Amarillide, deh vieni
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XLIX
Invita Amarilli alla campagna.
Amarillide, deh vieni,
Non ti prego, e non t’invito,
Perchè gli occhi tuoi sereni
Sian conforto al cor ferito,
5Questo priego è troppo altero,
A ragion me ne dispero.
Vieni almen per trarre un’ora
Tutta lieta e dilettosa;
Qui vermiglia esce l’Aurora,
10Qui la terra è rugiadosa;
Qui trascorre onda d’argento,
Qui d’Amor mormora il vento.
Mirerai rive selvagge,
Chiusi boschi, aperti prati,
15Spechi ombrosi, apriche piagge,
Valli incolte, e colli arati;
Che dirò di tanti fiori?
Fior, che dan cotanti odori?
I nevosi gelsomini,
20Le vïole impallidite,
Gli amaranti porporini
Di beltà movono lite,
Ma la rosa in su la spina
Sta fra lor quasi regina.
25Dritto è ben che alla sua gloria
Dia tributo ogni altro fiore,
Poi rinnova la memoria
Del sì nobile dolore,
Che Ciprigua ebbe nel seno,
30Quando Adon veniva meno.
Nessun speri esser felice
Per lo stral d’Amore ardente;
La medesma genitrice
In amor visse dolente,
35E mirossi il suo conforto
Da cinghial trafitto e morto.
O che fu vedere in pianti
Il bel nume di Citera?
I begli occhi, i bei sembianti
40Furon ben d’altra maniera,
Che non fur quando per loro
Ella vinse il pomo d’oro.
Sparsa il crin batteva il petto,
Che di duol si distruggea;
45E del freddo giovinetto
Pur le lagrime suggea,
E suggeva i dolci baci,
Oggimai poco vivaci.
E diceva: o d’un bel volto
50Soavissima dolcezza,
Il cui ben per me s’è volto
In angoscia ed in tristezza,
Paja qui fra tanti guai
Segno almen, come t’amai.
55Sì del giovine impiagato
Lagrimò la sorte acerba,
Poi del sangue innamorato
Con sua man dipinse l’erba,
E di foglia sanguinosa
60Germogliò la prima rosa.