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la giovinetta Filora, piange e s’affligge « del suo ecclissato, tramontato Sole» (V); dove P leggeva: «ecclissato, e tramontato». Non è solo questione del patetismo, cui dispiacerebbe rinunciare, della lezione V (l’orgasmo doloroso, quasi, con cui « tramontato » corregge, anzi ribadisce, « ecclissato ») ; fra quel « tramonto » e quella « ecclissi », a porli sulla stessa linea, si para una sorta di inconciliabilitá contenutistica. Il Seicento ci badava.

14. - Criteri di trascrizione

Qualche parola, ora, sui criteri seguiti nella trascrizione del testo. Il ragionato desiderio d’una non indiscreta conservazione ci ha guidati sul terreno spinoso dell’interpunzione secentesca non meno che nella sodaglia delle grafie e nelle sabbie mobili delle insorgenze araldiche o metamorfiche connesse alle fittissime maiuscole iniziali. Si tratta non d’inchinarsi a una superstizione di fedeltá anche nelle minuzie o in quella ch’è comunemente ritenuta « terra di nessuno », sibbene di riconoscere due cose: primo, che un libro barocco è un libro barocco (il che sarebbe lapalissiano, non fosse che molti si ostinano a sollecitarne risposte privilegiando i livelli espressivo e/o informativo); secondo (ma è un corollario), che per cultura e sensibilitá immediata noi siamo estranei a quel mondo remoto, al suo gestire, come lo saremmo a un continente scomparso (la gran querelle novecentesca sul barocco non ne è che la prova per assurdo).

Due cose si possono fare, in merito: prenderne atto e risolutamente passare oltre o assumere un atteggiamento di cauta auscultazione, che può richiedere, in via preliminare, una qualche sospensione di giudizio e il controllo degli strumenti: nella fattispecie, di quei modi d’approccio generoso, di quei procedimenti di lettura ricevuti, e fattisi in noi quasi una seconda natura, per cui d’acchito un verso come, mettiamo, quello del Dottori, che tanto piaceva al Croce: Piango le cose umanamente amate, pare di fatto che sommuova i centri stessi della nostra sensibilitá profonda, e un altro verso, quello petrarchesco, mettiamo: noiosa, inexorabile, et superba, passa semplicemente inosservato (non però a Gianfranco Contini: il quale annota proprio per quel verso che « per trovargli una degna e compatta discendenza temo che bisogni saltare fino a Marino, fino ai versi su tre accenti dell’ Adone » [ Preliminari sulla lingua del Petrarca, 1964, XXXI]).