Adone/Nota al testo/13. Varianti interpuntive di V
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13. - Varianti interpuntive di V
Non si dice dell’interpunzione, punti che diventano virgole e virgole che diventano punti in una sorta di balletto folle, che nulla ha da spartire con l’iniziativa discreta tradizionalmente concessa, su questo terreno, allo stampatore.
Concediamo che i modi ravvolti e liturgici nei quali si organizza il discorso mariniano (con la prevaricazione dei ritmi ostinati sulla ratio punctandi ) offrissero di per sé il terreno adatto a distorsioni tanto frequenti. È ravvisabile in V, nel migliore dei casi, una intenzione normalizzatrice che tende a disconoscere, peraltro, i pur rarissimi casi in cui l’originale tentasse uno spunto vivace sul hi di quell’arte (I 62, 5, lo strale d’Amore « spezzo passò l’adamantino arnese » [V : « spezzò, passò»]; rispettato invece IV 80, 6 «sibilar sussurrar placido hato »). Quando, nel canto quinto, il Marino (in P) sembra aver rotto la grammatichevole malia della virgola obbligata dinanzi a congiunzione (alcuni esempi: V 3, 8 tenera e molle ; 4, 6 molcendo e traendo’, 4, 7 dolce e tenace-, 7, 4 pertinace e saldo’, 8, 2 selvaggio e poterei’, io, 3 soavi e tante; io, 5 spontaneo e volontario ; 12, 4 la bella gola e candida; e cosí via) — un isolato momento, certo piú agile e moderno, dell’interpungere mariniano, che pare disposto a rinunciare perfino a certe canoniche triadi ritmiche (105, 2 e santa e casta ed alma) —, la stampa Veneziana ostinatamente rifiuta di prenderne atto e reinserisce tutte le virgole (si salva solo un «or quinci or quindi » all’ottava 78). Ma, sul piano opposto, nemmeno V si dimostra capace di rispettare quei parallelismi ritmici, l’organizzazione binaria ternaria quaternaria, secondo i quali normalmente si configura il verso mariniano. Si ha per conseguenza una serie, non esigua, di casi in cui — chi non tenesse presente quel sistema ritmico preferenziale — si potrebbero erroneamente sospettare delle vere e proprie varianti. Eccone l’elenco (la lezione di V è fra parentesi) :
brama, e s’arretra, ardisce, e si ritiene (brama, e s’arretra, ardisce, si ritiene) lagrimette e sospir calde e vivaci (lagrimette e sospir calde vivaci) un’arsura gelata, un gelo ardente (un’arsura gelata, e un gelo ardente) ecco una fronte, e con la fronte un volto (ecco una fronte, con la fronte un volto)
[IV 161, 7]; [VI 145, 1]; [VI 174, 6]; [VII 82, 4]; china la fronte, e con lo sguardo a terra (china la fronte, con lo sguardo a terra)
[Vili 12, 1];
secretane le valli, e le montagne (secretane le valli, le montagne)
[Vili 106, 7];
bolini, e lime, e circini, e quadranti (bolini e lime, circini e quadranti)
[X 119, 3];
il dolce e signoril lume fecondo (il dolce signoril lume fecondo)
[XI 9, 4];
ma la ragion, che ’ntende, e che discorre (ma la ragion, che ’ntende, che discorre)
[XI 196, 5];
spoglia le selve, disonora i prati (spoglia le selve, e disonora i prati)
[XII 39. 5];
pregando, amando, e lagrimando ahi folle (pregando, amando, lagrimando ahi folle)
[XIII 27, 1];
oh che riso, oh che giubilo, oh che festa (oh che riso, oh che giubilo, che festa)
[XIII 195, 1];
adunchi raffi, e pali acuti e sodi (adunchi raffi, pali acuti e sodi)
[XIV 16, 3];
vie piú vili, e piú frali onori e fasti (vie piú vili, piú frali onori e fasti)
[XIV 267, 2];
ha quattro linee illustri, e principali (ha quattro linee illustri principali)
[XV 43. 3];
regni sempre, e trionfi, e voli, e vivi (regni sempre, trionfi, e voli, e vivi)
[XV 64, 8];
in capo a Vampie e spaziose navi (in capo a l ’ampie spaziose navi)
[XVI 54. 1];
che la plebe a raccòrlo intenta e fissa (che la plebe a raccòrlo intenta fissa)
[XVI 255, 7 ];
0 Morte, 0 de l’Inferno Arpia rapace [Morte, 0 de l’Inferno Arpia rapace)
[XVIII 181, 1]
Felice e te, che ripiegata in arco (Felice le, che ripiegata in arco)
[XIX 189, I];
che tra l’Asia e l’Europa è porta, e chiave (che tra l’Asia e l’Europa è porta, chiave)
[XIX 254, 6 ];
spiana in campagne, e poi gli abbassa in valli (spiana in campagne, poi gli abbassa in valli)
[XIX 277. 8 ];
i custodi de’ prati, e degli arbusti (i custodi de’ prati, degli arbusti)
[XIX 376 . 3];
quegl’ infelici e miseri, ch’oppressi (quegl ’infelici miseri, ch’oppressi)
[XX 495 , 1].
Una sola volta (non senza titubanze) ci siamo convinti ad accogliere la proposta di V. Quando (XIV 130, 4) il fero Orgonte, uccisa per sbaglio la giovinetta Filora, piange e s’affligge « del suo ecclissato, tramontato Sole» (V); dove P leggeva: «ecclissato, e tramontato». Non è solo questione del patetismo, cui dispiacerebbe rinunciare, della lezione V (l’orgasmo doloroso, quasi, con cui « tramontato » corregge, anzi ribadisce, « ecclissato ») ; fra quel « tramonto » e quella « ecclissi », a porli sulla stessa linea, si para una sorta di inconciliabilitá contenutistica. Il Seicento ci badava.