Agamennone (Alfieri)/Atto terzo/Scena IV
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SCENA QUARTA.
Clitennestra, Agaménnone, Elettra.
Clitennestra.
255SIgnor, perchè del Popol tuo la speme
Protrar con nuovo indugio? I sacri altari
Fuman d’incenso già: di fior cosperse
Le vie, che al Tempio vanno, ondeggian folte
Di gente innumerabile, che il nome
260D’Agamennòn fa risonare al Cielo.
Agaménnone.
Non men che a me, già soddisfatto al mio
Popolo avrei, se quì finor più a lungo
Ch’io nol voleva forse, rattenuto
Me non avesse Egisto.
Clitennestra.
- Egisto?...
Agaménnone.
Egisto.
Ch’egli era in Argo, dì, perchè nol seppi
Da te?
Clitennestra.
Signor,... infra tante altre cure...
Io non credea,... ch’ei loco...
Agaménnone.
Egisto nulla
É per se stesso, è ver; ma nasce, il sai,
Di sangue al mio fatal. Che a nuocer venga,
270(E il potrebb’egli?) nol cred’io: ma pure
A festeggiare il mio ritorno in Argo
Non grato parmi ci testimon: già imposto
Gli ho di partirsi al dì novello. Intanto
Pura gioja quì regni. O Sposa, a farmi
275Ognor più fausti i Numi, al Tempio vado.
Deh! fa, che rieda quell’amabil riso
A lampeggiarti in volto. Erami pegno
Quel riso un giorno di beata pace;
Finch’el non torna, io mai non son felice.