Alpi e Appennini/Un episodio delle valanghe al gran San Bernardo
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UN EPISODIO DELLE VALANGHE
al gran San Bernardo
Disastri terribili che spianarono villaggi intieri seppellendo sotto le rovine centinaja di vittime. E la carità, sempre vigile, sempre pronta ad accorrere dappertutto ove la sventura piomba cieca ed inesorabile, vestì un’altra volta la gloriosa assisa del soldato italiano e non si arrestò di fronte a pericoli ed a stenti pur di riuscire a salvare ed a soccorrere.
Troppo noti sono gli episodii dolorosissimi avvenuti nelle Valli di Susa e di Lanzo.
Si era annunziato sui giornali che anche al Grande San Bernardo le valanghe avevano compiuto una triste impresa di morte. E la cosa parve naturale e nessuno si incaricò di appurarla o di smentirla. Fino a pochi mesi or sono, i micidiali fasti delle valanghe, erano quasi sconosciuti. Di rado se ne parlava ed era sempre al Grande S. Bernardo che le notizie si riferivano.
Poveri lavoratori, a campagna finita ritornavano dalla Svizzera per restituirsi al natio Piemonte. La neve era caduta a larghe falde e i dirupi che asseragliano la strada del San Bernardo dal versante svizzero e sopratutto dal luogo nomato defilé di Marengo fino all’Ospizio, erano coperti da enormi ammassi di neve. Ad un tratto uno di questi ammassi piombava e si ingrossava per via tuonando e sibilando e, in un baleno, la povera carovana veniva travolta e seppellita.
Il supremo urlo della disperazione era stato udito più in su della vigile scolta dei santi monaci e, i cani salvatori, si erano già slanciati al soccorso. E si lavorava con febbrile attività fino a che si riusciva a scoprire gli sventurati cui si apprestavano pronte cure e venivano poscia caricati sulle barelle e, con mesto corteo, trasportali all’Ospizio.
Ma tali sventure fortunatamente capitavano di rado! Ora invece lo scoppio livellatore e micidiale delle valanghe si è fatto generale in tutte le vallate alpine, e, l’eco dolorosa di tanti disastri si è fatta sentire dappertutto, viva e terribile.
Al grande San Bernardo è successo invece un episodio senza dolorose conseguenze.
La neve era caduta anche all’Ospizio in quantità così enorme da giungere fino alle finestre del primo piano.
I canonici avevano già coi cani e coi servi esplorata la montagna fino alle cantine dei due versanti. Nulla di inquietante erasi mostrato ai loro sguardi e ritornarono all’Ospizio tranquilli e fidenti nella provvidenza divina.
E per quel giorno non si pensò più a cose tristi.
Il mattino susseguente il padre economo (pére clavendier) canonico Luisier riceve dai domestici una cattiva notizia. L’acqua nella fontana dell’Ospizio erasi improvvisamente arrestata e conveniva provvedere al grave caso.
Convenne organizzare una spedizione per cercare qualche sorgente nei dintorni.
Il canonico Luisier accompagnato da due domestici esce dall’Ospizio e s’avvia lentamente battendo la strada sulla molle neve, verso la sorgente nomata Arras. I due domestici portano attaccati a un bastone alcuni grandi recipienti.
Cammina e cammina e l’acqua non si trova. Gli esploratori cominciano a inquietarsi quando si udì uno scroscio terribile.
Una valanga si era staccata dall’alto della montagna e precipitava violenta sopra i tre cercatori di acqua.
Il canonico Luisier, che fu il primo ad avvedersene, diede in un grido potentissimo: gare à l’avalanche! e fece alcuni salti all’indietro.
La valanga scese enorme, irruente, colpì in pieno corpo i due domestici e li travolse seco portandoli rapida come il fulmine fin sulla riva del lago.
Dalle finestre dell’Ospizio i canonici e gli allievi avevano visto tutto e scesero in furia muniti di vanghe, di una barella e di quanto occorreva per il salvataggio.
Trovarono il bravo Luisier e Turc e Bellone, due famosi cani, già occupati a scoprire il corpo di uno dei domestici che la valanga non aveva completamente ravvolto.
In breve questi fu in piedi e un po’ di cognac lo mise in condizioni di lavorare lui pure alla ricerca del compagno.
Il lavoro fu lungo e penoso. Finalmente un ah! della massima soddisfazione troncò tante ansie dolorose. Spuntava un piede!
Si raddoppiò di lena e in breve tutto il corpo venne scoperto e Bellone gli si pose sopra a riscaldarlo ed a leccarlo.
Il povero domestico non dava più segni di vita e la sua faccia era di un bleu nero assai inquietante.
Gli fanno inghiottire un po’ di liquore e lo trasportano sulla barella al vicino Ospizio.
Per istrada il domestico apre gli occhi e afferra tosto la conoscenza del suo stato e del pericolo corso. Guarda alla montagna ed esclama con tutta calma: bougre! je suis venu bien bas!
All’Ospizio gli usarono tutte le cure e poi venne inviato per un paio di giorni alla Casa del Moncenisio in più mite aere acciò si ristabilisse completamente.
Ed ora ritornò al suo posto e narra con tutta disinvoltura il caso occorsogli e sta meglio di prima.
I bravi canonici del Grande S. Bernardo furono paghi di non aver provato che una discreta emozione.
G.C.