Adiecta (1905)/II/XXXV
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VISIONE
Et vidi Angelum fortem |
Passò rapidamente
nel silenzio solenne
un batter d’ala, un fremito di penne
sul capo del Veggente.
Sovra la terra stava
freddo di nebbia un velo
e nella grigia immensità del cielo
l’Angiol di Dio parlava.
«Sorgi, o Veggente — disse —
«e annuncia i dì novelli:
«ecco il Verbo spezzò sette suggelli
«e aprì l’Apocalisse.
«Vedi? A Colui che vuole
«l’abisso apre le porte
«e nel freddo, nel vuoto e nella morte
«spento s’affonda il sole;
«indi, senza governo,
«la terra insterilita
«senza fior, senza luce e senza vita,
«cade nel buio eterno.
«Non più campagne arate,
«non più selve sui monti,
«non più riso d’aurore o di tramonti
«non più bocche baciate!
«Umanità superba,
«che le saette hai dome,
«domani morirai, strappata come
«una festuca d’erba
«e sul detrito e sulla
«maestà dell’oblio,
«solo idea non bugiarda e solo Iddio
«starà per sempre il Nulla».
Sovra la terra e l’acque
passò ruggendo il vento,
s’alzò un urlo d’angoscia e di spavento
e l’Angelo si tacque.