimè, quale atto dunque denunciato da si orrendo prologo, da accento così concitato?
AMLETO.
Mirate quei due ritratti (accennando a due quadri che pendono dalla parete)... le immagini di due fratelli. Mirate quanta grazia su quella fronte; la chioma di Apollo,3 la maestà di Giove, l'occhio di Marte che comanda o minaccia, l'attitudine di Mercurio, il messaggiero alato allorché ferma il piede sulla cima di una montagna che tocca le nubi; una combinazione di forme sì elette che ogni nume sembrava averci messa la sua impronta per mostrare al mondo che può esserci un uomo. Questi era il vostro sposo.... Guardate ora l'altro. È questi il marito vostro, che, come spiga corrotta, ha fatto morire la fiorente pianta che gli cresceva allato. Non avete voi occhi? Poteste voi lasciare di spaziarvi su questo ameno colle per andare ad errare in quella fetida palude? Ah! non avete non voi occhi? Voi non potete invocare l’amore, perocché alla vostra età cessa la foga del sangue e prevale il senno. E qual senno poteva consigliare un tal mutamento? Voi avete i sensi, certo, senza di che non sareste una creatura di questo mondo, ma i vostri sensi debbono essersi ottusi, perocchè non fu mai tanta demenza che non lasciasse una parte di discernimento per eleggere almeno fra gli oggetti più contrari. Qual demone fu che vi avviluppò gli occhi occhi, di tal benda? Gli occhi senza il tatto, le orecchie senza le mani o gli occhi; un altro senso qualunque,4 o una sola parte e anche inferma di esso sarebbe bastata a preservarvi da tanta caduta. Oh vergogna! dove è il tuo rossore? Ribelle inferno, se tu puoi accendere così la rivolta ne' petti anche matronali, la virtù dovrà fondersi come cera ai fuochi della giovinezza, nè vi sarà più onta a seguirea gli impulsi del senso se il ghiaccio stesso arde di tal fiamma e la ragione si fa mezzana della volontà.
REGINA.
Oh Amleto, non dire di più, tu fai volgere i miei [p. 66 modifica]occhi nelle parti più recondite della mia anima e quivi scerno tale bruttura che la macchia ne sarà incancellabile.
AMLETO.
Vivere nel sudore impuro di un infame letto, cinta di corruzione, pascersi nella melma di un turpe amore...
REGINA.
Oh non dirne di più; queste parole mi trafiggono come pugnali: basta, buon Amleto.
AMLETO.
Un micidiale, uno scellerato, un vile, che non vale la infinitesima parte del vostro primo consorte... un fantoccio di re, un tagliaborse che si addobbò del manto dell’autorita, che rubò da uno scrigno la corona e se la pose in saccoccia!
REGINA.
Non più.
AMLETO.
Un re di ritagli e di toppe... (Entra lo Spettro.) Proteggetemi e ricoveratemi sotto le vostre ali, milizie celesti! — Che vuoi, ombra cara?
REGINA.
Oimè! egli è demente.
AMLETO.
Vieni tu per garrire la lentezza di tuo figlio che lasciando trascorrere il tempo e raffreddarsi lo sdegno neglesse l’esecuzione de' tuoi tremendi comandi? Oh dillo.
SPETTRO.
Non obliare; vengo per ravvivare il tuo ardore quasi spento. Guarda! lo stupore opprime tua madre: oh poniti fra lei e la sua anima commossa; nei corpi deboli l’immaginazione agisce con maggior forza. Parlale, Amleto.
AMLETO.
A che pensate, signora?
REGINA.
Oimè a che pensi tu, che figgi gli occhi nel vuoto e sembri intrattenerti coll'aria incorporea? La tua anima prorompe furiosa da' tuoi occhi; i tuoi capelli animati da vita, simili a scolte dormienti riscosse da improvviso romore, si drizzano impetuosi... Oh dolce figlio, spandi il balsamo della tua pazienza sull'ardore del tuo morbo.... Dove guardi?
AMLETO.
Su di lui! su di lui! Mirate come è pallido! Il suo aspetto e la cagione che lo guida basterebbero a commuovere le pietre. — Non guardarmi; quello sguardo doloroso potrebbe turbare i miei fieri propositi; l'opera che ho da compiere potrebbe mancare del suo vero colore; lagrime, forse, per sangue....
REGINA.
A chi parli così?
AMLETO.
Non vedete la nulla?
REGINA.
Nulla, e nondimeno veggo tutto quello che è.
AMLETO.
E nulla udiste?
REGINA.
Nulla fuori delle nostre voci.
AMLETO.
Oh guardate là! Guardate come si allontana! Mio padre colle vesti che aveva in vita! Mirate, egli varca ora il limitare della porta (Lo Spettro esce.) [p. 67 modifica]
REGINA.
Questa è opera del tuo cervello; il delirio è fecondo nel creare queste vane larve.
AMLETO.
Il delirio! il mio polso è regolare come il vostro e batte in cadenza uguale; non è demenza quello ch'io dissi. Ponetemi alla prova e lo ripeterò, nè ciò è proprio della clemenza. Madre, per amore della grazia, non vi pascete della bugiarda idea che è la mia follia che, parla e non la vostra colpa; ciò sanerebbe al di fuori la piaga che invisibile nell’interno continuerebbe a diffondere la corruzione. Confessatevi al cielo, rimpiangete quanto avvenne; evitate quello che sta per accadere e non alimentate le erbe venefiche per renderle vieppiù micidiali. Perdonatemi questo linguaggio della virtù avvegnachè nella corruzione di questi tristi tempi la virtù debba impetrar perdono dal vizio e ottenere per grazia il permesso di giovargli.
REGINA.
Oh Amleto! tu mi hai spezzato il cuore!
AMELTO.
Oh gettatene lungi da voi la parte corrotta e vivete di più pura vita coll'altra. Addio, ma non andate al letto di mio zio; se non avete virtù, assumetene almeno l'aspetto. L'abitudine, mostro che annienta ogni nostra sensibilità, il demone dell’abitudine è un angelo in ciò che da pur anche alle opere buone e virtuose una veste che è facile indossare. Astenetevi questa notte, più facile vi sarà una seconda astinenza, vieppiù facile le altre perchè l'uso muta quasi l'impronta della natura e doma il demonio o lo caccia con potenza maravigliosa. Anche una volta, addio, e quando sentirete il bisogno della benedizione del cielo, allora verrò ad implorare la vostra. — Per quest’uomo (indicando Polonio), io mi pento, ma al cielo è piaciuto cosi; col mio mezzo ei volle punirlo come io fui da lui punito divenendo strumento di tal castigo. Lo trarrò altrove e risponderò della sua morte. Addio, debbo essere crudele solo per essere pietoso. Così al male che comincia rimane dietro il peggio. Anche una parola, signora.
REGINA.
Che debbo fare?
AMLETO.
Non quello che assolutamente io vi dico di fare. Rientrate pure nel letto dell'ebbro re e abbiatene le carezze;5 in compenso de' suoi baci ardenti ottenga egli da voi la confessione ch'io non sono demente, che simulata è la mia pazzia. Giova che ciò gli diate a conoscere, imperocchè chi, tranne una regina bella, savia, modesta, vorrebbe nascondere così cari segreti ad un mostro odioso?6 Chi potrebbe far ciò? No, in onta [p. 68 modifica]del senso e della discretezza aprite il canestro sul tetto e lasciatene fuggire gli uccelli; poi, come la scimmia famosa, andateci voi dentro e precipitate sul pavimento.7
REGINA.
Sii sicuro; quanto è vero che la voce è un alito e che l’alito è necessario alla vita, io non avrò una parola per rivelare quello che mi dicesti.
Amleto.
Debbo andare in Inghilterra, voi lo sapete?
REGINA.
Oimè l’aveva dimenticato, la cosa è decisa.
AMLETO.
Le lettere sono suggellate, e i miei due compagni di studio, nei quali confiderò come nel serpe avvelenato, assunsero l’ufficio; essi debbono aprirmi la via e condurmi dove il tradimento mi aspetta. Lasciamo correre; diletta il vedere un minatore incenerito dalla esplosione ch’egli stesso aveva preparata: e sarà ben dura cosa se io non iscavo al di sotto delle loro mine e non li faccio saltare fino alle nubi. Oh è assai piacevole il vedere due astuzie di fronte. La morte di quest’uomo farà affrettare la mia partenza; ne trascinerò il cadavere nella stanza vicina. Madre, addio. — Ora questo consigliere è fatto grave, rigido, segreto, egli che per tutta la vita cianciò. Vieni, amico. finiamola con te: buona notte, madre. (Escono da diverse parti; Amleto tirando dietro di se il cadavere di Polonio.)



  1. Quella del re, sottinteso.
  2. Cioè pel re
  3. Di Iperione.
  4. L'odorato in mancanza di tutt'altro.
  5. E che ei vi stringa fra le dita la gota, e vi chiama il suo topo.
  6. Ad un rospo, ad un gatto, ad un pipistrello.
  7. E rompetevi il collo cadendo.