Adiecta (1905)/II/XXXVI
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L'IDILLIO DI ORLANDO
Che non può far d'un cor ch'abbia soggetto |
Apparia tremolando all’orizzonte
la tenue luce della nuova aurora
e la vaghezza delle rosee impronte
4crescea più viva coll’andar dell’ora,
quando, sul fido Brigliadoro il Conte
uscì pensoso di Baldacco fuora
e d’ignoti sentier sull’erba molle
8lentamente discese il verde colle.
Come giovine sposa, allor che il sole
fra le cortine del balcon s’affaccia,
lascia lenta le coltri e volger suole
12al conscio letto con desio la faccia,
ma, rivestita poi, non più si duole
rimemorando i baci e il sonno scaccia,
indi lieta intrecciando il crin disciolto
16canta allo specchio e amor le ride in volto,
la natura così malvolontieri
dai notturni riposi uscir parea
semi velata dai vapor leggeri
20che lenta l’aura del mattin movea,
ma poi ridesta e de’ color primieri
rifiorendo col dì, tutta fremea
in un gaudio fecondo, in una ebbrezza
24di gioventù, d’amore e di bellezza.
Non sgomentati del cavallo ai passi
l’inno di gioia ripetean gli augelli.
Pareano susurrar tra l’erbe e i sassi
28giocondi epitalami anche i ruscelli
e i caprifogli penduli dai massi,
scotendo i rami a guisa di capelli,
gocciavan perle di sottil rugiada
32sulle nozze de’ fior lungo la strada.
Nel tripudio d’amor ringiovanita
la natura parca tutto un giardino
che vaporasse tepida e squisita
36la fragranza de’ fiori al ciel turchino,
sì che pien di desìo, gonfio di vita,
s’apriva il chiuso cor del Paladino
e conquisa cedea l’anima fiera
40alle lusinghe della primavera.
Dimenticò Re Carlo e i suoi baroni
e il santo gonfalon del fiordaliso,
i giganti, le fate e gli stregoni,
44Gano schernito ed Agramante ucciso.
Dimenticò gli assalti e le tenzoni
tra lo stuol battezzato e il circonciso
e vide col pensier mille rosate
48imagini di donne innamorate.
Rivide Olimpia, offerta all’esecrando
mostro, chieder mercè nuda e tremante
e passar sorridendo e sospirando
52Fiordispina, Isabella e Bradamante.
Vide Marfisa non curar pugnando
le salde nudità del petto ansante
e d’Angelica sua gli occhi procaci
56languir di gaudio di Medoro ai baci.
Allor si sentì solo e in cor gli scese
gelida un’onda di malinconia,
tal che a se stesso dubitando chiese
60se la gloria non fosse una pazzia;
ed un voce in fondo al core intese
dirgli; «che vai la tua cavalleria,
che valgon le tue gesta e il tuo valore
64senza un bacio di donna e senza amore?»
Discendeva così fantasticando
intorno a questa sua doglia novella
e sospirava fieramente, quando
68vide dal bosco uscire una donzella
che raccogliendo fior venìa cantando
soavemente, e la persona bella
di tal vivo desìo lo prese e punse
72che spronò Brigliadoro e la raggiunse.
Si trasse l’elmo, dall’arcion si sporse
e con voce tremante amor le chiese.
Lentamente a mirarlo il viso torse
76la giovinetta ed a sorrider prese.
L’occhio le scintillò, ma quando scorse
la croce sull’usbergo e sul palvese,
la scintilla si spense ed il sorriso
80subitamente le sparì dal viso.
E disse: «Cavalier, tu porti in petto
del Dio che adori il segno e la dottrina.
Tu segui Gesù Cristo, io Maometto;
84tu sei di stirpe Franca, io Saracina;
io cingo fiori al capo e tu l’elmetto,
tu sei nato possente ed io tapina;
vanne e ti basti sol ch’io ti confessi
88che t’amerei se tu a Macon credessi».
Deh, come lieti tra le verdi fronde
cantavano gli augelli i novi amori,
come all’aura d’april le rubiconde
92corolle aprivan tripudiando i fiori,
come splendeano al sol le chiome bionde,
come ridevan gli occhi incantatori,
allor che il Paladin vinto si diede
96e per un bacio rinnegò la fede!