Alessandro Manzoni (De Sanctis)/Nota/Appendice
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Appendice
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APPENDICE
I. Del romanzo storico e dei «Promessi Sposi». — Per queste lezioni zurighesi tenute nel primo semestre dell’anno accademico 1857-58, parallelamente alla prima parte del corso petrarchesco (per cui cfr. l’introduzione di Sergio Romagnoli a F. De S., Lezioni zurighesi sul Petrarca e altri scritti, Liviana Editrice in Padova, 1955), abbiamo potuto consultare il microfilm del manoscritto del Frizzoni, gentilmente messo a nostra disposizione dal Romagnoli. Nel frontespizio si legge la seguente dicitura di mano del Frizzoni: Lezioni del prof. Francesco De Sanctis raccolte da Teodoro Frizzoni a Zurigo nel 1858. Il manoscritto, steso in scrittura fitta, uguale e chiara, non solleva particolari problemi d’interpretazione: per cui i nostri interventi si son limitati a qualche lieve ritocco di punteggiatura e ad alcune correzioni formali di cui qui diamo un elenco, avvertendo che tralasciamo qualche evidente lapsus e gli errori di ortografia. Indicheremo con Ro il testo fornito dal Romagnoli:
II. Il «Cinque Maggio». — Lezione tenuta a Zurigo durante il corso sulla lirica italiana (1858-59), e raccolta da Vittorio Imbriani. Il manoscritto si trova nella Biblioteca Croce e presenta due tipi di correzioni: l’uno, più recente, risale senz’altro al Croce; l’altro a una mano da noi non accertata, in un tempo comunque sensibilmente posteriore alla stesura degli appunti (ne fa fede la maggiore intensità dell’inchiostro). Noi abbiamo dato spesso credito a queste ultime correzioni (come si vedrà, quasi sempre opportune). Per le citazioni abbiamo osservato la consueta fedeltà (salvo un caso a suo luogo registrato); ed abbiamo completato i versi del Cinque Maggio in quei luoghi in cui il manoscritto (ma non evidentemente il De S.) li sottintendeva.
ivi rr. 27-28: «s’oblia e rive. Sogna una battaglia» (cosí Ms) il Croce corresse: «s’oblia e sogna: sogna una battaglia»; Co a sua volta lesse così la correzione del Croce: «s’oblia e sogna sopra una battaglia»; MP ha invece: «s’oblia e sogna una battaglia»);
III. Ritratto di don Abbondio. — Per il testo di questa conferenza abbiamo rivisto direttamente La Nazione nella Biblioteca Nazionale di Firenze. Il resoconto, a firma di Apollo Lumini, studente nell’Istituto di Studi Superiori, porta il seguente titolo: Del ritratto di don Abbondio. Lettura fatta la sera del 25 novembre al Circolo Filologico di Firenze dal Prof. Francesco De Sanctis; ed è preceduto dalle seguenti note:
Non vi starò qui a parlare del numero grande di persone che assistettero a questa, che l’illustre professore si piacque modestamente chiamar «lettura», conversazione, e che io chiamo lezione addirittura, sul Ritratto di don Abbondio. E nemmeno vi tratterrò a raccontarvi da fedel cronista, come in quella sera si riunisse nella elegante sala del Circolo Filologico, quanto v’ha di persone colte e gentili nella nostra Firenze. Tutto questo è facile immaginarlo, quando si pensi che era stata promessa una lettura dal Prof. De Sanctis, l’eminente critico italiano, caro alle lettere, caro a tutti, e massimamente a noi studenti dell’Istituto di Studi Superiori, in quanto che il suo nome si collega insieme con quello del nostro caro maestro il Prof. Pasquale Villari, che fu già alunno del De Sanctis. E chi fu che in quella sera non notasse trasfusa la contentezza nel volto del Villari nel presentare il suo maestro? A noi abituati a godere del piacere del nostro caro professore, non sfuggì: ci parve anche più caro del solito e uscimmo da quella sala più contenti. E più ci sarebbe da dire se, temendo di cadere nella rettorica tanto in odio al Prof. De Sanctis, al Prof. Villari e a tutti i galantuomini in generale, non me ne passassi veloce. Dirò solo che quella serata non si potrà dimenticare mai più; è nella nostra vita un avvenimento importante, e vengo all’argomento principale.
Noi cercammo di riassumere, quanto meglio ci fosse possibile, le idee dell’illustre professore, più per comodo nostro che per dar loro pubblicità, sapendo quanto sia difficile e di somma delicatezza il metter le mani nelle cose dei sommi. Ond’è che se, cedendo alle istanze di alcuni amici, ci siamo indotti a rendere di pubblica ragione queste nostre impressioni prese così a volo, chiediamo fin d’ora perdono ai nostri lettori e prima d’ogni altro al Prof. De Sanctis, se le nostre parole riusciranno piuttosto una profanazione che una relazione. Il peccato non sta nella volontà del relatore, ma nell’ingegno.
Le riserve del Lumini sulla bontà del suo resoconto non sono, purtroppo, del tutto rettoriche, in quanto esso ci si presenta in una forma seriamente difettosa e involuta. Né d’altra parte ci è riuscito di rimediare sostanzialmente a quei difetti, avendo noi potuto soltanto eliminare qualche errore dei più evidenti, servendoci anche della collazione del Fortunio (F) e del Corriere di Napoli (C) (dai quali giornali ricavò il suo testo il Cortese), oltre che dei testi dell’Arcari e di Muscetta-Puccini, ricavati direttamente dalla Nazione (R). Avvertiamo che le citazioni dal romanzo, riferite dal Lumini nella lezione del 1842, sono state puntualmente da noi ricondotte alla lezione del 1827. Diamo un elenco delle correzioni apportate al testo del giornale:
Luigi Blasucci |