stre impressioni prese così a volo, chiediamo fin d’ora perdono ai nostri lettori e prima d’ogni altro al Prof. De Sanctis, se le nostre parole riusciranno piuttosto una profanazione che una relazione. Il peccato non sta nella volontà del relatore, ma nell’ingegno.
Le riserve del Lumini sulla bontà del suo resoconto non sono, purtroppo, del tutto rettoriche, in quanto esso ci si presenta in una forma seriamente difettosa e involuta. Né d’altra parte ci è riuscito di rimediare sostanzialmente a quei difetti, avendo noi potuto soltanto eliminare qualche errore dei più evidenti, servendoci anche della collazione del Fortunio (F) e del Corriere di Napoli (C) (dai quali giornali ricavò il suo testo il Cortese), oltre che dei testi dell’Arcari e di Muscetta-Puccini, ricavati direttamente dalla Nazione (R). Avvertiamo che le citazioni dal romanzo, riferite dal Lumini nella lezione del 1842, sono state puntualmente da noi ricondotte alla lezione del 1827. Diamo un elenco delle correzioni apportate al testo del giornale:
p. 333 r. 11 «purità» (C'), R: «verità»;
p. 334 r. 1: «Noi dobbiamo», R: «Non dobbiamo»;
ivi rr. 19-20: «nella sua costruzione» (Ar), R: «della sua costruzione»;
ivi r. 24: «secolo XVIII», R: «secolo»;
ivi r. 25: «ideale troppo giovane» {Ar), R: «ideali troppo giovani»;
p. 335 r. 8: «dal di fuori» (F), R: «al di fuori»;
p. 336 r. 1: «ciocche», R: «ciocche di capelli» (in corrispondenza col testo del 1842; così come più sotto, r. 4: «al chiarore della luna», R: «al chiaro di luna»);
ivi r. 30: «vane» (F), R: «varie»;
p. 338 rr. 15-16: «come un toro ferito», R: «quanto n’aveva in canna» (abbiamo sostituito l’espressione del testo ’42 con quella del testo ’27);
ivi r. penultimo: «vede» (F), R: «vedeva»;
p. 339 r - 8: «don Abbondio ha paura» (F), R; «don Abbondio non ha paura»;
ivi rr. 11-13: tutta la frase tra parentesi quadre manca in R e fu inserita per la necessità del discorso da C;
ivi r. 21: «mondi contrarii» (F), R: «modi contrarii»;
p. 340 r. 4: «e che prende» (Ar), R: «e prende»;
ivi rr. 17-18: «ci si spassa a spese degli ignoranti, dei dotti» (Ar), R: «ci si spassa degli ignoranti,[[Autore:Luigi Blasucci|]] a spese dei dotti»;
ivi rr. 20-21: «la fiacchezza» (C), R: «la franchezza».